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Anche il caffè imposto dalla ‘ndrangheta. Colpo alla cosca Acri’-Morfo’, 28 arresti

a cura del "Corriere della Calabria" il . Calabria

L’inchiesta “Stop”  è iniziata nel gennaio del 2009, dapprima con la ricerca e la successiva cattura di Nicola Acri che, dall’estate del 2007, si era reso latitante ed era sfuggito all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla sezione del gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Dda, poiché ritenuto responsabile dell’omicidio di Luciano Converso, avvenuto a Rossano il 12 gennaio del 2007.  Dopo la cattura di Nicola Acri, preso a Bologna il 20/11/2010, grazie alla verifica dei contatti mantenuti da Nicola Acri, in data 26/02/2011, a Vigevano (Pv), si è arrivati all’arresto di Salvatore Galluzzi (latitante per una condanna definitiva alla pena di 14 anni di reclusione in data 27/05/2010 per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti), braccio destro di Nicola Acri di cui, dopo l’arresto, – secondo quanto emerso dalle indagini – aveva raccolto l’eredità nella direzione delle attività criminali della ‘ndrina rossanese. Successivamente all’arresto dei boss, le indagini venivano incentrate sull’identificazione dei sodali che avevano protetto e garantito le latitanze dei due capi, sulla ricostruzione storica dell’ascesa al potere “criminale” di Nicola Acri, nonché su tutta una serie di attività illecite condotte dalla consorteria rossanese. L’operazione “Stop” ha pemesso di accertare come la ‘ndrina, in accordo con le altre cosche presenti sul territorio e avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, avesse conseguito il controllo e lo sfruttamento delle risorse economiche della zona (anche attraverso il sistematico ricorso all’intestazione fittizia di beni/società/attività commerciali), perpetrando delitti contro il patrimonio (specie estorsioni) e contro la persona, potendo contare sulla piena partecipazione di ciascun associato, nonché sulla disponibilità di un vero e proprio arsenale di armi da guerra (kalashnikov) e armi comuni da sparo, ponendo altresì in evidenza i ruoli di primissimo piano, ricoperti nell’organizzazione, oltre che dal capo Nicola Acri, da Salvatore Morfò, Gennarino (fratello di Nicola) Acri, Salvatore Galluzzi, Sergio Esposito e Francesco Sommario.

LA STRATEGIA CRIMINALE DELLA COSCA
La complessiva strategia criminale era volta ad assicurare l’egemonia della cosca “Acri-Morfò” in tutto il territorio di Rossano Calabro, concretizzatasi nella guerra di mafia degli anni 1998-2001, nonché il ruolo centrale assunto dal medesimo sodalizio nel panorama criminale cosentino, anche attraverso le numerose alleanze siglate con le locali ‘ndranghetiste del Crotonese. In tale contesto venivano identificati i mandanti (Nicola Acri e Salvatore Galluzzi) e gli esecutori materiali (Carmine Morello e Giuseppe Ferrante) del tentato omicidio avvenuto a Rossano il 26/12/2002, in danno di Antonio Manzi, il quale aveva tentato di opporsi all’ascesa criminale dello stesso Nicola Acri. In particolare, Antonio Manzi, appoggiato dai suoi più stretti congiunti che componevano il gruppo dei “Tom Tom”, rivendicava un proprio spazio nella gestione del narcotraffico e delle estorsioni a Rossano, cercando di approfittare del vuoto di potere determinatosi per effetto della collaborazione con la giustizia di Pasquale Tripodoro (avvenuta nel 1995), all’epoca preposto alla ‘ndrina di Rossano. Tuttavia, gli arresti dell’operazione Satellite” (fine del 1999), e le successive collaborazioni di Mario Manzi e Cosimo De Luca, rendevano i Manzi più deboli e ancora più invisi a Salvatore Morfò e a Nicola Acri i quali, forti anche dell’alleanza con la cosca degli “zingari”, già di fatto avevano assunto il comando criminale a Rossano.  La cosca disponeva anche di numerose armi, sia da guerra (kalashnikov) che comuni da sparo (fucili e pistole), molte delle quali anche rinvenute e poste sotto sequestro, fornite al clan Acri anche direttamente dagli zingari di Cassano allo Jonio.

Corriere della Calabria

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