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Secondigliano, blitz dei carabinieri: azzerato clan Di Lauro

di Arnaldo Capezzuto il . Campania

L’approfondimento di di Arnaldo Capezzuto//. E’ l’assedio. Il “Rione dei Fiori” conosciuto anche come il “Terzo Mondo”  sembrava un’isola felice per il clan dei Di Lauro. Cacciato da Scampia e dai Comuni alle porte di Napoli la cosca come l’araba fenice era rinata nonostante una faida e una serie d’arresti che ne aveva decapitato i vertici. Tutto ruota attorno al latitante Marco Di Lauro, quarto figlio del super padrino Paolo Di Lauro soprannominato Ciruzzo ‘O Milionario, in carcere dal 2005. Un giovane boss che dal padre ha ereditato freddezza, fiuto, logiche e carisma. All’ombra della sua latitanza è riuscito a ritessere le fila del clan e rilegittimarlo. Dal Rione dei Fiori a Secondigliano il clan ha riacquistato prestigio criminale e dinamicità. Marco Di Lauro è stato indicato come il grande burattinaio ad esempio della seconda e sanguinosa faida di Scampia dove nei fatti il nemico storico: gli scissionisti Amato-Pagano è stato ridotto in un gruppuscolo criminale. Una vendetta consumata a bassa intensità senza apparire, senza rimetterci uomini ma traendo il massimo strategico della guerra guerreggiata condotta da altri. Dal ghetto del “Rione dei Fiori” la cosca ringiovanita dei Di Lauro ricontrolla pezzi importanti di territorio. Le piazze di spaccio aumentano come le attività di riciclaggio. Il clan è diventato  nuovamente una calamita dove gregari e affiliati di altri sodalizi fanno la fila per trovare una “casa più accogliente”. E’ il miracolo di F4 così è indicato nei rapporti di polizia il latitante Marco Di Lauro. Un tipo sveglio e abile non a caso inserito nella lista del Viminale dei 30 più ricercati d’Italia.

Di poche parole, sprovvisto di cellulare e abituato a vivere di poco. Nessun vizio, nessun colpo di testa, nessun desiderio. Lontano anni luce da donne, pranzi luculliani, abiti firmati e pallone. Sembrava tutto perfetto forse lo era. Ma la Direzione Distrettuale Antimafia da mesi indagava. In silenzio hanno raccolto prove ed eseguito rigorosi riscontri. Ad aiutare il lavoro investigativo anche e soprattutto il racconto di freschissimi collaboratori di giustizia. Il blitz è scattato nel cuore della notte. Oltre 500 carabinieri della quarta sezione catturandi del comando provinciale di Napoli guidati dal capitano Eric Fasolino e quelli della terza sezione dei Ros comandati dal maggiore Gianluca Piasentin, hanno stretto d’assedio il “Rione dei Fiori” per notificare 110 ordinanze di custodia cautelare. Nel corso dell’operazione hanno stanato Raffalele Di Lauro, 19 anni,  l’ultimo dei rampolli della Dynasty criminale di Secondigliano, su di una nave crociera mentre era in compagnia della fidanzata e insieme festeggiavano il compleanno di lei. Il giovane è stato bloccato mentre la nave da crociera si trovava all’altezza di Messina. Brutta sorpresa. Il 19enne è stato ammanettato, messo su di una freccia navale dei carabinieri  e condotto in carcere. Le accuse per i fermati sono pesantissime: associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, tentativo di omicidio e detenzione di armi, tutti aggravati da finalità mafiosa. Al centro delle indagini, condotte dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Napoli, vi sono le attività illecite del clan Di lauro, con particolare riferimento ai grandi traffici di cocaina proveniente dalla Spagna e destinata ad alimentare le piazze di spaccio dell’area napoletana. Fra gli arrestati vi sono anche stretti favoreggiatori del capo clan, il latitante Marco Di Lauro. Il sistema architettato dalle “teste pensanti” del clan per gestire la vendita di stupefacenti all’interno del “Rione terzo mondo” prevedeva “l’alternarsi di vere e proprie ‘squadrette’ di spacciatori, in grado di assicurare la vendita anche per 24 ore consecutive. Nulla è lasciato al caso: ogni ‘squadretta’ fa capo ad un referente ed è questi che deve provvedere a consegnare gli illeciti proventi giornalieri agli uomini di fiducia di Marco Di Lauro”. È quanto sottolineano la Dda. La maxi ordinanza che nei fatti crea il vuoto attorno ad una delle più importanti organizzazioni criminali  “inventate” da Paolo Di Lauro, imprenditore della droga che negli anni Novanta creò a Secondigliano un cartello di malavitosi capaci di acquistare eroina e cocaina direttamente dai narcos sudamericani. Un commercio multimiliardario. In poco più di un anno l’organizzazione legata al clan Di Lauro ha incassato complessivamente 4 milioni e mezzo di euro ricavati dalla vendita di 117.914 dosi di cocaina. È il dato che emerge dall’esame dei ‘libri contabilì della cosca sequestrati nell’abitazione di Angelo Zimbetti, una delle persone arrestate. È quanto evidenzia la Dda sottolineando che “tali documenti disvelano, in particolare, l’enorme volume dei proventi illeciti dell’associazione camorristica, essenzialmente derivanti dal traffico di stupefacenti”.

Rilevanti, però, sono risultati anche i ‘costi di gestione’ sostenuti dall’organizzazione in questo stesso periodo, considerato che il clan ha speso oltre 4 milioni di euro suddivisi in acquisti di droga, in corresponsioni di onorari agli avvocati, in pagamenti delle settimane agli affiliati liberi od alle famiglie di quelli detenuti, in prelevamenti operati direttamente dai componenti della famiglia Di Lauro, ricavando, perciò, nel periodo in esame, utili netti ‘soltanto’ per 548 mila euro. Determinanti ai fini dell’inchiesta il sequestro di alcuni libri contabili della cosca, decriptati con l’aiuto dei pentiti, e soprattutto di Carlo Capasso, hanno dimostrato che la famiglia Di Lauro continuava a vivere con i proventi del traffico di stupefacenti. Simboli alfa numeri che agli inquirenti hanno permesso di comprendere i meccanismi della ripartizione degli utili tra i vertici del sodalizio, della corresponsione degli stipendi agli affiliati e, più in generale, “delle spese sostenute per la vita ed i bisogni dell’associazione”.  La massiccia operazione come è facile immaginare potrà avere degli effetti destabilizzanti sul controllo del territorio da parte delle altre cosce. Insomma il terremoto giudiziario potrebbe innescare tra gli stessi clan una guerra di “successione” per occupare gli spazi lasciati vuoti e conquistare mercati e location per la vendita degli stupefacenti e non solo.

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