Processo Garofalo, la difesa: Non è delitto di ‘ndrangheta
“E’ femminicidio e la ‘ndrangheta non c’entra” – dall’inviata a Milano, Marika Demaria -«Quando penso al giorno della sentenza di primo grado, mi tornano alla mente due flash. Ricordo che chiesi alla Corte di non condannare un innocente: avevo ragione, ma non fui ascoltato. Poi rammento il volto della Presidente Introini, quando lesse la sentenza: era sconvolta, perché sapeva che di lì a novanta giorni avrebbe dovuto motivare quel dispositivo, che è una vera vergogna! Sì, perché se si leggono le motivazioni, testualmente recitano: “Mancano l’ora e il luogo precisi del delitto, non è possibile ritrovare il cadavere, non è possibile stabilire cosa sia accaduto”. Tutto questo è una vergogna!». Milano, Palazzo di Giustizia. Processo Cosco. Fabio Massimo Guaitoli, legale di Giuseppe Cosco, prende la parola nel pomeriggio di ieri, martedì 21.
E’ un fiume in piena. «Un uomo è stato condannato in base a un tempus delitti completamente sbagliato, basato su supposizioni. Si è parlato di donna uccisa con un colpo di pistola alla nuca, ma l’arma non è mai stata ritrovata! In compenso, Venturino racconta di comprare armi e abbigliamento che solitamente i Cosco usavano per fare delle rapine, ma mai nessuno di loro – urla in maniera concitata indicando la gabbia in cui si trovano gli imputati – è stato accusato o anche solo indagato per il reato di rapina!». Guaitoli si sofferma anche sulla costituzione di parte civile del comune di Milano e di Marisa Garofalo, partendo dal presupposto che «qui stiamo parlando di un omicidio di una donna commesso dal proprio compagno. Se non si fosse parlato di ‘ndrangheta, se non si fosse raccontata la fandonia – da parte del collaboratore di giustizia Salvatore Sorrentino – dell’acido, e se un prete non fosse intervenuto e anche delle associazioni a tutela delle donne e di altro, il processo non sarebbe stato un processo mediatico. E quindi il Comune non avrebbe potuto chiedere un danno risarcitorio, così come la sorella della povera Lea Garofalo, visto che aveva l’autorità per decidere se, come e quando la donna poteva rientrare in Calabria. Chiedo pertanto che la sentenza di secondo grado rimodelli quella precedente: chiedo l’assoluzione di Giuseppe Cosco per non aver commesso il fatto e che siano riviste le posizioni di parti civili».
Prima di lui, avevano parlato i difensori di Vito Cosco, per cui il Procuratore Tatangelo ha chiesto la conferma dell’ergastolo così come per Carlo Cosco e per Rosario Curcio, accusato però di concorso in omicidio alla luce delle richieste formulate in sede di appello. Gli avvocati Eliana Zecca e Pietro Pitari – tabulati telefonici alla mano – hanno fatto notare che «Vito Cosco, al momento del delitto, non era in quell’appartamento. È arrivato dopo, in soccorso al fratello Carlo che si è dimostrato incapace di gestire un qualcosa più grande di lui. Rivalutate le confessioni di Carmine Venturino e Carlo Cosco, il nostro cliente è innocente e per questo ne chiediamo l’assoluzione. Ha tre figli e una moglie, ha il diritto di tornare a vivere con la propria famiglia». Zecca conclude ricordando l’episodio raccontato da Carmine Venturino (Carlo Cosco che vede la foto della figlia e che chiede all’avvocato Cacucci, difensore di Giuseppe Cosco, di non mostrargli “la faccia di quella p…., me la tolga da davanti”): «Io ero presente quel giorno. Mi ricordo gli occhi lucidi di un padre costretto a non vedere la figlia; era così sconvolto che ho guardato la mia collega chiedendole: “Allora anche Carlo Cosco ha un cuore”. La risposta, il pensiero di entrambe è “Probabilmente sì”».
Anche Salvatore Staiano, difensore di Rosario Curcio, ha chiesto «l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Anche se il mio assistito avesse dato per cento volte la propria disponibilità a partecipare a quest’omicidio, questo non significa che quel giorno vi abbia preso parte. Anzi, lo stesso Venturino ricorda che Curcio si è tirato indietro per ben due volte, compresi i fatti di Campobasso. In realtà Rosario Curcio si pone come antagonista di un progetto omicida e per questo va assolto». La prossima udienza – forse l’ultima – del processo di appello si svolgerà il 29 maggio, per dare la possibilità al Procuratore della Repubblica Marcello Tatangelo di replicare alle arringhe conclusive dei difensori; inoltre, la Corte scioglierà alcune riserve, tra cui la richiesta di Carmine Venturino di avere un confronto con Denise Cosco.
La ragazza era presente anche ieri. A farle coraggio, una cinquantina di ragazzi provenienti dall’Emilia Romagna, oltre ai giovani di Milano e ad altri cittadini. Un atteggiamento di solidarietà colto anche dai parenti e dagli amici degli imputati: alla ripresa pomeridiana del dibattimento, i condannati in primo grado erano sostenuti da più persone rispetto al mattino.
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