La piaga dei “caporali”
La vicenda di alcuni giorni fa, a Rosarno, di decine di immigrati “ricattati” da padroni senza scrupoli per “faticare” nei campi, conferma che il fenomeno del “caporalato” è ancora sottovalutato e solo sporadicamente oggetto di attenzione investigativa. L’indagine ha portato in carcere tre imprenditori agricoli calabresi e un “caporale” del Burkina Faso. La paga era a cottimo:50 centesimi di euro per riempire una cassetta di arance, un euro per quella di mandarini. Il “caporale” tratteneva tre euro a testa per ogni bracciante, curando la “contabilità” in un quadernetto accuratamente compilato. Particolarmente interessanti gli elementi specificati nelle ordinanze di custodia in carcere notificate agli indagati, che sono indice dello sfruttamento lavorativo e, tra questi, le condizioni disumane e degradanti cui erano sottoposti i braccianti, le prestazioni lavorative gravose e sottopagate, i turni di lavoro abnormi. Si tratta semplicemente della punta di un iceberg per un odioso sistema di sfruttamento che ha visto, dall’entrata in vigore del decreto legge 138/2011 che ha sancito la punibilità dell’ intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro (art.603 bis del Codice Penale), al 31 dicembre 2012, soltanto 73 segnalazioni delle forze di polizia alle varie Procure della Repubblica.
Nel 2013, al 15 maggio, si rilevano appena 9 denunce. Poca cosa rispetto alle vere dimensioni del fenomeno che interessa diverse regioni ( la Puglia in testa con 14 denunce, seguita dalla Sicilia con 10, 9 in Lombardia, 7 in Toscana e Veneto) e che registrerà un picco, con la buona stagione alle porte, quando si fa sempre più forte la richiesta di “braccia” da utilizzare a basso costo nei campi. Caporali in prevalenza italiani (36 nel 2012), seguiti dai marocchini (7), dagli indiani (5) e da altre nazionalità. Alla norma dell’articolo 603 bis che sanziona ( reclusione da cinque a otto anni di reclusione e la multa da mille a duemila euro per ogni lavoratore “reclutato”) “chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento mediante violenza, minaccia…” si è aggiunta, poi, quella che prevede sanzioni nei confronti anche dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (decreto legislativo n.109 del 16 luglio 2012 che ha recepito, con un ritardo di oltre un anno -ma non è una novità per il nostro paese-la direttiva comunitaria 2009/52/CE). L’auspicio è, dunque, quello di vedere rivolta una speciale attenzione dei vari organi di polizia statali e locali a questo vergognoso fenomeno di sfruttamento ricordando anche che per quei migranti che denunciano tali situazioni vi è la possibilità di beneficiare di un permesso di soggiorno speciale previsto dal Testo Unico dell’immigrazione.
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