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Processo Garofalo: pm chiede tre ergastoli e due assoluzioni

di Marika Demaria il . Senza categoria

dal tribunale di Milano, la giornalista Marika Demaria. «Io non sono affatto certo che Giuseppe Cosco e Massimo Sabatino siano estranei alla vicenda di Lea Garofalo. Il dubbio ce l’ho. Ma Carmine Venturino si è dimostrato attendibile, ha raccontato che questi due imputati, quel 24 novembre 2009, non c’erano. Dai tabulati telefonici è risultato che in quei giorni il cellulare di Sabatino era spento e tre teste – Renata Plado, Tommaso Ceraudo e Carlo  Toscano  – hanno dichiarato che Giuseppe Cosco era con loro. E io, per la mia etica professionale e per la mia coscienza, preferisco sapere che ci sono due delinquenti fuori che due innocenti in prigione. Per questo, chiedo l’assoluzione di Massimo Sabatino e Giuseppe Cosco». Alla fine della sua requisitoria, il procuratore Marcello Tatangelo esplicita le sue richieste. «Carmine Venturino ha ammesso le sue responsabilità, ma con le proprie confessioni ha reso possibile ritrovare i resti di Lea Garofalo e ricostruire le fasi dell’omicidio, dell’occultamento e della distruzione del cadavere della testimone di giustizia. Per questo, chiedo una riduzione della pena: non più l’ergastolo a cui è stato condannato in primo grado ma 27 anni di carcere, con l’applicazione delle attenuanti generiche. Chiedo invece che queste siano negate a Carlo Cosco e Vito Cosco, per i quali chiedo nuovamente – senza alcuna ombra di dubbio – la pena dell’ergastolo, così come per Rosario Curcio. Per lui l’accusa è di di distruzione del cadavere e di concorso in omicidio. Senza la sua disponibilità, probabilmente Carlo Cosco avrebbe dovuto agire diversamente».

Nelle gabbie, Giuseppe Cosco sorride, guardando la sua famiglia: Massimo Sabatino esulta, così come i suoi famigliari.

Chiusa la requisitoria del procuratore generale, le difese si riservano di presentare le proprie arringhe nell’udienza di domani, 16 maggio. A chiudere l’udienza odierna sono dunque state le costituzioni di parti civili. Il primo a prendere la parola è Roberto D’Ippolito, in difesa di Marisa Garofalo e della defunta Santina Miletta, rispettivamente sorella e madre di Lea Garofalo. «Ci tengo a precisare che le uniche dichiarazioni che hanno trovato riscontro sono quelle relative al ritrovamento dei resti e alla ricostruzione dei fatti delittuosi. Tutto il resto è, a mio giudizio, da valutare con estrema attenzione». Possibile che il legale si riferisca alle dichiarazioni rese da Venturino e relative a Marisa Garofalo.

Enza Rando, legale difensore di Denise Cosco, ha sottolineato il coraggio della sua giovane assistita, «che è la ragazza coraggiosa che si è dimostrata di essere perché Lea l’ha cresciuta con i giusti valori, nonostante appartenesse a una famiglia di ‘ndrangheta. Ci sentiamo umiliati, offesi – ha proseguito – da alcune dichiarazioni che abbiamo sentito in aula. Hanno detto che Lea era andata in vacanza, ma Lea non si sarebbe mai mossa senza sua figlia per cui ha davvero dato la vita. E che dire della festa di compleanno? Come ha potuto pensare suo padre che Denise avesse voglia di festeggiare, visto che sua madre era scomparsa appena dieci giorni prima? Dunque è questo l’affetto   paterno di cui tanto parla? Questo processo ha provocato tanto dolore a Denise, che coraggiosamente ha testimoniato e ha seguito le udienze in aula, in una stanza adiacente. Denise ha voglia di camminare, ma non appena fa un passo cade, sopraffatta dal dolore degli eventi. Ma continua a rialzarsi con forza, perché vuole la verità sulla morte di sua mamma».

Infine, il comune di Milano rappresentato dall’avvocato Maria Rosa Sala: «I fatti raccontati  da Carmine Venturino non fanno altro che rafforzare la nostra tesi secondo la quale la città ha subito un danno; basti pensare a quanto accaduto, ai vari pedinamenti posti in essere dai Cosco e dai loro complici per seguire Lea Garofalo».

L’udienza del processo di appello riprenderà domani, giovedì  16, alle ore 9.30

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