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A Rimini il business di Gomorra

di Arnaldo Capezzuto il . Campania

Chi pensa che la camorra abbia il volto dei morti ammazzati di Scampia o della strategia del terrore dell’ala stragista Casalese è molto lontano dalla verità. La camorra è un fenomeno umano e come tale si evolve. Ne sa qualcosa Carmine Schiavone, rappresentante dell’ultima generazione della dinastia che fa capo a Sandokan.  Il rampollo “lavorava” a radicare la cosca in altri territori lontani da Casal di Principe. Le terre promesse e conquistate erano Modena, Rimini, Pesaro e la Repubblica di San Marino. Erano per il potente clan filiali del riciclaggio, dello spaccio di droga, delle attività estorsive e degli illeciti finanziamenti dei Casalesi. C’è un salto di qualità. Manovalanza criminale proveniente dall’agro-aversano, presunti soci in affari come notai, consulenti e imprenditori nati tra Riccione, Rimini e Urbino ed a disposizione della cosca. In una intercettazione uno di loro diceva con compiacimento al telefono : “Tu lo sai con chi sto lavorando, qua? Hai capito? Con chi? Io sto  lavorando con i Casalesi”. Il professionista ne era contento, compiaciuto e rassicurato. Sono guadagni sicuri ma più che altro entrature nei posti che contano. Starci, aderire, esserci nelle reti criminali dove passano soldi, affari e potere conviene molto. Si costruiscono rapporti e carriere. Il pragmatismo dei professionisti di camorra non ha etica, non ha valori, non ha legalità quando s’incontra con il potere vero. Anzi ne diventa un buon alleato e cinghia di trasmissione.

E’ l’altro pezzo dell’inchiesta. Se a San Marino le cosche campane conservano i soldi – l’inchiesta è “Titano” con 24 arresti, 40 indagati e sequestrati beni per due milioni di beni – in Romagna, invece, i clan li rinvestivano nel riciclaggio. Enormi lavatrici nascoste dietro a miriadi e miriadi di società e conti correnti per ripulire il denaro macchiato dal sangue degli affari illeciti. Mentre a Napoli i gruppuscoli criminali si fronteggiano e si ammazzano per conquistare e controllare le “piazze di spaccio”, l’altra camorra fa affari a tanti zeri in giro per l’Italia e l’Europa. Si chiama internazionalizzazione delle camorre. Colletti bianchi, zone grigie, insospettabili a libro paga dei clan. Bravi professionisti che non vedono, non sentono e non parlano pronti a prestare, dietro compenso, i loro sporchi servigi. La rete economica-mafiosa è stata scoperchiata anche e soprattutto grazie al pentimento di una pericolosa fazione casalese, quella dei Venosa: il patriarca Umberto, il figlio boss Salvatore e l’altro figlio Giovanni (noto per aver interpretato un ruolo nel film Gomorra di Matteo Garrone) tutti passati con lo Stato. L’operazione della Procura antimafia con il pool Antonello Ardituro, Giovanni Conzo, Maurizio Giordano, Catello Maresca, Alessandro D’alessio e Cesare Sirignano si chiama “Mirror”. Un’inchiesta profonda che ha scoperchiato le linee di riciclaggio, estorsioni e controllo della vita notturna sulla Riviera romagnola. Oltre 120 carabinieri  hanno stretto le manette ai polsi di ben 20 persone mentre uno solo è finito agli arresti domiciliari. La gang per usare un eufemismo era composta da campani: tutti sono accusati di associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, truffa. I proventi dei guadagni venivano riciclati attraverso 18 società fittizie intestate a prestanome. I militari dell’Arma hanno posto sotto sequestro due night club a Rimini e Riccione ma anche conti correnti e auto e moto di grossa cilindrata. Il giudice delle indagini preliminari nell’accogliere totalmente l’impianto investigativo  ha disposto e autorizzato la cattura anche dei tre prestanome titolari al 100 per cento delle quote dei due noti locali notturni. Poi a un avvocato penalista della zona gli è stata notificata la misura interdittiva della libera professione.

Il gruppo imponeva il pizzo ai danni di imprenditori della zona in tal senso sono stati accertati numerosi episodi di estorsioni in danno di numerose attività commerciali. Non solo circuiti finanziari, la camorra mostra quando deve anche il volto violento. C’è un esperto di investimenti e di pratica finanziaria, una specie di tuttofare-faccendiere di Urbino che non perde tempo quando si trova di fronte a esitazioni e tentennamenti di una potenziale vittima che non vuol farsi raggirare : “Io faccio sciogliere i tuoi figli nell’acido”. Non è il solo. In generale i colletti bianchi si muovevano per accreditare e far entrare negli ambienti che contano i Casalesi e garantirne gli investimenti. La foto più aggiornata su ciò che sta accadendo la fa il Procuratore capo di Napoli Giovanni Colangelo: “I casalesi vanno compatti e anzi si federano per conquistare il nord. Il danno per l’economia nazionale è gravissimo”.

 

 

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