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1 maggio 1947: alle radici della lotta antimafia per la democrazia

di Umberto Di Maggio il . L'analisi

Palermo, 30 Aprile, Piazza Turba. Quest’anno ho visto più cravatte e fazzoletti rossi a ricordare Pio La Torre e Rosario Di Salvo, massacrati dal piombo mafioso 31 anni fa. Ho scorto il desiderio di un intero popolo di riconoscersi nel sacrificio di due eroi normali che hanno perso la vita nel tentativo di liberare la Sicilia e l’Italia dal peso di Cosa Nostra. C’erano tutti, dai rappresentanti delle istituzioni comunali ai vertici regionali, dai dirigenti e militanti dei partiti che si raccolgono l’eredità del vecchio PCI fino alle associazioni ed alle cooperative impegnate nel sociale. Ho intravisto in quegli sguardi il tentativo di testimoniare la forza propulsiva delle idee di pace, dialogo e solidarietà a contrasto di quelle egoistiche del culto del privato di mafie e corruzioni. Ho visto anche la tristezza di chi si sente abbandonato, sconfitto e per questo prova profonda solitudine.

Il giorno dopo, poi, a Portella Della Ginestra insieme al Presidente della Camera il ricordo della strage di contadini del 1° maggio 1947. Le parole della presidente della Camera Laura Boldrini, nel pianoro che fu teatro della mattanza che uccise 11 persone che erano andate a festeggiare la festa dei lavoratori e la vittoria alle elezioni regionali del Blocco socialista del Popolo, sono state un monito importante. “E’ tempo di togliere ogni velo e ogni segreto nella lunga catena di stragi che ha insanguinato la vita della Repubblica – ha affermato la presidente. Senza non è possibile riconoscersi come Paese. Lasciare ignoti i mandanti non è accettabile per un Paese democratico“. E lo ha detto guardando dritto negli occhi i superstiti di quella strage ed il padre dell’agente della Polizia di Stato Nino Agostino, ucciso a Villagrazia di Carini insieme alla giovane moglie, il 5 agosto del 1989 e del quale omicidio ancora non vi è ancora ne’ verità ne’ giustizia.

Parole chiare alle quali ha aggiunto, poi, il riferimento al lavoro come strumento per emancipare dal bisogno e per bloccare la disperazione. Così, la legge sulla confisca dei patrimoni dei mafiosi, voluta proprio da Pio La Torre acquista ancora più senso. Così, le tante esperienze di uso sociale delle ricchezze strappate alle criminalità organizzate e adesso gestite da cooperative sociali prendono un altro sapore: quello della rivalsa politica e civile non solo sulle mafie e le corruzioni, ma anche su un modo egoista di vedere i rapporti tra le persone. Sono momenti importanti per la nostra Repubblica che è nata sul bisogno di rimuovere le cause materiali e politiche che conducono al bisogno, alla miseria, alla disperazione. Sono giorni cruciali nei quali la Politica deve rimettere al centro la dignità persona umana e le scelte del neogoverno devono insieme ridare fiducia, serenità e felicità a questo Paese che appare piegato dal senso di resa e sconfitta.

Il banco di prova è certamente la modifica della legge elettorale, la lotta alla corruzione, il conflitto di interessi insieme a nuove politiche di sviluppo per dare slancio alle imprese ed alle famiglie. Il 2 giugno, allora, nella Giornata che ricorda la nascita della Repubblica Italiana, acquisirebbe un significato ancora più importante se a sfilare nella tradizionale parata fossero soltanto gli alunni e gli insegnanti delle scuole e gli operatori della conoscenza insieme ai familiari delle vittime delle mafie, del lavoro, del dovere e del terrorismo. Sarebbe il giusto segnale per una Nazione che ha la voglia ed insieme la forza per ripartire. Rappresenterebbe la vera testimonianza che il futuro di questo Paese può crescere solo se ha solide fondamenta e se affonda le sue radici nella memoria di chi ha donato la propria vita per un’Italia migliore.

 

Le foto della giornata nella Gallery curata da Tita Raffetti

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Umberto Di Maggio

Umberto Di Maggio nasce a Palermo durante le stragi di mafia degli anni '80. Cresce nei vicoli della periferia, nel meticciato del Mediterraneo, mentre la città viveva la sua Primavera. Fugge rabbioso nel Continente per trovare la desiderata pace. Il sogno di un terra libera, invece, lo rimette in viaggio verso Itaca. Oggi, felice, coordina "Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie" nell'Isola. Diritti, libertà, democrazia sono per lui il pensiero plurale di una Sicilia emancipata dall'infame peso di mafie e corruzione. Sociologo, è autore di “Siciliani si diventa”, un racconto che denuncia i traffici delle mafie internazionali nel mediterraneo. Sostiene Libera Informazione perché Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Mauro Francese, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Beppe Alfano sono giornalisti uccisi delle mafie. Nella loro memoria il mio (ed il nostro) impegno.

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