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Rassegna stampa 30 aprile

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Il 30 aprile del 1982 Cosa nostra uccideva a Palermo il politico siciliano  Pio La Torre e il suo collaboratore  Rosario Di Salvo. Un duplice omicidio che è un attacco al cuore delle istituzioni e  della politica impegnata sul fronte della lotta antimafia  in Sicilia. da parte di Cosa nostra. A Pio La Torre il movimento antimafia e il Paese devono molto: dalle  intuizioni determinanti nella battaglia antimafia, alle leggi fondamentali che hanno fornito gli strumenti utili per colpire le mafie, soprattutto sotto il profilo dell’organizzazione criminale (il reato del 416 bis) e l’accumulazione illecita dei patrimoni (legge sulla confisca dei beni). Ieri a Roma una iniziativa per ricordarlo, insieme alla Cgil, Libera e alla testimonianza fondamentale del figlio di Pio, Franco La Torre, impegnato in prima linea nella lotta culturale alle mafie e in quella politica. Oggi Franco La Torre, fra le altre cose, è presidente di Flare, il network europeo fondato da Libera per portare la battaglia antimafia in Europa, soprattutto sotto il profilo della confisca e del riutilizzo sociale dei beni che ormai sempre più spesso i boss “nascondo” all’estero.

Ricordano Pio La Torre e Rosario di Salvo,  sulla stampa on line in particolare un articolo de “Linkiesta.it” e Articolotre.  Una ricostruzione storica del caso giudiziario sul delitto, che presenta ancora molti punti interrogativi,  a cura dello storico Carlo Ruta per  “Corleonedialogos”. Nello stesso giorno, il Centro studi Pio La Torre, dà notizia degli esiti del tradizionale monitoraggio che il centro realizza ogni anno su un campione di studenti siciliani e alcuni gruppi nel resto del Paese. Su “La Stampa” l’articolo che analizza gli esiti del monitoraggio. 

Una legge, quella per cui ha perso la vita Pio La Torre, perfezionata  nel 1996 con una norma sostenuta da un milione di firme raccolte da Libera e che ha permesso negli anni di colpire i beni dei mafiosi anche oltre i confini delle regioni cosiddette “a tradizionale presenza mafiosa” e di riutilizzarli a fini sociali e istituzionali. Se, per altri versi, è ancora complicato contestare il reato di associazione di stampo mafioso fuori dal territorio di origine delle consorterie criminali, e dunque al Centro – Nord, sotto il profilo del sequestro e della confisca dei beni proseguono a ritmo incessante le numerose operazioni delle forze dell’ordine e della magistratura che mettono i sigilli a beni mobili, immobili, e conti correnti dei boss o dei loro prestanome. I giornali oggi danno notizia dell’ultima operazione, chiamata “Mirror”, che ieri ha portato ad un  blitz contro il riciclaggio di denaro sporco, con 21 misure cautelari (20 in carcere o ai domiciliari) contro un gruppo in prevalenza composto da campani: 8 sono accusati di associazione di stampo mafioso, ma anche di estorsione, rapina e truffa. Il provento veniva riciclato attraverso 18 società fittizie intestate a prestanome. Sequestrati due night club a Rimini e Riccione, auto, moto, conti corrente.La notizia su “Repubblica – Bologna” e l’approfondimento sull’edizione on line de “Il Mattino”

Torniamo in Sicilia per dare una notizia attraverso il lancio dell’agenzia stampa Ansa sul portale on line,  che torna sulle vicende della trattativa Stato – mafia con questa dichiarazione del pm Nino di Matteo, pronunciata durante la requisitoria al processo al generale Mario Mori, accusato di favoreggiamento aggravato della mafia:   ”Plurime omissioni” e una ”deliberata strategia di inerzia” contraddistinsero l’azione del Ros nelle indagini sulla ricerca del boss Bernardo Provenzano.  

Chiudiamo la rassegna stampa in Campania attraverso l’articolo di Arnaldo Capezzuto pubblicato sull’edizione on line del FattoQuotidiano che racconta ” un pezzo tragico di quella Napoli da cancellare, demolire, abbattere”. Quello della violenza criminale.

 

 

 

 

 

 

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