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Maxiprocesso Infinito: 110 condannati, nessuna assoluzione

di Ester Castano il . Lombardia

L’approfondimento a cura di Ester Castano.  Martedì 23 aprile è stato un giorno funesto per la ‘ndrangheta calabrese trapiantata al nord. E chissà la cupola mafiosa di Calabria come avrà reagito alla notizia, mentre gli affiliati ‘padani’ venivano condannati uno ad uno nell’aula bunker di massima sicurezza in via Ucelli di Nemi a Ponte Lambro, estrema periferia milanese. Accolte con fischi e scherno dagli imputati, le pene richieste nel filone abbreviato del primo grado sono state confermate salvo qualche piccolo sconto dalla camera di consiglio presieduta dal giudice Rosa Polizzi, validando quanto deciso in primo grado dal gup Roberto Arnaldi nel novembre 2011. Pene che arrivano oltre ai 15 anni di carcere, come nel caso di Alessandro Manno: capo della ‘locale’ di Pioltello, provincia est della capitale morale del paese, condannato a 15 anni e 3 mesi di carcere.

Condanna a 9 anni, invece, per Pasquale Zappia: le immagini della sua coronazione a ‘capo dei capi’ hanno fatto il giro della rete. Era l’ottobre 2009 e, qualche mese dopo l’omicidio punitivo del boss secessionista Carmelo Novella residente a San Vittore Olona nel legnanese, il referente lombardo della ‘ndrangheta calabrese Pino Neri indisse il tristemente celebre summit di Paderno Dugnano all’Arci Falcone e Borsellino. Per i gestori del circolo si trattava di un compleanno, una cena fra uomini tutti meridionali e tutti elegantemente vestiti; per gli invitati invece, ovvero i massimi esponenti delle cosche lombarde, si è trattato di una delle riunioni fra capo locali più decisive della storia della ‘ndrangheta al nord. Pene significative inflitte anche a Vincenzo Mandalari, capo della ‘locale’ di Bollate, condannato a 12 anni e 8 mesi, e sempre 12 anni all’amico dei politici milanesi Cosimo Barranca, capo locale di Milano. Soldi, malapolitica e criminalità organizzata: e Barranca ne è l’allegoria, lui che andava a cena con Angelo Giammario, ex sottosegretario dell’ex presidente Roberto Formigoni, a cui Pino Neri in occasione delle regionali lombarde 2010 promise di convogliare un certo numero di voti attraverso la mediazione di Carlo Antonio Chiriaco, l’ex direttore sanitario della ASL di Pavia condannato a 13 anni lo scorso 6 dicembre nel rito ordinario del medesimo processo. E la sentenza, che pone un definitivo giudizio sull’azione delle cosche al nord sottolineando la presenza della cupola calabrese e la dipendenza del settentrione da essa, colpisce anche Giovanni Valdes, l’ex sindaco del comune di Borgarello in provincia di Pavia a cui il secondo grado ha confermato la pena di un anno e quattro mesi per turbativa d’asta. 12 anni a Salvatore Strangio, il presunto boss che con ricatti e promesse di successo riuscì ad assorbire il Gruppo Perego, storica azienda brianzola di movimento terra. Mentre 15 anni a Pasquale Varca, capo della locale di Erba nel comasco.

Una sentenza significativa, se si pensa che per l’ingente numero di persone coinvolte nel processo sono passati appena tre anni: e dall’estate 2010 in cui la magistratura e le forze dell’ordine portarono in carcere trecento affiliati fra Lombardia e Calabria affermare che la ‘ndrangheta al nord non esiste è diventato sacrilegio. Una collaborazione, quella fra la Dda di Milano e Reggio Calabria, in cui nord batte sud per quantità di persone coinvolte nel blitz: 170 gli affiliati residenti in Lombardia, oggi tutti dietro alle sbarre salvo rarissime assoluzioni.

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