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Quante morti di migranti dovremo mettere in bilancio nel 2013?

di Piero Innocenti il . L'analisi

Nove righe di giornale per una morte tragica, pochi giorni fa. Solo un piccolissimo trafiletto per informare che un giovane, forse quindicenne, è stato trovato cadavere, rannicchiato tra le gomme del carrello di atterraggio di un Boeing 767 della Camerun Camair, decollato da Yaoundè e atterrato all’aeroporto di Parigi. Un corpo congelato, rattrappito, di cui, quasi certamente, non si saprà mai nulla, neanche l’identità, destinato in qualche fossa comune di un cimitero parigino. Non ho ricordi di  migranti morti in circostanze simili. Aggrapparsi ad un carrello di un aereo che volerà per migliaia di chilometri ad alta quota è un suicidio scontato. Ho ricordi di molte (troppe) morti negli ultimi anni, in mare o nei cassoni di autocarri o in container, annegati perché buttati a mare o asfissiati o maciullati dalle ruote del Tir al cui chassis erano rimasti aggrappati per ore e ore. Così sono finiti spesso i viaggi della speranza. E quando non muoiono e vengono “salvati” il loro destino è già segnato: rimpatri immediati, accoglienza in un Cara (se richiedenti asilo) o in un Cie (Centro di identificazione ed espulsione), per settimane (quando va bene), in attesa di essere identificati. Permanenze nei Cie che possono protrarsi addirittura fino a 18 mesi, secondo la nostra legge che è in linea con la direttiva comunitaria 2008/115. Tempi di “detenzione” ingiustificati e ingiustificabili nel contesto di un sistema che comprime i diritti fondamentali delle persone e che continua ad essere oggetto di pesanti critiche da più parti ( per ultimo, il 10 aprile u.s., dall’Unione delle Camere Penali dopo alcune visite nei centri di Milano, Gorizia e Roma).

Sui “danni” che possono derivare alle “persone” ( perché di questo si tratta!) occorrerebbe capire quanti casi di autolesionismi ci sono stati in questi anni, quanti suicidi e tentati suicidi di persone che sono rimaste “isolate”. Penso, con terrore, a quanto affermato di recente (aprile 2013) da fonti ONU (cfr. il New York Time del 9 aprile u.s.) secondo cui un “internamento” solitario di uno straniero “irregolare” per un tempo superiore alle due settimane, può rasentare la “tortura” e può causare, se prolungato, danni psicologici anche irreversibili ( fonte U.S. Immigration and Custom Enforcement). Un analisi su un campione di 300 immigrati irregolari in una struttura americana, ha evidenziato una permanenza di 15 e più giorni per il 46%, di 45 e più giorni per il 21% e di 75 e oltre per l’11%. Quali sono oggi in Italia le condizioni strutturali e gestionali dei nove Cie attualmente operativi? Quando termineranno i lavori di adeguamento e di “messa in sicurezza” (grate alle finestre? Filo spinato sulle recinzioni perimetrali?porte blindate? Videosorveglianza che viola l’intimità?). E quando verranno risistemati i locali dei Cie “operativi” ancora danneggiati dai disordini dell’anno passato e, quindi, con capacità ricettive ridotte? Silenzio sul punto. L’unica cosa che si può leggere in alcuni documenti ministeriali riguarda la necessità di “..incrementare il numero dei Cie la cui ricettività, allo stato ( 10 aprile 2013, n.d.r.), risulta insufficiente a garantire il trattenimento degli stranieri rintracciati in posizione irregolare..”. E sono ancora tanti a giudicare dai dati: 47.152 nel 2011 (di cui 25.163 rimpatriati), 35.872 nel 2012 ( di cui 18.592 rimpatriati) e 3.171 nel 2013 ( al 20 marzo) di cui 1.640 rimpatriati. Nel biennio 2011/2012, poi, sono “transitati” nei Cie ben 15.679 stranieri di cui il 50% circa espulsi dopo il periodo di trattenimento (mediamente una cinquantina di giorni). Nel 2013, al 20 marzo, sono passati nei Cie già 1.286 stranieri di cui 647 espulsi.

Cosa accadrà, tra breve, con l’arrivo della buona stagione, quando i trafficanti di persone, di fronte ad una forte domanda, intensificheranno i “servizi” via mare? A quali altre tragedie dovremo assistere? Quanti altri annegati dovranno esserci nel canale di Sicilia affinché un Governo, finalmente affronti, in maniera più umana, l’accoglienza e la permanenza di queste persone?

 

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