Corruzione e narcotraffico in Pakistan
La Repubblica islamica del Pakistan è tornata alla ribalta mediatica internazionale negli ultimi tempi a causa di una serie di gravissimi attentati terroristici con decine di morti e feriti (gli ultimi, il 23 marzo c.a. a Esha, nella regione del Waziristan, con l’esplosione di un auto-bomba e il 29 marzo a Peshawar con sei morti e dodici feriti). La situazione politica generale nel paese (poco più di 190milioni di abitanti al censimento del 2012, su una superficie di due volte e mezza l’Italia), è fortemente critica anche per le continue interferenze tra potere esecutivo, servizi segreti, forze armate e magistratura ed è destinata a peggiorare in vista delle elezioni politiche previste per il prosimo mese di maggio. In questo quadro si inserisce anche la (scomoda) presenza di un predicatore politico, tale Tahir-ul-Qadri, leader di un’organizzazione internazionale di estrazione Sufi, che intende migliorare le condizioni sociali, culturali e religiose del popolo e che ha promesso una “marcia di milioni di uomini” verso la capitale.
Il Pakistan fa ancora parte della cosiddetta Mezzaluna d’oro, il cui nome suggestivo sta ad indicare, in realtà, la pessima situazione di traffico e produzione di stupefacenti. Serissimi anche i problemi di tossicodipendenza ( si parla di alcuni milioni, in prevalenza consumatori di oppio e di eroina) e sicuramente risultano poco attendibili i dati ufficiali forniti a fine 2012 dalle autorità governative ( che hanno altre priorità) che indicano soltanto in 1.695 i tossicodipendenti in cura nei quattro centri di trattamento e riabilitazione del paese.
La configurazione morfologica del Pakistan, un territorio caratterizzato da vaste aree tribali dove ancora oggi non trova applicazione la legge federale, rende drammaticamente problematico il controllo e il contrasto alla criminalità del narcotraffico. Ai gruppi criminali attivi nelle città e abitualmente inseriti nel contesto sociale economico si sono aggiunti, spartendosi il mercato delle droghe, quelli rurali tra cui si segnalano le tribù degli Afridi, degli Yusufrai e dei Khattaz. Negli ultimi anni, lo scenario criminale si è ingrossato di gruppi di provenienza africana, in particolare nigeriani.
Nel 2102 si è ancora confermato quel significativo calo, già annotato negli ultimi tre anni, nei sequestri di eroina ( solo 53 kg. contro le 1,26 ton del 2010 e le 3,69 ton del 2009), in quelli di oppio (9,7 ton. contro le 24,81 ton del 2009, le 27,24 ton del 2008, le 15,37 ton. del 2007). Poco più di quarantadue le tonnellate di morfina intercettate. Per quanto riguarda la cannabis circa 52 le tonnellate sequestrate (furono 84 nel 2010, 204 ton. nel 2009 e 134 nel 2008). L’uso della cannabis (cresce dappertutto), è ben radicato tra la popolazione (l’hashish, mescolato al latte diventa una bevanda eccitante; lo si può anche fumare con il tabacco o, raccogliendo la resina della pianta e strofinando le mani sulla parte inferiore delle foglie, si possono preparare delle piccole confezioni tonde che sono chiamate “charas” e sono molto diffuse tra i giovani).
Il calo dei sequestri sarebbe attribuibile, secondo concordi valutazioni di esperti antidroga europei presenti nell’area, all’intensificarsi delle attività terroristiche e insurrezionali nelle zone del contrabbando, a ridosso del confine afghano. E’ proprio dall’Afghanistan che arriva l’eroina in Pakistan dove viene immagazzinata e distribuita verso gli Usa, l’Inghilterra, la Cina e l’Australia sia per via aerea che per mare ( dai due porti di Karachi). Poco più di 16mila, sempre nel 2012, le persone arrestate per delitti collegati alle droghe. Una situazione resa ancor più ingarbugliata dalla vicenda, emersa giusto un anno fa (marzo 2012), relativa ad una illecita procedura di esportazione di efedrina ( sostanza utilizzata nei processi di produzione delle droghe sintetiche) da parte di due aziende pakistane ( Berlex Labs International e Denis Pharmaceutical). L’operazione sarebbe stata possibile grazie alla mediazione di uno stretto collaboratore di Ali Musa Gilani, figlio del Primo Ministro e membro del Parlamento. Dalle “agevolazioni”le due aziende incriminate avrebbero ottenuto un illecito guadagno (tangenti?) di oltre sette milioni di dollari americani.
A novembre 2012, a Islamabad, su iniziativa del Presidente del Pakistan Zardari, si è tenuta una conferenza regionale sul tema del contrasto al narcotraffico con le delegazioni di Afghanistan Azerbajan, Cina, India, Iran, Kazakistan, Kirghikistan, Russia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Al termine dell’incontro è stata decisa l’istituzione di un “gruppo di contatto regionale” per la cooperazione nel contrasto regionale al narcotraffico. L’iniziativa, tuttavia, è parsa agli osservatori europei presenti nella capitale pakistana, più legata alla propaganda, in vista delle elezioni politiche del maggio p.v., che una strategia di vera lotta al traffico delle droghe. Le priorità, come accennato, sono altre per il Governo pakistano, ossessionato, da un lato, dall’India (qualche progresso nel riavvicinamento tra i due paesi si è registrato negli ultimi mesi) e dall’altro dai rapporti con gli americani, incrinatisi dopo la condanna, nel 2012, di Shakil Afridi, il medico che aveva collaborato con gli Usa nella ricerca di Bin Laden e che per questo “tradimento” è stato condannato a 33 anni di carcere. Per tale motivo il Congresso americano ha tagliato i generosi sussidi, già ridotti in precedenza, di ulteriori 33 milioni di dollari in aiuti al Pakistan ossia un milione di dollari per ogni anno di carcere ad Afridi. Ma la situazione migliorerà sicuramente nei prossimi mesi, prima del disimpegno americano in Afghanistan previsto per il 2014. Per il presidente Obama, il Pakistan è troppo prezioso nel processo di riconciliazione con i talebani nella regione.
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