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Carlo Cosco: “Assumo responsabilità morte Lea Garofalo”

di Marika Demaria il . Lombardia

da Milano, processo Garofalo, l’inviata Marika Demaria – “Presidente, voglio rilasciare delle dichiarazioni. Voglio parlare”. La voce ferma, la marcata flessione dialettale: la voce è di Carlo Cosco. Tribunale di Milano: oggi, martedì 9 aprile, è iniziato il grado di appello del processo per la morte di Lea Garofalo (il primo grado si era concluso il 30 marzo 2012 con la condanna all’ergastolo di tutti e sei gli imputati).

Sono le 14.30 circa, il Presidente Anna Conforti ha già decretata chiusa l’udienza. La richiesta dell’imputato arriva inaspettata.

Giacca sulle spalle, maglioncino a righe, Carlo Cosco esce dalla gabbia e si siede di fronte alla Corte. Tra le mani un foglietto che legge a fatica ma che riecheggia nell’aula: “Mi assumo tutta la responsabilità per la morte di Lea Garofalo. Volevo farlo già durante il primo processo ma una serie di circostanze me l’hanno impedito. So che Denise vive sotto protezione. Ma deve essere protetta da chi? Guai a chi tocca mia figlia! E spero un giorno che mi perdoni, voglio il suo perdono”.

I presenti rimangono attoniti, ma bisogna uscire dall’aula. Per tutta la durata del processo, Carlo Cosco quel foglietto se l’è rigirato tra le mani. Ha parlato con i fratelli Vito e Giuseppe Cosco (ma separatamente perché tra loro non dialogano) e con Rosario Curcio. Traspare il suo essere tracotante, sicuro di sé. Ha l’aria del capo branco.

Durante i mesi del processo di primo grado, Carlo Cosco ha professato la propria innocenza, difeso e sostenuto dall’avvocato Daniele Sussman Steinberg. Oggi ammette di aver ucciso l’ex convivente, in qualche modo “scagionando” gli altri imputati. E screditando, in parte, le rivelazioni fatte da Carmine Venturino, che ha raccontato come si sono svolti il sequestro e l’omicidio di Lea Garofalo e come il suo cadavere sia stato non sciolto nell’acido ma carbonizzato. Venturino però – collegato in video conferenza – parla di complicità, di concorso in omicidio, senza nascondere le proprie colpe, come si evince dai verbali depositati.

E se Carlo Cosco sostiene di essere l’unico responsabile della morte di Lea Garofalo, Carmine Venturino non solo ha, dal luglio 2012, iniziato a collaborare con la giustizia, ma chiede di essere ascoltato in aula giovedì 11, nel corso della seconda udienza.

Questo sarà anche il momento in cui la Corte si pronuncerà  circa le varie eccezioni che le difese hanno presentato oggi e rispetto alle richieste avanzate dal Procuratore Generale Marcello Tatangelo (pubblico ministero nel processo di Assise) e dall’avvocato Enza Rando, difensore di Denise Cosco che si è costituita parte civile.

Nel corso della prima udienza, dopo la lettura delle motivazioni della sentenza il magistrato dell’accusa ha chiesto un nuovo esame di Carmine Venturino “alla luce delle sue dichiarazioni; ciò che ha raccontato non è del tutto coincidente con la sentenza. Carlo Cosco aveva progettato di uccidere Lea Garofalo anche prima dei fatti di Campobasso, a Milano tutto era stato organizzato grazie ad una serie di appostamenti e sopralluoghi”.

Il Procuratore spiega inoltre che il giovane condannato ha indicato, tra gli esecutori della trappola mortale, Damian Jancaza, che attualmente risulta quindi indagato, in un procedimento parallelo, per concorso in omicidio. Di Lea Garofalo, appunto. Il ragazzo polacco era stato ascoltato nel corso del processo di primo grado e con aria spavalda e beffarda aveva dichiarato di essere amico dei Cosco perché “loro mi fanno tanti favori. Mi hanno trovato un appartamento in viale Montello 6 (che la famiglia ha occupato abusivamente, subaffittando i vari locali, fino al giugno 2012, n.d.a.) e io devo essere riconoscente a loro”. Infine, tra le richieste di Tatangelo, l’acquisizione degli esiti dei sopralluoghi avvenuti nell’appartamento che Carlo Cosco e Carmine Venturino dividevano, all’interno del magazzino di Crivaro sito a San Fruttuoso e all’interno del tombino dove sono state ritrovate le ossa della coraggiosa testimone di giustizia.

L’avvocato Enza Rando ha invece chiesto l’acquisizione delle due denunce che provano il furto e l’incendio dell’auto di Lea Garofalo. Un episodio risalente al 2002 quando lei litigò con il fratello Floriano che non ammetteva che Denise non andasse in carcere a trovare il padre.

Le difese hanno in maniera compatta chiesto l’assoluzione dei rispettivi imputati poiché il fatto non sussiste. Gli avvocati Guaitoli e Cacucci, difensori di Giuseppe Cosco, non si oppongono all’audizione di Carmine Venturino. L’avvocato Maris difende quest’ultimo e chiede che siano riascoltati Denise Cosco, Marisa Garofalo e Massimiliano Floreale, che quel 24 novembre 2009 consegnò le chiavi del suo appartamento ai Cosco e che ha successivamente dichiarato che, al suo rientro, aveva trovato solo due bicchieri sul tavolo e che nient’altro era stato manomesso. A Carmine Venturino è stato infine riconosciuto il patrocinio legale gratuito.

Giovedì 11 la seconda udienza di appello. Oggi a sostenere Denise, oltre a diversi adulti, c’erano tantissimi ragazzi del presidio di Libera Milano dedicato a Lea Garofalo, una rappresentanza del liceo “Virgilio”, giovani arrivati da Sesto, Buccinasco e persino da Reggio Emilia. A rappresentare la società responsabile, lo Stato che chiede giustizia e verità per una mamma e donna coraggiosa.

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