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I comportamenti negativi degli addetti alla sicurezza pubblica

di Piero Innocenti il . L'analisi

In uno Stato democratico, tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne le leggi. Per gli appartenenti alle forze dell’ordine quest’obbligo è, come è giusto che sia, ancor più rigoroso. Si pensi alla “promessa solenne” e al “giuramento” che debbono prestare coloro che entrano a far parte dell’amministrazione della pubblica sicurezza e alla norma costituzionale (art.54) che richiede ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina e onore. Il poliziotto in “prova”, poi, per riferirmi ad un ambiente a me più familiare, prima ancora della nomina in ruolo, “promette”, in una cerimonia ufficiale, di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente le leggi dello Stato, di adempiere ai doveri del suo ufficio nell’interesse dell’Amministrazione per il pubblico bene (T.U. del 1957). La stessa formula viene ripetuta all’atto del “giuramento”, un momento solenne, direi “sacrale”, per il quale viene addirittura redatto un processo verbale individuale . Ma c’è di più.

Per colui che per libera scelta è chiamato a rappresentare lo Stato in una delle sue articolazioni più importanti, perché deputate a garantire l’ordine pubblico e la sicurezza di tutti, cioè il poliziotto ( la regola vale, naturalmente, per tutti gli appartenenti alle forze di polizia), “deve avere in servizio un comportamento improntato alla massima correttezza, imparzialità e cortesia e deve mantenere una condotta irreprensibile, operando con senso di responsabilità, nella piena coscienza delle finalità e delle conseguenze delle proprie azioni(…)e deve astenersi da comportamenti e atteggiamenti che arrecano pregiudizio al decoro dell’Amministrazione” (art. 13 Reg. di servizio).

Norme, dunque, stringenti e chiare, che impongono a chi è investito di funzioni delicatissime e poteri di polizia comportamenti esemplari. Comportamenti doppiamente esemplari si esigono, poi, da chi, nelle diverse gerarchie ( sia militari che civili) ha maggiori responsabilità. I fatti di cronaca, passati (vedasi, ad esempio, quelli della Fiat Uno di Bologna) e più recenti (quelli della Diaz di Genova e, da ultimo, l’inammissibile sit in di solidarietà, a Ferrara, di alcuni poliziotti sotto le finestre del Comune dove lavora la mamma di Aldrovandi ), purtroppo, offrono un quadro tragicamente deludente e vanno a ledere l’immagine e la credibilità di istituzioni dove, in realtà, la maggioranza delle persone prestano onorevolmente il loro servizio alla collettività. E’ forse il clima generale di sfascio e di caduta di valori che si respira da un po’ di anni a questa parte nel nostro paese a far marcire le “mele” nel “cesto” della sicurezza italiana? Sono i pessimi e ripetuti esempi di ruberie pubbliche e di menefreghismo all’ennesima potenza date dalla classe dirigente, che pretende inoltre impunità, ad aver influenzato alcuni settori importanti della sicurezza? Che dire, infatti, di quel dirigente di polizia ( condannato, un paio di mesi fa, dal tribunale di Milano a 4 anni per peculato) che andava a divertirsi al casinò di Saint Vincent, con l’auto di servizio e l’autista accompagnato dalla compagna e dalla figlia? E del generale dei Carabinieri rimasto al comando del Ros fino alla pensione, pochi mesi fa, nonostante una pesante condanna in primo grado, confermata in appello, a una decina di anni di reclusione per narcotraffico? E i due agenti della Polizia Ferroviaria di Milano, condannati in prima istanza a dodici anni di carcere per l’omicidio preterintenzionale di un clochard pestato a sangue nella stazione di Milano? E i tre poliziotti condannati definitivamente a tre anni e sei mesi per eccesso colposo in omicidio colposo del giovane Federico Aldrovandi? E ancora, del maresciallo dei Carabinieri, comandante di una stazione, appropriatosi di quantitativi di droga sequestrata nel corso di vari servizi? E degli abusi compiuti su donne, per lo più straniere, nelle camere di sicurezza di caserme e uffici? Senza contare quei comportamenti “impropri”, oggetto di indagine della magistratura, di diversi agenti della questura di Bergamo che, anziché adempiere ai loro doveri (erano di servizio alle Volanti) se ne stavano, per ore, a giocare, in un locale pubblico, alle slot? I pessimi esempi di scarso senso dell’onore e di spergiuro potrebbero continuare con la citazione di altri episodi che qualcuno potrebbe definire come piccole mancanze ma che, in realtà, sono anch’esse gravi e denotano scarso rispetto verso i cittadini e verso tutti quegli operatori della sicurezza che lavorano con passione. Tali fatti evidenziano anche una scarsa azione di controllo da parte di chi dovrebbe esercitarla e chiama in causa la responsabilità dei dirigenti. Ecco allora che non fa bene all’immagine dell’istituzione di appartenenza vedere l’auto della polizia sulle strisce pedonali mentre i due agenti prendono il caffè, è “sconveniente” per un tutore della sicurezza fumare in edifici e luoghi dove ciò è vietato, non indossare le cinture di sicurezza nei normali servizi di pattugliamento, guardare un filmino all’interno dell’auto di servizio con il lettore dvd sulle ginocchia, leggere il giornale durante lo svolgimento di un servizio dinamico di controllo del territorio, riservare una “particolare” attenzione nei controlli su strada ai conducenti stranieri ecc…Mentre stavo cercando una sintetica conclusione a queste poche note, mi sono tornate alla mente le immagini di un uomo, nudo e disarmato, a terra, picchiato selvaggiamente, un paio di mesi fa, da alcuni poliziotti egiziani al Cairo, e mi sono “raggelato”. Lo stesso “gelo” che ho provato leggendo su alcuni quotidiani le sconsiderate dichiarazioni del deputato Carlo Giovanardi che ha paragonato gli agenti di polizia di Ferrara, condannati con sentenza definitiva, a vittime come il giovane Aldrovandi da loro ucciso per “eccesso colposo”. E questo è davvero insopportabile!

 

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