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Un 21 marzo dalla parte dei magistrati in prima linea contro le cosche

di redazione il . Calabria

Con un grande applauso i 150mila giunti a Firenze il 16 marzo scorso hanno fatto sentire la propria vicinanza al magistrato Giuseppe Lombardo che sul palco ha letto i nomi delle vittime di mafia. Occhiali scuri, voce ferma, Lombardo ha raccolto il calore della piazza che con quell’applauso, con sobrietà,  ha scelto di dimostrare la propria riconoscenza per il lavoro svolto in Calabria. Un mestiere, quello del procuratore Lombardo, che lo ha portato spesso a fronteggiare la violenza criminale delle cosche: numerosi in questi anni le minacce e intimidazioni ricevute. L’ultima alcuni giorni fa: una busta con 50 grammi di esplosivo, intercettata dal centro di smistamento postale di Reggio Calabria. All’interno un messaggio minatorio indirizzato al magistrato: “Se non la smetti ci sono pronti altri 200 chili”.

Come Lombardo molti altri magistrati e investigatori sono in questo momento in Calabria nel  mirino delle ‘ndrine, che –  dopo la fase del “cono d’ombra”informativo e investigativo  – si trovano sotto scacco a causa di  inchieste, sequestri, confische e soprattutto vedono cedere il fronte interno: quello dei collaboratori di giustizia che con le loro dichiarazioni raccontano dell’organizzazione e dei suoi affari per tutto lo stivale. Un fenomeno con pochissimi precedenti per la ‘ndrangheta. E a rompere il muro dell’omertà e il legame con le “famiglie” sono spesso le donne, che stanno pagando parimenti in Calabria un prezzo altissimo.

Di ieri  la notizia che un proiettile di kalasnhilkov era stato indirizzato al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Antonio De Bernardo e al sostituto procuratore generale, Franco Mollace, e intercettato dalle guardie giurate della Full Service, in servizio al Cedir  tra la corrispondenza diretta ai due magistrati.  «L’ennesimo tentativo di intimidire due magistrati in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta suscita, ancora una volta, lo sdegno e la ferma condanna di Libera e di tutti i calabresi onesti – scrive in una nota Libera. Sappiamo bene, tuttavia, che esprimere sostegno e solidarietà agli operatori delle istituzioni non basta. Il cambiamento dei territori e la sconfitta delle mafie passano attraverso la corresponsabilità di tutti. Dei cittadini oltre che delle istituzioni, in un impegno incessante per affermare il primato della verità, della giustizia e il rifiuto di ogni forma di violenza». «Abbiamo la certezza  – prosegue Libera – che il proficuo lavoro del dott. De Bernardo e del dott. Mollace non subirà alcuna sosta e, anzi, proseguirà con la medesima determinazione che lo ha sin qui caratterizzato». «La ‘ndrangheta oggi è più debole, e per questo agita i propri tentacoli, perché più forte sta diventando lo sforzo di liberazione di tanti gruppi, associazioni e singoli cittadini che, in Calabria, hanno finalmente deciso di provare a scrivere un’altra storia – conclude».

Il 21 marzo, XVIII Giornata della Memoria e dell’Impegno, dunque, la società civile ribadisce la necessità di stare dalla parte di chi, ogni giorno, rende onore al sacrificio dei tanti che sono morti nella lotta alle mafie. Un impegno che si esercita facendo semplicemente il proprio lavoro, a schiena dritta, senza compromessi o cedimenti. Come questi investigatori e i tanti altri che silenziosamente rinunciano ad una parte di libertà della propria vita per liberare la vita di molti cittadini.

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