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La “longa manus” della ‘ndrangheta

di Giuseppe La Pietra il . Emilia-Romagna

Du gustis se meglio che one”. Sembra essere questa la metafora vissuta il 6 marzo scorso dal capo bastone della ‘ndrangheta cutrese-emiliana-lombarda Nicolino Grande Aracri. Mentre continuava ad allungarsi da sud a nord dello stivale dopo non poche vicende giudiziarie  – oltre all’accusa di associazione mafiosa anche quella di essere il mandante di un duplice omicidio (per cui è stato assolto in appello nel luglio scorso)  – la sua “manu ‘e gomma” rientrata a Cutro, è stata fermata dai carabinieri del comando provinciale di Crotone, coordinati dalla Dda di Catanzaro: tentata estorsione accompagnata da minacce per aver preteso un milione e mezzo di euro dai proprietari del villaggio turistico Porto Kaleo di Cutro. Questo il primo reato.

Per “manuzza” non c’è pace. Una volta in carcere nemmeno il tempo di salutare i vecchi amici. Vede materializzarsi un’altra ordinanza, è il vento dell’operazione “Tramontana”: all’inizio di febbraio, infatti, era stato condannato in primo grado a 14 anni e gli venivano stati contestati i reati di associazione mafiosa, estorsione e narcotraffico. Insieme a lui altre cinque persone, tra cui Francesco Lamanna, arrestato a Cremona e secondo la relazione della Dda del dicembre 2012 «alter ego di Nicola Grande Aracri con il ruolo di sovraintendere a tutta l’attività criminosa svolta dall’associazione e di acquisire i proventi per rimetterli allo stesso Grande Aracri». All’epoca dei fatti di Porto Kaleo, Lamanna era in vacanza a Cutro, qui fece parte del gruppo dei “bravi” guarda spalle di Nicolino, perché nonostante fosse sottoposto ai vincoli di sorveglianza si recò personalmente dagli imprenditori del villaggio turistico per riscuotere il pizzo.

In occasione dell’arresto, ancora una volta il procuratore di Catanzaro Vincenzo Lombardo ha ribadito: «Grande Aracri ha una caratura criminale di alto livello che va oltre Cutro e la Calabria e che lambisce l’Emilia Romagna tramite alcuni suoi accoliti che sono stati fatti oggetti di questa misura perché il tentativo di estorsione è di gruppo. Ci sono attività investigative ancora in corso che proiettano il personaggio ben fuori della Calabria».  La ragnatela di gomma dei Grande Aracri si estende anche sul parmense, a partire dal vicino Brescello, o Cutrello che dir si voglia. Tra i luoghi del parmense ancora una volta sotto i riflettori della cronaca c’è Roccabianca, piccolo paese della Bassa con poco più di 3000 anime, indicato come una enclave in cui sembrerebbero delocalizzati alcuni accoliti di gomma.

Proviamo a capire e conoscere da vicino la situazione, che aria tira. Riusciamo a contattare il Sindaco, Giorgio Quarantelli. «Non sono molto ferrato sull’argomento ma per ciò che conosco, anche da incontri che ho con il comandante della stazione locale dei carabinieri, ci sentiamo tranquilli. Non abbiamo segnali particolari. Roccabianca purtroppo è in calo demografico e non credo che possano esserci grossi interessi da parte di organizzazioni malavitose». Il sindaco non si scompone, anche se il paese da lui amministrato viene indicato nelle relazioni antimafia come luogo di persone vicine ai Grande Aracri.

«Ci conosciamo un po’ tutti in paese e non mi risultano esserci attività collegate a quei personaggi. Vede, abbiamo il 9% di extracomunitari, residenti originari da Cutro ma posso dire che la situazione non desta preoccupazione, è sotto controllo». Lungi da noi generalizzare Cutro=Ndrine. Ringraziamo il sindaco. Proviamo a tastare il polso con un imprenditore del posto, Scaltriti Giuseppe della Faled, storica distilleria locale, nonché proprietario della storica Rocca che domina il paese. «Non sono al corrente di episodi risalenti alla malavita organizzata. Vede, io personalmente vivo poco la vita di Roccabianca. Frequento molto poco la piazza e i locali. Roccabianca è un paese tranquillo, ci fidiamo del lavoro che svolge il nostro comandante dei carabinieri. Grossi problemi non ce ne sono, al di là di qualche furtarello ma nulla rispetto a episodi eclatanti».

Stando alle prime conversazioni  possiamo tirare un sospiro di sollievo. Eppure, a Roccabianca, solo per prendere un caso “eclatante” era domiciliato Filippo Carrà, originario del Vibonese, arrestato perché coinvolto in un giro di usura e nell’omicidio di Francesco Chirillo, avvenuto a Gizzeria ad opera di esponenti della Ndrina dei Mancuso con il benestare dei Grandi Aracri, a cui non fu contestata alcuna ipotesi di reato. L’ “illustre” cittadino di Roccabianca non risulta. Proviamo a tornare di nuovo sul versante municipale. Chiediamo ad Anita Capelli, consigliere d’opposizione. «Personalmente non sono informata sui fatti. Non ho avuto modo di conoscere episodi di malaffare che abbiano toccato la vita di Roccabianca. Certo, se penso alle voci che circolano in paese qualcosa potrebbe esserci, anche se non saprei valutarne l’entità» E Capelli spiega a cosa si riferisca«Alla presenza di qualche ditta, registrata formalmente in paese ma in effetti non c’è. Senti dire dei nomi ma poi non vedi camion, capannoni, magazzini. Sono voci recenti però, degli ultimi sei mesi. Oltre questo non saprei» Con le carte alla mano è naturale domandarle se una potrebbe essere la TRE Emme srl, l’impresa dei Mattace, con sede in via IV novembre n°4. «Potrebbe essere» è la risposta.

I Mattace sono ritenuti sodali dei Grande Aracri e a fare da anello di congiunzione potrebbe essere Giuliano Floro Vito, già impiegato presso la Tre Emme, il cui fratello Antonio ha sposato la figlia del sodale Francesco Lamanna. Qualcosa sembra muoversi. Parlando di edilizia a Roccabianca, non possiamo fare meno di ascoltare il parere di chi è storicamente presente nel campo, L’impresa cooperativa Buozzi costruzioni. Al ragioniere Duilio Brambati illustriamo il contesto, cercando di focalizzare quale vento soffi sul mattone: «Non ho sentore. In questo momento poi stiamo celebrando la morte dell’edilizia locale. Altro che crisi! Il nostro è un mercato fermo».

Eppure nei bar le voci circolano. «Un po’ di tempo fa avevo sentito la notizia, sa come accade nei paesi, di un’impresa coinvolta anche in alcuni appalti pubblici che aveva una sede presso l’ufficio di un commercialista senza che dei titolari si vedesse mai nessuno». Il puzzle sembra prendere forma. Andiamo in via IV novembre. La percorriamo. È stretta, piccola, non più  di 100 mt. ma c’è molto, compresa la scuola materna e la caserma dei carabinieri, con l’entrata principale su viale Rocca e una secondaria al n° 2 di via IV novembre. Né capannoni, né magazzino e né camion. Subito dopo la caserma, al n° 4 ci sono due porte. Accanto a quella sul lato destro alcune targhette: un’ impresa, un’associazione agricoltori, un’assicurazione uno studio legale. A sinistra della porta principale una grande targa di una commercialista. Piove, c’è gente e non vogliamo disturbare. Raggiungiamo lo studio telefonicamente. «La ragioniera non c’è», risponde l’impiegata. Le chiediamo se la Tre Emme Costruzioni s.r.l. ha sede presso lo studio. «Si, ha sede qui». Il tono sembra seccato. Il comandante provinciale dei carabinieri di Crotone, colonnello Francesco Iacono, al termine dell’arresto di Nicolino & co ha ribadito «Non bisogna abbassare la testa. Anche i grandi capi non sono invincibili». Alzare lo sguardo. Vale per Roccabianca, vale per ciascuno.

 

Giuseppe La Pietra per “Il Nuovo di Parma”

 

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