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Il Venezuela dopo Chavez, tra insicurezza e droga

di Piero Innocenti il . Internazionale

Si preannunciano serissimi problemi per il Venezuela dopo la morte, avvenuta un paio di giorni fa, del suo presidente Hugo Chavez (El Indio, come veniva chiamato dalla gente comune), eletto sin dal 1999 e da allora saldamente al potere. A quei tempi le statistiche sulla criminalità indicavano in circa seimila gli omicidi su tutto il territorio nazionale. A fine 2011 si contavano quasi ventimila morti violente (19.336, secondo dati forniti, a gennaio 2012, dall’Associazione Venezuela Violence Monitor).

Nella sola capitale Caracas, nei fine settimana, si registrano, mediamente, fra i 30 e i 50 omicidi (con punte anche di 100-120), in gran parte nei “barrios” di Petare e Catia, sulle colline che circondano la città, dove si vive in baracche di lamiera e calce. Drammatica anche la situazione dei sequestri di persona a scopo estorsivo: dai 41 casi del 1998 ai 712 denunciati nel 2010,ai 1150 del 2011 (ultimo dato disponibile fornito nel 2012 dal Cuerpo de Investigaciones Cientificas Penales y Criminalisticas). In molti casi si tratta di “sequestri lampo” che si concludono con il pagamento del riscatto e la liberazione dell’ostaggio in poche ore. Fenomeno criminale che ha colpito duramente anche la comunità degli italiani residenti nel paese.

Nei primi sei mesi del 2012 sono stati ben otto gli italiani sequestrati mentre nel 2011 furono 14 e addirittura 96 (!), complessivamente, nei cinque anni precedenti. Sul piano repressivo e delle indagini un vero fallimento con percentuali che oscillano intorno al 90% di impunità. Le pene vengono scontate in istituti penitenziari (34 in tutto il paese) terrificanti, “cogestiti” da incapaci direttori carcerari, da una inaffidabile Guardia Nacional Bolivariana e dai capi delle varie bande “ospiti” nei reclusori. Le rivolte, anche nel 2012, con decine di morti ( nel 2011 sono stati uccisi 124 detenuti), avvengono con buona frequenza, in particolare nel carcere La Planta, vicino Caracas,sottoposto al “controllo” del boss “El Chingo”. Alla data del 31 dicembre 2012 sono una sessantina i cittadini italiani detenuti nelle carceri venezuelane per fatti collegati alle droghe e per altri delitti mentre 14 sono latitanti.

Difficile, sino ad oggi, avere un quadro generale sulla delittuosità a causa del “silenzio” imposto dal “caudillo”, da almeno un paio di anni, alle varie autorità. Era iniziato con la mancata comunicazione, da parte della Oficina Nacional Antidrogas, dei dati ufficiali sul contrasto al narcotraffico giustificando tale decisione con il “delicato  momento politico amministrativo” vissuto dal paese a causa della grave malattia che aveva colpito il presidente. Una “pausa di riflessione” che, nel settore specifico, trovava giustificazione con i toni, sempre fortemente propagandistici, con cui Chavez, in passato, aveva reso pubblici i risultati operativi. Stando alle informazioni di esperti antidroga europei presenti nell’area, nel primo semestre del 2012 sono state sequestrate poco più di 22 tonnellate di stupefacenti di cui 18,2 ton di cocaina, 4,3 ton di marjiuana, 10 kg di eroina, 19 kg di crack e 6,2 di bazuco ( un sottoprodotto della cocaina). Tali dati sono in linea con i valori rilevati a fine 2011 con il totale di 42,4 ton. di stupefacenti intercettati di cui 26,34 ton. di cocaina e 15,77 ton. di marjiuana.

Il Venezuela è, in  realtà, un importantissimo paese per il transito e lo stoccaggio di ingenti quantitativi di cocaina (la stima è di circa 200/250 tonnellate) diretta verso i mercati americano, europeo, africano. Quanto ai mezzi utilizzati per il trasporto delle droghe è interessante “sbirciare” sui radar americani di Jiath.South di Key West (California), le tracce memorizzate lasciate dai vari piccoli aerei (anche bimotori, in grado di effettuare trasporti dell’ordine anche di una tonnellata e mezzo di cocaina) che decollano dalle  piste clandestine nello Stato di Apure (confinante con la Colombia) con destinazione il Centro America, in particolare l’Honduras.

Il “dopo Chavez” sarà ancor più drammatico dovendo fronteggiare una criminalità dilagante (rappresentanti delle mafie italiane sono ormai “stanziali”), che approfitta anche di un sistema della sicurezza carente (scoordinamento tra le varie polizie, mancanza di una banca dati comune, scambio informativo tra i vari organismi sostanzialmente nullo) e di una corruzione istituzionale straordinariamente diffusa.

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