Rassegna stampa 5 marzo 2013
Appena decadrà da deputato – e cioè tra dieci giorni quando si insedierà il nuovo Parlamento – Nicola Cosentino dovrà andare in carcere. L’hanno deciso ieri, respingendo l’istanza di revoca presentata dai suoi avvocati – i giudici del tribunale di Santa Maria Capua a Vetere. L’accusa, lo ricordiamo, è di concorso esterno in associazione mafiosa e l’immunità parlamentare in questi mesi avevano evitato il carcere al politico del Pdl campano. Ieri la decisione del collegio dei giudici. La notizia sul “Corriere della Sera” che ricorda come su Cosentino penda anche una inchiesta per concorso in riciclaggio di denaro, reato per il quale sarebbe possibile tramutare “la richiesta di custodia cautelare in carcere in arresti domiciliari”. Ipotesi che non è prevista per il reato di associazione mafiosa.
Sempre sul “Corriere della Sera” si torna a parlare di giustizia attraverso il caso della “compravendita” dei parlamentari che coinvolge l’ex premier, Silvio Berlusconi. E anche “Repubblica” ricorda che si “avvicina il rito immediato” per il reato che vede il fondatore di Forza Italia imputato per corruzione e finanziamento illecito con il senatore Sergio De Gregorio e Valter Lavitola. E di corruzione si torna a parlare anche per il caso Penati, il politico del Pd coinvolto negli scandali in Lombardia, i cui reati sarebbero a rischio prescrizione proprio seguendo le nuove norme della legge anticorruzione varata dal parlamento. La cronaca su “Repubblica” a cura di Sandro De Riccardis.
Dalla corruzione si passa al gioco d’azzardo, fra dipendenze e rischi di infiltrazioni mafiose, con un approfondimento a cura de “L’Avvenire” che punta il dito sull’allarme riciclaggio, lanciato fra l’altro, da associazioni e operatori del settore ma anche dalla procura nazionale antimafia.
Un interessante articolo de “L’Unità”- invece – ci porta nel mondo degli ospedali giudiziari – strutture che dovranno esser chiuse il 31 marzo per legge. I millecinquecento degenti che fine faranno? Pare saranno suddivisi in parte in carcere, in parte in case di cura. Ma ancora il loro futuro non è chiaro, perché vi sono incertezze nell’interpretazione della legge e le strutture che dovrebbero accoglierli, non sono pronte .
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