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Malapolitica e narcotraffico

di Piero Innocenti il . Senza categoria

Nessuno sembra scandalizzarsi più quando si afferma che le mafie, in Italia e nel mondo, vivono, sono diventate strapotenti e si arricchiscono grazie alle protezioni e agli appoggi della politica. In realtà, é da oltre un secolo che criminali e politici fanno “affari” insieme. Ce lo ricordava, sin dal novembre del 1898, il questore di Palermo, Ermanno Sangiorgi, in un rapporto che scriveva di suo pugno, diretto all’autorità politica dell’isola e alla magistratura locale, sottolineando come “…i caporioni della mafia stanno sotto la salvaguardia di senatori, deputati ed altri influenti personaggi che li proteggono e li difendono per essere poi, a loro volta, da essi protetti e difesi; fenomeno questo che mi asterrò dal qualificare ma che ho il dovere di segnalare..”.

La situazione, da allora, non è sostanzialmente cambiata e le vicende giudiziarie italiane degli ultimi anni che hanno riguardato parlamentari, funzionari pubblici e uomini di Governo, ne sono la triste, tragica conferma. Né lo scenario internazionale appare più confortante. Il fenomeno è collegato oltre che al voto di scambio, anche alla dilagante corruzione operata dalle organizzazioni criminali, in particolare da quelle dei narcotrafficanti che dispongono di ingenti quantità di denaro sporco. Addirittura militano e promuovono, nascostamente (e nemmeno tanto) agenzie per il commercio delle droghe,  governanti, parlamentari, funzionari, agenti di polizia, militari e magistrati corrotti, uomini d’affari e banchieri che riciclano e investono il denaro.

Alcune vicende internazionali, passate e più recenti, meritano di essere segnalate (e magari ricordate) perché sono emblematiche della situazione di estremo degrado civile e democratico che vivono (o hanno vissuto) molti paesi e che dovrebbero essere di ammonimento per le generazioni future.  Nel 1989, il presidente di Panama, Noriega (estradato nel 2011 dalla Francia dopo alcuni anni di galera), fu arrestato, processato e condannato a 40 anni di carcere per narcotraffico. Pochi anni dopo, nel 1994, la vicenda riguardante il vice presidente Felipe Virzì, di origine italiana, gestore di un conto corrente bancario per conto del presidente Balladares, su cui erano stati accreditati 51mila dollari dal cartello di Cali per sponsorizzare la campagna elettorale presidenziale.

In Colombia,nel 1994,il presidente della Repubblica, Ernesto Samper Pizano, vince la seconda tornata elettorale grazie al “sussidio” di alcuni milioni di dollari ricevuti dal capo del cartello di Cali. Più recentemente, nel 2008 e 2010, una ottantina di parlamentari colombiani vengono arrestati (o indagati) per collusioni con i paramilitari e i narcotrafficanti.  Nel 2000 e 2001 lo scandalo che vede coinvolti il presidente del Perù, Fujmori (ancora agli arresti in una caserma alla periferia di Lima), accusato di aver ricevuto un milione di dollari dai narcos del cartello di Medellin e il suo “braccio destro” Montesinos, capo dei servizi segreti, un tempo considerato “l’eroe della lotta ai narcos”, risultato sul libro paga (50mila dollari al mese!) di Demetrio Chavez, noto narcotrafficante colombiano.

Nello stesso periodo, nella lontana Repubblica di Indonesia, la famiglia presidenziale rimase coinvolta in un’inchiesta sul traffico di eroina e armi.  Nel 2001 nella Repubblica delle Filippine una donna subentra alla presidenza a Joseph Ejecito Estrada, accusato di corruzione e di aver ricevuto denaro dai narcotrafficanti. In Nicaragua, nel 2002, termina il mandato presidenziale Arnoldo Aleman, meglio noto come “Gordoman”, per la sua ingordigia nella ricerca di profitti personali. Le indagini successive accerteranno che utilizzava un aereo, risultato rubato a Miami, anche per il trasporto di cocaina.

In Honduras, nel 2009, un golpe costringe all’esilio il presidente Zelaya sostituito da Roberto Micheletti,conservatore, ricco latifondista di origine italiana. Si accerterà che nella regione dello Yoro, in un’azienda di sua proprietà, metteva a disposizione piste di atterraggio per carichi di cocaina provenienti dalla Colombia e diretti negli USA. In Gambia, nel marzo del 2010, finiscono in carcere i vertici militari (Capo di Stato Maggiore e della Marina) e della Polizia (Capo dell’antidroga) perché coinvolti in traffici di droga.  In Guatemala, a cavallo tra il 2009 e il 2010, la magistratura ordina l’arresto di Ruben Dario Morales, ex presidente del Congresso e di Alfonso Portillo, ex presidente della Repubblica. Per entrambi l’accusa è di riciclaggio di denaro. In manette, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, Baltazar Gasser, capo dell’antidroga guatemalteca

Il Suriname, ex colonia olandese, è governata dal presidente Desi Bouterse, eletto nel giugno 2010, “ricercato” dalla magistratura olandese con un mandato di cattura internazionale per una condanna per traffico internazionale di droga. E’ lo stesso personaggio che, nel 1983, dopo aver assunto il comando dell’esercito, si fece promotore di un’organizzazione (nota come Suricarter) con alcuni commercianti e con il gruppo armato degli indios Tucaiana, per cospicue spedizioni di cocaina all’estero. In un rapporto presentato al Consiglio d’Europa nel dicembre 2010, viene messo sott’accusa il premier del Kossovo e leader del Partito Democratico, Hashin Thaci, ritenuto il “regista” di un’organizzazione criminale di trafficanti di droghe, di armi, di organi umani.

In Afghanistan, l’attuale presidente Karzai, secondo autorevoli fonti diplomatiche e dell’intelligence americane ( confermate da osservatori di altri paesi europei presenti nell’area),nel 2009, ha rimesso in libertà diversi trafficanti di droga, tra cui cinque agenti di polizia trovati in possesso di 124 kg di eroina perché parenti di due martiri della guerra civile e per favorire un importante uomo d’affari (Haji Amanullah)  suo sostenitore politico. Nel 2011, dopo la rivolta in Tunisia, il presidente Ben Alì è stato condannato ad una sessantina di anni per delitti vari, tra cui quindici anni per detenzione illegale di armi e stupefacenti.

Gli esempi di questo tipo potrebbero continuare anche se c’è da dire che, nella maggior parte dei casi segnalati, vi sono stati processi, condanne (anche esemplari) e pene scontate (realmente) in carcere. In Italia, viceversa, il sistema di garanzie vigente, le immunità riconosciute ai “rappresentanti del popolo”, le autorizzazioni da ottenere, gli accordi che si raggiungono, quando fa comodo, tra le varie parti politiche, per evitare gli arresti di parlamentari, richiesti dalla magistratura, la vischiosità dei legami che caratterizzano il mondo politico in generale, rendono straordinaria,mente difficile, per politici e  parlamentari, la via della… galera! Alla faccia del principio secondo cui “la legge è uguale per tutti”.

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