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Desaparecidos in Argentina, un problema d’identità: perché parlarne

di Sara Manisera il . Lombardia

 “Identità ritrovate”: questo il titolo dell’iniziativa che si è tenuta ieri a Milano a sostegno della ricerca dei giovani desaparecidos argentini. L’incontro, organizzato dalla collaborazione tra la presidenza del consiglio comunale di Milano e l’associazione “Rete per l’identità-Italia”, è stato accompagnato dalla proiezione del film “Verdades verdaderas. La vida de Estela”, un lungometraggio che racconta la storia di Estela Carlotto e delle nonne di Plaza de Mayo, donne forti e coraggiose, impegnate nella ricerca dei bambini desaparecidos, sottratti alle famiglie, durante la dittatura militare di Jorge Rafael Videla tra il 1976 e il 1983. Ad introdurre l’incontro Flavia Famà – referente in questa occasione per Libera Internazionale che, insieme ad Amnesty International, ha sposato la causa della Rete per l’identità – la quale ha ricordato al pubblico le spaventose cifre di questo genocidio; almeno 30.000 “desaparecidos” e circa 500 bambini rubati dalle braccia delle loro madri e affidati a famiglie vicine ai militari, se non ai militari stessi.

Un incontro che ha visto la partecipazione di Basilio Rizzo (presidente del consiglio comunale di Milano), di Giuliano Turone (ex magistrato), dell’avvocato delle “abuelas” per i processi in corso in Italia, Marcello Gentile, della giornalista del corriere della sera Alessandra Coppola ma sopratutto di Macarena Gelman e Manuel Goncalves Granada, due dei centootto “nietos” ritrovati dalla “Asociación Abuelas de Plaza de Mayo”. I due giovani, poco più che trentenni, sono la testimonianza vivente della grandissima opera condotta dalle nonne per la ricerca delle identità dei neonati sequestrati. Neonati, come ricorda l’avvocato Gentile, “a cui è stato tolto il diritto ad essere liberi fin dal momento della loro nascita, privandoli della loro storia e di ciò che più si ha di personale, ovvero l’identità”. E se da una parte vediamo i delitti e le violenze più impronunciabili, dall’altra parte ci sono le “abuelas” de Plaza de Mayo, le nonne che con il loro velo bianco rappresentano una delle forme più belle di non violenza. Sono state loro per prime, nel 1977, a scendere in piazza pacificamente. E sono state loro a costituire l’archivio biografico, una raccolta di oggetti, interviste e testimonianze di coloro che conoscevano i genitori di questi ragazzi, a cui è stata negata per anni la propria identità e che si spera, un giorno, possano riconciliarsi con il loro passato.

La ricerca dell’identità, associata a quella della verità, è la battaglia che sta portando avanti “l’Associazione Nonne della Plaza de Mayo”, insieme ad Amnesty International e Libera, non solo in Argentina e in Sud America ma in tutta Europa, compresa l’Italia, colpevole di silenzi perversi e opache complicità con gli uomini  della giunta militare durante gli anni della dittatura di Videla. Dal 1976 al 1981, infatti, numerosi sono stati gli spregevoli contatti tra esponenti della P2 e uomini della giunta militare iscritti alla loggia massonica, così come sono provate le altrettante visite e lettere di corrispondenza tra Giulio Andreotti, il dittatore Videla e l’ammiraglio Emilio Eduardo Massera – uno dei principali responsabili del golpe del 1976 – entrambi accusati di crimini contro l’umanità, per aver ordinato fucilazioni illegali, sparizioni, assassinii, torture, detenzioni illegali in campi di concentramento e sterminio, sequestri di minorenni e lanci di prigionieri vivi nell’oceano.

Si teme che alcuni dei figli dei “desaparecidos” siano stati adottati in Italia. Per questo l’importanza della rete; per diffondere il più possibile il grido silenzioso di dolore delle “abuelas de Plaza de Mayo” e per restituire l’identità malvagiamente sottratta a bambini innocenti. “Il presente non ha bisogno di essere difeso ma il passato sì”; così, con queste parole, l’avvocato delle nonne Marcello Gentili, saluta il pubblico visibilmente commosso.

Sara Manisera per Stampoantimafioso

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