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Malati di Slot Machine

di Giuseppe La Pietra il . Emilia-Romagna

«Essere superstiziosi è da ignoranti… ma non esserlo porta male». Così recitava Eduardo De Filippo e questo, probabilmente, è lo specchio in cui si riflettono gli italiani brava gente, italiani dal cuore d’oro, proni a consumare se stessi e i loro guadagni, capaci di trascorrere pezzi della vita davanti ad una slot machine, seduti al tavolo di un sala Bingo, dinanzi ad un pc per una partita di poker. Sembra essere tutto a portata di mano, con un grattino o un click, schiacciando un tasto. La vittoria è lì, sta per arrivare, magari solo per un numero, in realtà sono infinitesimali le possibilità della grande vincita. Messaggi promozionali, di induzione al gioco costruiti ad arte. Il bombardamento mediatico sul gioco d’azzardo è imponente, la “potenza di fuoco” sprigionata da marketing e comunicazione enorme: nel solo primo semestre 2012 in Italia sono stati spesi 70 milioni di euro in pubblicità, il doppio rispetto a quelli dell’intero 2009. È il nostro Paese a detenere il record sul gioco d’azzardo, primo mercato al mondo nei gratta e vinci: nel 2010 sono stati comprati il 19% dei biglietti venduti al mondo. A livello pro capite abbiamo il triplo delle VLT (video lottery) degli USA e pur rappresentando l’1% della popolazione mondiale, il bel Paese ha il 23% del mercato mondiale del gioco online. Dati da brivido, dietro i quali si nascondono i volti della porta accanto, del collega di lavoro, dell’amico di ogni giorno, uomini, donne, anche ragazzi minorenni (benché il gioco d’azzardo sia vietato ai minori di anni 18). Quali siano gli interessi economici, politici e criminali nascosti dietro l’industria del gioco d’azzardo, così come quale problema sociale e quanto sia in crescita la dipendenza, è stato affrontato in un incontro pubblico tenutosi il 5 febbraio a Felino (Pr), promosso da Libera Parma e dall’amministrazione comunale. A condurre la discussione Matteo Iori, presidente del CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo) e dell’Associazione onlus “Centro sociale Papa Giovanni XXIII” di Reggio Emilia. Un fiume in piena Iori, nero su bianco fa scorrere dati, cifre, elementi fondamentali per una prima conoscenza informativa di questo fenomeno che sta mettendo in ginocchio intere famiglie italiane. Una realtà, quella del gioco d’azzardo, vertiginosamente in ascesa, priva di crisi e attribuibile agli impulsi generati delle manovre economiche.

Dalla metà degli anni 90 tutti i Governi hanno costantemente introdotto nuove offerte di gioco d’azzardo pubblico andando a colpire in modo violento, come afferma la Corte dei Conti nel rapporto 2011: “le fasce sociali più deboli, chi è legato al desiderio di comprarsi un sogno”. Amaro, con scarsissime possibilità studiate ad hoc per essere realizzato e con maggiori probabilità di sfociare in una vera e propria dipendenza, colpendo, secondo i dati Eurispes, il 47% degli indigenti, il 56% degli appartenenti al ceto medio basso, il 66% dei disoccupati chiamati a pagare un prezzo alto, non solo economico. Ci sono autorevoli ricerche in grado di dimostrare come i dipendenti da gioco d’azzardo siano molto più a rischio della media per depressioni e suicidi, famiglie che si sfaldano più facilmente (6-8% delle separazioni causate da debiti di gioco), persone oneste, prese dalla vorace ricerca di soldi, trasformarsi in ladri. Il problema è di complessa gestione, va indubbiamente contrastato. La nostra Regione provvede a mettere in atto una campagna informativa, una locandina che fornisca i riferimenti utili per chi ha bisogno di aiuto: “Il gioco d’azzardo patologico è una malattia che si può curare, chiama gratuitamente il numero verde del Servizio sanitario regionale 800 033 033”. Sul versante ducale, l’Osservatorio della ASL di Parma sulle dipendenze afferma come dal 2007, l’accesso ai Ser. T. provinciali di giocatori patologici abbia segnato un aumento progressivo, tale da registrare nel 2011 un significativo incremento dei pazienti in cura, passati dai 24 del 2009 ai 62 del 2011, con un aumento vertiginoso dell’uso delle slot machines, tipologia di gioco primario più diffusa tra le persone in carico. A Reggio Emilia, l’associazione papa Giovanni XXIII che dal 2000 gestisce interventi di aiuto e trattamento per giocatori d’azzardo al momento segue 618 giocatori rispetto a 1028 richieste. Tra questi, molti provenienti da Parma e dintorni, non sempre collegati con il Ser.T del luogo di origine, vuoi per riservatezza o per altri motivi. Parma, oltre alla possibilità di recarsi al Ser.T e a fronte di una crescita esponenziale di locali e macchinette date in gestione, sembra non essere in grado di offrire altro al momento. Una città inerme, stordita dal fenomeno, ancora poco attenta alla gestione dei rischi della dipendenza da gioco d’azzardo, “una forma morbosa chiaramente identificata e che, in assenza di misure idonee d’informazione e prevenzione, può rappresentare, a causa della sua diffusione, un’autentica malattia sociale” (Organizzazione Mondiale della Sanità).

E mentre la malattia avanza e la cura è ancora debole a Parma, ogni giro di slot non cessa di generare soldi e di far gola anche alle organizzazioni mafiose: agenzie di scommesse abusive, sale Bingo, Casinò, Contraffazione di gratta e vinci e, non ultimo, il gioco d’azzardo come strumento efficace per riciclaggio di denaro sporco. Il meccanismo è semplice, un esempio: basta conoscere qualche rivenditore che convinca i giocatori a recarsi da lui col tagliando vincente a ritirare il premio. In questo modo, il giocatore riceverà il denaro in contanti, magari con una piccola aggiunta per la disponibilità, senza dover attendere i tempi previsti dalle legge e senza il timore di verifiche fiscali. Il rivenditore riceverà così il tagliando vincente da cedere a chi, dovendo ripulire gli illeciti fuoriusciti potrà depositare in banca un entrata legale. Un altro episodio che ha coinvolto direttamente il nostro territorio regionale e locale, riguarda quello delle mani della ndrangheta sul mercato delle slot machine. Lo scorso 23 gennaio, infatti, nel corso dell’operazione “Black Money” coordinata in tutto il Paese dalla DDA della procura di Bologna, sono state arrestate 29 persone, 150 indagati, 120 perquisizioni e sequestri per 90 milioni di euro. Tra i locali finiti sotto inchiesta anche uno di Parma. Il capo bastone dell’intera organizzazione, in grado di mettere in piedi un impero economico basato sul gioco d’azzardo e sul filo ambiguo tra legalità-illegalità e finito sotto altre inchieste della magistratura fin dal 2003, è Nicola Femia, detto “Rocco”, ma, per gli amici degli amici “u curtu”, nomignolo che rende bene l’idea di quale statura sia dotato il boss. “U curtu” si era reso protagonista anche delle minacce di morte indirizzate al giornalista Giovanni Tizian, che con le sue inchieste aveva acceso i riflettori proprio sul rapporto tra ndrangheta e gioco d’azzardo e che oggi è costretto a vivere sotto scorta. A Femia l’arresto è stato notificato nel carcere di via Burla dov’è detenuto e insieme a lui sono stati arrestati anche la figlia Guendalina e il figlio Rocco Maria, mentre il 24 gennaio, giorno successivo all’operazione “Black money”, a Roma viene ucciso Vincenzo Femia, fratello di Nicola. I Femia sono esponenti della cosca di San Luca, conosciuta per la strage di Duisburg in Germania nel 2007, dove in un ristorante italiano furono uccisi cinque calabresi.

*Giuseppe La Pietra per “Il nuovo di Parma”

(Per info e approfondimenti: www.libera-mente.org; AA.VV., Ma a che gioco giochiamo?, Ed. A Mente Libera)

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