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Gli “ingoiatori” di droghe

di Piero Innocenti il . Internazionale, Senza categoria

Continuano ad essere molteplici e “stupefacenti” i sistemi che vengono utilizzati nello mondo del narcotraffico internazionale, un mercato che non sembra conoscere la crisi che caratterizza gli altri settori. Basti pensare che, anche nel decorso 2012, le forze di polizia territoriali e le dogane, solo in Italia, hanno sequestrato, complessivamente, più di cinquanta tonnellate di droghe (dato ancora provvisorio a fine gennaio 2013), di cui oltre 41 ton. di cannabis, 5 ton e mezza di cocaina e circa 800 kg di eroina, con un incremento di oltre il 25% rispetto al 2011 quando furono sequestrate poco più di 39 ton. di droghe.

In tema di occultamento e trasporto degli stupefacenti, i trafficanti italiani di droghe hanno dovuto  imparare dai più esperti e ingegnosi “colleghi” colombiani. Qualche anno fa, in Colombia, si scoprì il primo caso (ma chissà quanti ne erano passati e ne sono passati poi) di un chilogrammo di cocaina, confezionata in piccoli “cilindri”, sistemata nell’addome di un cane attraverso una piccola incisione, poi suturata. Nell’estate del 2012, a Pontedera (Pisa), si era intercettata, in analoga “sistemazione”, circa un chilogrammo di “polvere” in un esemplare di “dogue de bordeaux”. Spacciatore e veterinario sono stati denunciati anche per maltrattamento di animali, ma non c’è dubbio che questa modalità di trasferimento della droga sia stata una novità nel  panorama del narcotraffico italiano.

Un sistema che, oltretutto, richiede tempo per l’attuazione perché, dopo l’intervento chirurgico, bisogna attendere che la ferita cicatrizzi ed il pelo dell’animale ricresca (mediamente da uno a due mesi). Prima che nel corpo dei cani, un tale sistema era stato adottato usando i glutei per lo più femminili. Infatti, sono stati intercettati corrieri ( solitamente donne di grossa corporatura), che trasportavano cocaina, appositamente confezionata e  occultata, con un intervento chirurgico nelle suddette zone grasse .

Tradizionalmente, in effetti, il “caricamento” intracorporale di ovuli contenenti droga avviene con le persone che, nella maggior parte dei casi ,  li ingoiano. Si tratta di veri e propri “narco-corrieri”, chiamati anche “ovulatori”; in lingua spagnola “mulas” (asini), “correos humanos”( posta umana), o, per usare un’espressione anglosassone “body packers”. Sono, a ben vedere, gli emulatori di pratiche antiche come, per esempio, l’occultamento rettale di diamanti ad opera dei minatori del Transvaal, quello di microfilm durante la “guerra fredda” o di banconote appositamente arrotolate e confezionate.

Il fatto rilevante è che si sta registrando un aumento considerevole di tali modalità di occultamento e trasporto delle droghe perché il sistema è, allo stesso tempo, meno dispendioso sul piano organizzativo e logistico (si pensi al coinvolgimento di agenzie commerciali disposte a nascondere droga nei loro carichi o all’esigenza di individuare rotte sempre diverse e di corrompere agenti e doganieri), meno rischioso perché il carico è sottratto al fiuto dei cani antidroga e, infine, perché ormai è straordinaria l’offerta di manovalanza (a prezzi sempre più convenienti) e questo compensa la quantità relativamente ridotta che ciascun corriere può trasportare. Tanto più che, per uno che può essere intercettato ne passano a decine.

In genere, infatti, sono un nutrito drappello ( anche più di venti per volta ) i “narco-corrieri” che si imbarcano sullo stesso aereo per lo stesso “committente” e, spesso, è proprio costui che segnala, anonimamente, alla polizia di frontiera, uno di loro per farlo arrestare. Questo stratagemma comporta il “sacrificio-perdita” di uno (con il relativo “carico”), ma così facendo vengono distratti (e superati) i servizi di controllo aeroportuali a vantaggio di tutto il restante gruppo di corrieri.  Nel corso del 2011, la polizia “antinarcoticos” in servizio presso l’aeroporto di Bogotà ha intercettato più di cento corrieri umani di cui venticinque donne.

Dal Messico, in particolare, si registra un aumento di “mulas” diretti in Italia. Nel triennio 2009/2011, sul territorio nazionale, sono stati individuati complessivamente quindici trafficanti messicani. Nel 2012, invece, sono stati arrestati almeno una ventina di narco-corrieri messicani negli aeroporti di Roma (10), Verona (2), Palermo (6) e Milano (2). Oltre sessanta i chilogrammi di droga complessivamente sequestrati. E’ un’ulteriore conferma del fatto che i collegamenti della ‘ndrangheta con il cartello dei Los Zetas messicani si sono andati sempre più rinsaldando negli ultimi quattro anni.

Questo tipo di “commercio” si sviluppa dai paesi produttori (Colombia, Bolivia, Perù, Messico, Sud Est Asiatico)  verso i grandi mercati americano ed europeo. Da ultimo, sembra promettente anche quello africano. Gli involucri contenenti la droga sono di materiali vari (gomma, plastica, lattex, cellofan, nastro isolante), spesso si utilizzano anche i comuni preservativi, e possono essere introdotti per via rettale, orale o vaginale. Si tratta, come è intuibile, di operazioni “delicate”. Gli ovuli introdotti per via rettale, per esempio, sono sospinti verso le zone del grosso intestino per renderne impossibile la localizzazione attraverso una eventuale esplorazione manuale.

Non di rado gli “ovulatori” assumono medicinali per evitare la peristalsi. La presenza di ovuli nell’addome viene rilevata solo da un esame radiografico. La rottura degli involucri può determinare gravissime complicazioni (occlusione intestinale, overdose) che possono portare alla morte in tempi rapidi. Quando le circostanze lo hanno reso possibile, gli organizzatori delle spedizioni non si sono fatti scrupoli per recuperare gli ovuli all’interno dei cadaveri, squartandoli anche con strumenti rudimentali.

Le “confezioni” variano dagli otto centimetri, per quelli trovati nel tubo digerente, ai sedici centimetri per quelli localizzati nella vagina. Con tale sistema si arriva a trasporti singoli anche di oltre un chilo e mezzo di droga, tenendo presente che ciascun corriere può ingoiare un numero di ovuli (di una decina di grammi ciascuno) che, mediamente, oscilla tra i settanta ed i cento. Naturalmente non ci si improvvisa “ingoiatore” di  droghe illegali e l’abilità nel confezionare e nell’ingoiare gli ovuli, senza entrare in contatto diretto con la droga, si acquisisce attraverso veri e propri corsi di addestramento.

Almeno da una quindicina di anni è sorta una “scuola” di addestramento a Pereira (regione al centro della Colombia), dove giovani ( e meno giovani), seguono un “master” di un mese circa a base di diete, psicoterapia ed esercizi fisici per irrobustire i muscoli addominali. Lo stomaco ( nell’ambiente dei narcos è chiamato “maleta” cioè “valigia”) viene, così, abituato a ricevere e custodire gli ovuli di droga con l’introduzione di acini di uva, pezzi di carota interi o piccole capsule di latte in polvere.  L’ovulatore, generalmente una persona di basso livello socio economico, non è di solito un consumatore di droga, non viaggia quasi mai da solo, è normalmente di sesso maschile, di struttura fisica alta e robusta (l’organismo ha maggiori capacità ricettive di ovuli), sui trent’ anni, anche se, come accennato, sono stati intercettati  corrieri giovanissimi, persino minori, e persone anziane.

La retribuzione varia in relazione agli ovuli ingoiati. Per un centinaio, equivalenti a circa un chilogrammo di droga, si può guadagnare da due ad un massimo di 4 mila euro a viaggio. I corrieri più esperti, in genere, fanno viaggi più lunghi, negli Usa e in Europa, mentre alle “matricole” vengono affidati viaggi nazionali o in ambito Centro-Sud America. Durante il viaggio in aereo non si deve consumare cibo, ma bisogna fingere di farlo per non destare sospetti del personale di bordo.  Un altro sistema “intracorporale” per il trasporto della droga fu scoperto pochi anni fa dalla polizia colombiana.

Si trattava di inserire sotto la pelle (generalmente di uomini) la cocaina “spalmata” in modo che fosse ben aderente, attraverso un intervento chirurgico specialistico praticato in due “cliniche” clandestine a Bogotà e Medellin. I corrieri, così “equipaggiati”, partivano, quindi, alla volta del Brasile, degli Usa e dell’Europa.   Altra figura è, invece,  il “body stuffer”  chiamato anche “mini packer” (“piccolo imballatore”), il quale, solo in specifiche circostante di tempo e di luogo, alla vista di agenti di polizia, per evitare l’arresto o, comunque, problemi giudiziari, impulsivamente ingoia la droga confezionata in involucri preparati alla meglio. In questi casi si tratta di “pesci piccoli” del narcotraffico (o semplici consumatori).

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