Pirati d’Africa, le strategie dell’Onu
Pirati del mar dei Sargassi? No, del golfo di Guinea, in Africa Occidentale. Sono la nuova minaccia che rischia di compromettere la già instabile regione del continente sub-sahariano, già colpito delle mafie transnazionali che ne hanno fatto un hub del traffico internazionale di droga. Il pericolo è concreto e ne è stato investito il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
I paesi che si affacciano nel golfo di Guinea, tra crisi, golpe, guerre civili e povertà endemica, negli ultimi anni hanno trovato un filone prezioso che può aprire loro la strada verso uno sviluppo economico a due cifre. I nuovi giacimenti di petrolio e gas naturale individuati in alto mare sono un potenzialità di sviluppo enorme. Tuttavia, sono anche il bersaglio di gruppi criminali specializzati nella pirateria, così come lo sono le imbarcazioni mercantili che garantiscono il commercio marittimo dell’intera area.
«Il fenomeno – sottolinea Said Djinnit, segretario dell’Unowa, l’ufficio delle Nazioni Unite per l’Africa Occidentale – ha un impatto potenziale significativo sul progresso economico sia dei paesi costieri che di quelli che non hanno sbocchi marittimi, così come rischia di interrompere le rotte commerciali marittime internazionali che attraversano la regione». Parlando alla riunione del Consiglio di Sicurezza del’Onu lo scorso 23 gennaio Djinnit non ha ridimensionato il problema. Le Nazioni Unite, nel corso degli anni passati, hanno affrontato la questione invitando gli stati del golfo di Guinea – Camerun, Nigeria, Giunea Equatoriale, Ghana, Sao Tomè e Principe, Togo, Benin, Costa d’Avorio – ad intervenire per garantire l’adeguata difesa delle coste e dei traffici marittimi, in collaborazione con le agenzie dell’Onu.
Nella risoluzione 2039 del 29 febbraio del 2012 si legge che: « (l’Onu, ndr) Incoraggia gli Stati del golfo di Guinea, l’Ecowas, l’Eccas e la Ggc, a sviluppare e implementare centri di coordinamento per la sicurezza marittima trans-regionale e trans-nazionale che coprano l’intera regione del golfo di Guinea, basati su iniziative esistenti, quali quelli sotto l’egida dell’Organizzazione marittima internazionale». La stessa risoluzione, tuttavia, invitava i partner internazionali dei paesi del Golfo a contribuire per realizzare quanto richiesto dal Consiglio di Sicurezza.
Già, perché a fronte di gruppi di pirati fortemente organizzati, gli stati del golfo di Guinea non hanno gli strumenti necessari per ripristinare la propria autorità sui mari. Anzi, la situazione è preoccupante. L’International Crisis Group, nel rapporto pubblicato lo scorso dicembre dal titolo “The Gulf of Guinea: the new dangerous zone”, descrive in termini allarmanti le condizioni in cui versano le flotte militari della regione.
«Sebbene l’attitudine degli Stati verso le proprie acque territoriali è cambiata dalla recente scoperta del petrolio – si legge nello studio – pochi hanno allocato sufficienti risorse per elaborare politiche marittime. Infrastrutture portuali a parte – continua il rapporto dell’International Crisis Group – le flotte mercantili e militari rimangono sottosviluppate e solitamente simboliche. Non è quindi sorprendente vedere il vuoto colmato da criminali e pirati, che sono più avvezzi a stare in mare rispetto alle navi degli Stati costieri».
Un’impresa non facile quella di organizzare un’efficiente strategia di contrasto da parte degli stati costieri del golfo di Guinea, considerando le difficoltà strutturali da affrontare e risolvere. I tentativi dell’Unowa, supportata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di pianificare una risposta comune agli stati interessati dalla minaccia è importante, ma sicuramente avrà dei tempi lunghi. Mentre i pirati continuano a saccheggiare petrolio, gas naturale e quanto di prezioso trasportano le grandi navi che attraversano il Golfo, i tempi dell’azione internazionale restano lunghi.
«Sono lieto di comunicare – sottolinea Djinnit alla riunione del Consiglio di Sicurezza del 23 gennaio scorso – che è stato deciso di organizzare una conferenza ministeriale degli Stati del golfo di Guinea in Benin, a marzo, che sarà seguita da un summit dei capi di Stato a Yaoundé, si spera in aprile, per avviare il processo di messa a punto del quadro strategico per il contrasto alla pirateria e al crimine organizzato marittimo». I tempi, purtroppo, sono ancora lunghi.
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