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Confiscare i beni ai corrotti

di Giuseppe La Pietra il . Emilia-Romagna

 “Money, it’s a gas, grab that cash with both hands and make a stash…”.  Così recitava il popolare brano musicale dei Pink Floyd. “Soldi, sono uno spasso, prendi quel denaro con entrambe le mani e fanne un gruzzolo”. Prelevalo dalle tasche dei cittadini parmigiani e trasformalo in beni immobili, conti correnti, quote societarie auto, bidoncini per la raccolta differenziata da distribuire in campagna elettorale, così che la politica, ancora una volta, potrà essere affiliata alla spazzatura. Soldi.  A Parma, da giugno 2010 a febbraio 2013 sono diventati Green (1 e 2), Easy, Spot e Pubblic, ovvero, operazioni giudiziarie di contrasto alla concussione a alla corruzione. Un valido contributo, in grado di far slittare l’Italia nel 2012 dal 69mo al 72mo posto della graduatoria stilata da Trasparency International compilata sulla base della percezione della corruzione da parte dei cittadini. Tra i Paesi membri dell’unione europea l’Italia è terz’ultima, dietro di lei solo Bulgaria e Grecia. E così, la corruzione, profonda ferita inferta alla democrazia, assume sempre più la forma di un male endemico del nostro Paese, avendo ormai essa il peso economico di una manovra finanziaria.

Il costo generato da tale fenomeno è pari all’incirca a 60 miliardi che vengono sottratti al circuito economico e fiscale del Paese, una tassa occulta che pesa su ciascun cittadino tra gli 850 e i 1000 euro, neonati inclusi. Secondo autorevoli studiosi del settore, se non si verificasse la piaga della corruzione, l’Italia avrebbe risorse sufficienti per annullare tasse come l’Imu, per la quale le casse erariali raccolgono 4 miliardi di euro. Per non parlare dei servizi ai cittadini, che potrebbero essere incrementati da nuovi e migliori elementi dei quali ne beneficerebbe la collettività, invece di trovarci alle prese con aumenti delle rette scolastiche, tagli sui servizi sociali. Lo smarrimento che si diffonde dinanzi ad un appalto mancato perché qualcuno, sottobanco, ha pagato di più o davanti ad un concorso per l’assunzione “deciso a tavolino”, porta a non fidarsi più della macchina statale e di chi dovrebbe amministrare a servizio del bene comune. Riassumendo alcuni concetti fondamentali contenuti nella relazione della presidente di Trasparency Italia Maria Teresa Brassiolo, il vulnus della corruzione grava sul Pil e respinge possibili investimenti dall’estero, rallentando così la produttività. Inoltre implica uno spreco di denaro pubblico, ossia di risorse finanziarie che altrimenti spese potrebbero migliorare i servizi erogati dallo Stato. Una sintesi di tutto ciò è che sia Parma che l’Italia sono gravemente malate.

Nel 2011, con la campagna “Corrotti” promossa da Libera e Avviso Pubblico sono state raccolte un milione e duecentomila firme, consegnate al Presidente Napolitano per chiedergli di intervenire, nelle forme e nei modi che avesse ritenuto più opportuni, affinché il governo e il parlamento ratificassero quanto prima e dessero concreta attuazione ai trattati, alle convenzioni internazionali (es. quella di Strasburgo) e alle direttive in materia di lotta alla corruzione nonché alle norme, introdotte con la legge finanziaria del 2007, per l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti. E l’esempio ducale potrebbe rendere l’idea di cosa verrebbe a significare tutto ciò per il nostro Paese. A Vignali, Villani, Buzzi e Costa sono stati sequestrati preventivamente beni per un ammontare di 3, 5 milioni di euro. Ora, se al termine dell’iter giudiziario fossero ritenuti colpevoli e venisse confermato il sequestro e quindi la confisca dei loro beni, questi potrebbero essere restituiti ai cittadini di Parma, similmente a come avviene già per quelli confiscati alle mafie. Purtroppo, almeno per il momento non potrà essere così. La legge contro la corruzione proposta dal Ministro Severino è quasi inutile. Non c’è l’autoriciclaggio, cioè “l’attività di chi occulta i proventi dei propri crimini”. E una norma simile esiste invece in tutta l’Europa. Il voto di scambio (quello di cui si sarebbe servito con la ‘ndrangheta l’ex assessore del PDL nella giunta Formigoni in Lombardia Zambelli) è punibile solo se il politico lo paga in contanti ma non se lo compra (come avviene di solito) con assunzioni, appalti e favori. La legge della Severino, inoltre, non interviene sul reato del falso in bilancio, svuotato del suo effettivo contenuto dalla legge berlusconiana del 2002. Tutti favori fatti alle mafie, nuovi ambiti in cui si possono inserire con i loro traffici illeciti; oltre a continuare in quei mercati dove fanno affari da decenni, perché la corruzione è uno dei volti della mafia. Forse per questo, in quell’incrocio perverso tra amministrazione del Comune e controllo capillare dell’opinione pubblica attraverso il quotidiano locale Polis, dalle intercettazioni risulta che l’ex sindaco Vignali venisse chiamato il papa. Un gergo scimiottato degli ambienti mafiosi. Papa era il modo in cui veniva chiamato Michele Greco, capo della cupola di Cosa Nostra fra gli anni 70 e 80. Certo, se un episodio del genere fosse accaduto in una città del sud, questa rete «ben oliata con soldi pubblici per gestire il potere, controllare giornali e rimanere in sella» per mettere le mani sulla città e colpirne la sua dignità avrebbe assunto un altro nome. Leggendo attentamente le inchieste che negli ultimi due anni hanno portato Parma alla ribalta nazionale ed Europea per essere affiliata alla corruzione, così come la conoscenza di altri episodi legati più strettamente alla presenza della criminalità organizzata in città e provincia, cercando di avere una visione d’insieme ben oltre la cronaca, è invece possibile comprendere, contrariamente a quanto affermato dal sindaco Pizzarotti sull’Huffington post Italia, come invece, purtroppo, «l’incubo fosse di queste proporzioni».

Dinanzi ad un simile scenario drammatico la parola e la penna tornano al cittadino. Ciascuno, facendo la sua parte può contribuire al cambiamento di questa deriva etica e politica. Fra le molteplici possibilità d’impegno reale per il contrasto alla corruzione, uno potrebbe essere quello di aderire al alla campagna contro la corruzione “Riparte il futuro”, promossa da Libera e dal Gruppo Abele. «Firmare per metterci in gioco noi e chiedere di mettersi in gioco a chi si è candidato – afferma don Ciotti – . Creare insieme un nuovo patto: la lotta alla corruzione ha bisogno di graffiare le coscienze degli uni e degli altri in modo chiaro, pulito e trasparente. Un atto di democrazia».

 

L’articolo a cura di G. La Pietra è stato pubblicato sul settimanale “Il nuovo di Parma”

 

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