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La «meglio gioventù» a Borgo Sabotino

di Norma Ferrara il . Lazio, Progetti e iniziative

«… Ciao sono Paolo, sono qui per darvi una mano, cosa posso fare?». Arrivano così, alla spicciolata per tutto il giorno ragazzi e ragazze che, dopo l’ennesimo atto che ha danneggiato il bene confiscato a Borgo Sabotino, in provincia di Latina, hanno scelto di respingere con l’impegno concreto le continue minacce e gli attentati alla tensostruttura. «C’è da mettere a posto la casetta di legno che vedi laggiù, Paolo, l’hanno buttata per terra…». «E noi la tiriamo su.. – risponde Paolo».

Senza sosta dalla mattina sino al tardo pomeriggio una trentina di giovani e associazioni hanno ripulito questo ex camping,  oggi Villaggio della legalità dedicato a Serafino Famà, avvocato catanese ucciso dalla mafia a Catania. Con loro, anche la figlia di Serafino, Flavia, che non si ferma un attimo, fa su e giù dalla scala che permette di raggiungere pareti, finestre e porte del grande capannone. Trasporta materiali, lava,  tiene allegro il gruppo che fra una canzone e uno “sfottò” rimette “in piedi”, con riparazioni e pulizie, questo luogo simbolo di legalità per il paese.  «Ancora una volta hanno agito nella notte – ci racconta Flavia – appiccando l’incendio  in due diverse parti della struttura». Se il villaggio della legalità c’è ancora lo si deve alla pioggia che ha spento le fiamme.

«Le intimidazioni e i danneggiamenti appartengono a quella cultura che blocca l’economia e lo sviluppo del nostro Paese –  ha scritto Libera in questi giorni. La nostra è la cultura del noi, della giustizia sociale e della legalità. Per questo motivo ripartiremo con rinnovata responsabilità».

Più loro attaccano e distruggono, più la risposta dei cittadini si allarga sino a coinvolge i paesi vicini e il territorio della provincia.  E chissà come li avrebbe raccontati i ragazzi di Borgo Sabotino, il giornalista e scrittore Pippo Fava ucciso il 5 gennaio di 29 anni fa a Catania. Lui, che da intellettuale e cronista la mafia l’aveva narrata nella sua città e che fra i primi aveva denunciato  la capacità  d’espansione dei clan che in questi anni hanno messo radici in tutto il resto del Paese, infiltrando economia e amministrazioni pubbliche. Anche nel Lazio.   A Borgo Sabotino la giornata volge al termine nel tardo pomeriggio. Il bene è di nuovo “in piedi”.

L’immagine finale è da “meglio gioventù”. Prima di andare via ci si scambia i contatti, si fanno due chiacchiere e ci si dà appuntamento alle prossime iniziative in programma. Si, perché a giudicare dalla soddisfazione che si legge sui volti, neri di fuliggine ma sorridenti, dei volontari di Borgo Sabotino, chiunque voglia continuare a danneggiare questo bene confiscato dovrà fare i conti con la loro tenacia e quella di tanti altri che da tutta Italia hanno fatto arrivare il loro sostegno scegliendo questo luogo per le attività di volontariato e impegno antimafia.

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