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Le mafie messicane alla fine del 2012

di Piero Innocenti il . Internazionale, Senza categoria

In Messico, negli ultimi sei anni, la realtà criminale ha superato l’immaginazione più pessimista. A fine 2011 gli omicidi collegati alla criminalità organizzata, in particolare a quella del narcotraffico, avevanosuperato quota dodicimila. L’anno prima si erano registrati oltre tredicimila omicidi. Nei sei anni della presidenza Calderon (il suo mandato è terminato il primo dicembre di quest’anno, con Enrique Pena Nieto, del PRI, che ha vinto le elezioni di luglio), le statistiche annotavano 51.918 omicidi al 31 dicembre 2011 (dati del Centro Nazionale di Pianificazione,Analisi e Informazione per il Contrasto alla Criminalità). A questi vanno sommati i circa quindicimila del 2012 ( ai primi di dicembre). Un bilancio di morte che non ha paragoni nel mondo. La spietatezza e la brutalità con cui vengono commessi lascia sgomenti. Si parla di “arruolamenti” nei cartelli dei narcos di macellai e chirurghi per decapitare cadaveri ( almeno493 le “teste mozzate” nel 2012), smembrare corpi, mutilandoli per poi appenderli come sacchi della spazzatura sui cavalcavia delle piccole egrandi città. Trofei da esibire, per intimidire e far capire a tutti chi realmente comanda nelle città. Le mafie messicane hanno fatto ricorso, in diverse situazioni, alle autobombe ( alcuni osservatori americani ed europei presenti nell’area, iniziano a parlare di narcoterrorismo) e amassacri di massa: gli ultimi a Veracruz, tra la fine di settembre e i primi di ottobre, con una settantina di persone assassinate nella lotta tra il temibile cartello dei Los Zetas e i Matazetas ( si tratterebbe di un gruppo di narcos affiliati alla “Nueva Generation” del cartello di Jalisco ).

 

Il controllo del territorio da parte della criminalità è pressoché totalenonostante il consistente impiego di reparti dell’esercito e importanti operazioni che hanno portato, nel corso del 2011 e del 2012, alla cattura di capi e  capetti dei vari gruppi di narcos, con il sequestro di ingentissimi quantitativi di droghe, di armi, munizioni e materiale logistico anche sofisticato. Tra le “perdite” più significative subite dai narcotrafficanti vanno menzionate quelle: a) dei Los Zetas che il 19 gennaio e l’8 dicembre 2011 hanno visto finire in manette, rispettivamente, Flavio Mendez Santiago ( El Amarillo) e Raul Lucio Hernandez Lechuga (El Lucky), entrambi ritenuti tra i fondatori del temibile cartello;b) della Familia Michoacana, il cui leader, Josè de Jesus Mendez Vargas (El Chango Mendez) viene catturato il 21 giugno 2011 ad Aguascalientes;c) di Juarez, che vede morire, in un conflitto a fuoco con i federali, il 22 febbraio, uno dei capi più ricercati, Luis Humberto Peralta Hernandez; d)del cartello del Golfo che, nell’arco di un mese, tra la fine di ottobre e il 29 novembre 2011, “perde” esponenti di spicco come Ezequiel Cardenas Rivera (El Junior), figlio del più noto leader “Tony Tormenta” e (catturato nel Texas) Rafael Cardenas Vela, cugino di Osiel Cardenas Guillem e, per ultimo, il 12 settembre 2012, Jorge Eduardo Costilla Sanchez (El Coss).I cartelli dei narcotrafficanti sono aumentati di numero negli ultimi anni e, con la  presenza di queste ulteriori organizzazioni criminali, sono aumentate le lotte per il possesso di segmenti dei mercati esteri, delle rotte, degli spazi ritenuti vitali per esercitare il potere criminale. E’, probabilmente, iniziato anche in Messico quel processo di “polverizzazione” che portò in Colombia, alla fine degli anni Novanta, alla scomparsa graduale dei grandi cartelli di narcotrafficanti (di Medellin, di Cali, di Bogotà, di Pereira, della Guajira) e alla nascita dei “cartelitos”.Ancora oggi, in Colombia, a parte il cartello del Nord del Valle (che conserva, sia pure in forma ridimensionata, l’articolazione che fu dei grandi cartelli) e le FARC (formazione guerrigliera che controlla, in alcune regioni, le coltivazioni e il traffico di coca), il commercio delle droghe è esercitato da gruppi di criminali minori ( “bande criminali”secondo le analisi della Polizia Nazionale colombiana) noti come Los Paisas, los Urabenos, los Rastrojos, La Oficina de Envigado, los Macacos.

 

In Messico, accanto ai ben noti cartelli, alcuni dei quali ben strutturati ( Sinaloa,  los Zetas, del Golfo, la Familia Michoacana,  Juarez), altri un po’ meno (quello di Tjiuana, dei Valencia, di Colima, di Oaxaca, di Jalisco, dei Beltran Leyva), sono emersi, nel corso del 2011 e 2012, altri raggruppamenti, (a volte nati da spaccature interne) come quello di Jalisco Nueva Generation, noto anche come Matazetas, dei los Caballeros Templares ( una “costola” della Familia Michoacana), il cartello del Pacifico del Sud ( alla cui guida ci sarebbe tale Julio de Jesus Radilla Hernandez  meglio noto come El Negro) ritenuto il successore del cartello dei Beltran Leyva, infine il cartello Indipendente di Acapulco. Ci sono, poi, diversi altri gruppi di narcotrafficanti, meno strutturati, che contribuiscono a rendere il mercato delle droghe continuamente “effervescente” ( il Procuratore Generale della Repubblica, a metà dicembre 2012, ha parlato di una presenza complessiva di una sessantina di organizzazioni piccole e mediane). Va ricordato che i cartelli hanno anche diversificato le loro attività “istituzionali”, aggiungendo al tradizionale commercio delle droghe quello delle estorsioni in danno di commercianti, dei sequestri di persona ( nel corso del 2011, a luglio e novembre, sono “scomparsi” due cittadini italiani a Puerto Escondido e a San Luis Potosi, mentre altri due connazionali sono stati sequestrati e rilasciati a Veracruz e Baja California), della tratta di migranti (su quest’ultima, odiosissima, attività, i Los Zetas esercitano un dominio quasi assoluto).

 

Insomma molteplici attività criminali che hanno portato, tra l’altro, alla necessità di ricercare tecniche di riciclaggio del denaro sporco sempre più sofisticate e hanno determinato un aumento esponenziale della corruzione dei funzionari pubblici, in particolare degli appartenenti alle varie forze di polizia. Polizia che, quando non è collusa ( diverse centinaia, anche nel 2012, i poliziotti, ai vari livelli, arrestati per collegamenti con la criminalità), subisce pesantissime perdite in termini di vite umane nelle frequenti imboscate ad opera di sicari temerari e agguerriti. Lo stessa sorte subiscono quei giornalisti che “osano” parlare di fatti di cronaca e di criminalità locale. Scompaiono nel nulla o vengono fatti ritrovare, mutilati, in sacchi di plastica. Soltanto nel 2011 ne sono stati assassinati ben dodici( senza contare le decine di intimidazioni alla stampa attuate anche con veri attentati alle sedi di giornali locali). Anche in questo il Messico detiene il primato mondiale, seguito dalla zona confinaria tra il Pakistan e l’Afghanistan, dove sono stati undici gli omicidi di giornalisti.

Il 2012 era iniziato con l’omicidio di un altro giornalista di “La Ultima Palabra”, a Cadereyta Jimenez, città a 50 km da Monterrey. Al 30 giugno se ne contano altri undici ( tre fotoreporter di Veracruz, un giornalista del Diario di Sonora, uno del Diario di Saltillo, due giornaliste di Primera Hora e di Contralinea, uno del quotidiano Milenio di Veracruz, uno del giornale El Punto Critico).

 

La giustizia è fallimentare sia per le difficoltà di trovare le prove che di istruire i processi. Si parla di un tasso di impunità pari al 99%! C’è il serio pericolo che, continuando di questo passo, la criminalità messicana possa arrivare ad assumere aspetti eversivi con serie ripercussioni in tutto il contesto regionale (e non solo). I cartelli messicani non sembrano incontrare più limiti o confini e hanno notevolmente ampliato il loro raggio d’azione con presenze  significative ( anche stanziali) in molte città americane ( in un rapporto dell’intelligence USA del 2011, si parla di 1200 città). L’ultima retata, fatta dalla polizia di Washington con la collaborazione della Dea  e del FBI, risale al 19 dicembre 2011 con una settantina di arresti nella capitale americana e, in altri sei Stati, di alcune decine di persone della Familia Michoacana. Cellule sono operative anchein diversi paesi tra cui Honduras, Guatemala, Nicaragua, San Salvador, Costarica, Perù, Brasile, Colombia, Belize, Uruguay, Bolivia, Cuba, Repubblica Dominicana. Alcuni collegamenti, in particolare dei Los Zetascon la ‘ndrangheta sono emersi nel contesto di operazioni antidroga svolte nel periodo 2008-2011, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Non c’è da stupirsi se la mafia calabrese ha già attivato “uffici di rappresentanza” in Messico come ha fatto, da tempo, in moltissimi altri paesi. La presenza, rilevata negli ultimi tempi, ad Acapulco e Cancun,di italiani “itineranti” nella zona caraibica ed esperti in investimenti nel settore turistico-alberghiero, non lascia presagire nulla di buono. Un altro segnale di collegamenti con le mafie nostrane è emerso a febbraio del 2012 quando la Guardia Civil spagnola ha sequestrato 45 kg di cocaina, occultata in alcuni macchinari, proveniente dal Messico e destinata alla piazza napoletana. Nove le persone arrestate, tra cui tre colombiani, due messicani e un italiano. Senza contare i diciannove narcorrieri messicani arrestati in alcuni aeroporti italiani nel 2012 (al 31 luglio) con una cinquantina di chilogrammi di droghe.

 

La violenza in Messico ha, dunque, superato ogni limite e l’allarme sulle minacce dei cartelli messicani, l’ennesimo, lanciato sin dalla fine disettembre 2011 da Yuri Fedotov, direttore esecutivo dell’UNODC (l’agenzia antidroga dell’ONU), ne rappresenta la tragica conferma. Un mese dopo, alcuni congressisti repubblicani americani erano tornati a ipotizzare una possibile alleanza narcos e terroristi. L’ipotesi non hatrovato d’accordo i democratici che hanno parlato di “fantasmi” e di “minacce” create ad hoc per questioni di rivalità politiche o per altri poco nobili fini. Proprio in quel periodo era venuta a galla il “complotto” che sarebbe stato organizzato da due iraniani, uno dei quali presente in Texas, per compiere un attentato contro l’ambasciatore dell’Arabia Saudita negli USA. Per questa temeraria azione sarebbe stato impiegato un narco deiLos Zetas. L’attentato sarebbe “abortito” anche perché il “messicano” aveva tra i suoi clienti un agente della Dea! Sui collegamenti dei narcos con i terroristi si torna a parlare a metà settembre 2012 con Edgardo Buscaglia, noto esperto messicano di criminalità e traffici illeciti. Il cartello di Sinaloa garantirebbe una eccellente fornitura di armi ai talebani, in cambio di eroina. Insomma, non c’è da stare tranquilli.

 

 

 

 

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