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Una rete antimafia contro narcos e corrotti

Di redazione il . Internazionale

Da anni è impegnato nei Paesi del Centro e Sud America per la pace. Contro mafie, corruzione e narcotraffico. E anche oggi, durante la presentazione del dossier Messico, la guerra invisibile, Tonio dell’Olio, responsabile di Libera International, ha messo al centro la necessità di costruire un’antimafia globale, non come settore ma come punto di vista, capacità di sguardo complessivo sulle mafie in Italia e nel mondo. «Il Messico, spiega Tonio Dell’Olio –  diventa il centro da cui riparte il narcotraffico, non solo la cocaina e i profitti intossicano l’economia globale. Si sono istituiti finanziari e bancari che si sono arricchiti e continuano a lucrare su questi patrimoni illeciti,  c’è un altissimo grado di impunità, il 98 percento dei reati rimangono impuniti,  poche le denunce per paura, ritorsioni e per l’alto tasso di corruzione.  Si calcolano 15.000 desaparecidos, e tantissimi casi di femminicidio».  Dell’Olio insieme a Luigi Ciotti, a Libera, a familiari di vittime di mafie si è recato spesso in Messico, Argentina, Colombia. Tutti paesi in cui le mafie operano e condizionano la vita quotidiana dei cittadini, la corruzione delle istituzioni è alta, il narcotraffico fa incassare miliardi di soldi che vengono poi reinvestiti in attività lecite, in tutto il continente e alimentano traffici anche qui da noi. C’è un legame diretto fra ‘ndrangheta e i narcotrafficanti, c’è un legame altrettanto diretto fra chi combatte contro i narcos e chi in Italia organizza la società civile contro le mafie. 
«Siamo il paese – continua Dell’Olio con la più vecchia storia di mafie ma anche di antimafia. Per questo da qui, consapevoli dell’interdipendenza dei problemi globali legati alla corruzione e alla delinquenza organizzata, al narcotraffico, alla violenza contro le persone, spesso donne e bambini, cerchiamo di costruire ogni giorno una rete di associazioni, persone, organizzazioni in gradi di unirsi contro le mafie ma anche di proteggere, evitando isolamento, gli attivisti per i diritti umani che rischiano tantissimo ogni giorno in quei Paesi».  «Per questo lanciamo un appello – conclude Dell’Olio –  concordato con le realtà del territorio: da quelle accademiche, alle associazioni dei giornalisti, alla vasta rete di organizzazioni per i diritti umani, come “Cauce Ciudadano” – abbiamo tanto da imparare dal Messico, dalla società civile messicana». 
La campagna si articolerà in varie fasi, fra le altre cose si raccoglieranno fondi per sostenere l’educazione al concetto di giustizia, selezionando i destinatari proprio fra i bambini a rischio e i figli dei guerriglieri delle bande. Si farà  animazione del territorio, ci saranno progetti, scambi culturali e di esperienze. Al suo fianco in questi mesi e anche durante la conferenza stampa di presentazione del dossier curato da Libera e della Campagna Mexico por la Paz, uno dei maggiori attivisti umani in Mexico. 
Si chiama Carlos Cruz, da bambino è cresciuto in mezzo alla guerra fra bande in un piccolo quartiere ed è riuscito ad uscirne. Oggi si impegna con la sua associazione “Cauce Ciudadano” a liberare altri bambini da questo giro criminale. Le minacce sono tante, alcune anche recentissime. In Messico questi tentativi di resistenza e di sottrazione di “braccia armate” ai narcos si paga con la morte. Sono 136.100 le persone uccise in Messico dal 2006 ad oggi, qui operano 19 cartelli del narcotraffico che praticano quotidianamente 22 tipi diversi di reato. L’oro qui è la polvere bianca, la droga, che produce ricchezza su ricchezza e da potere, per governare territori, comprare armi, corrompere funzionari delle istituzioni, politici.  Carlos racconta gli omicidi, la frequenza, la violenza brutale. E la noncuranza delle istituzioni, della politica che considera “danni collaterali” i bambini morti in questi scontri . «C’è un tessuto sociale del Messico che è stato dilaniato, smembrato e che va ricostruito. Gli attivisti umani sono come stelle che brillano nel cielo. Noi, in rete, vogliamo costruire una costellazione antimafia internazionale».
«A Vienna, all’Onu,  i dossier sui traffici internazionali di droga sono stati sottoposti a segreto. Non c’è possibilità di accedere, di consultarli, di sapere qual è la vera entità del fenomeno. I ricercatori che hanno stilato queste analisi sono sotto giuramento e non possono divulgarne i contenuti. Da anni ci chiedono di chiedere come opinione pubblica, come associazioni, di sapere. Di far riaprire quei fascicoli. Di conoscere perché tutto quel lavoro prezioso non vada perso. Perché si sappia finalmente quali persone, quali organizzazioni, quali Stati sono coinvolti davvero in questo traffico internazionale che non sembra avere fine».  Ciotti in Italia si occupa da più di trent’anni di recupero di persone vittime del traffico di droga, della tratta degli esseri umani, delle mafie. Tre dimensioni tenute insieme dai boss, dalle grandi organizzazioni rriminali che su questi business criminali hanno costruito una fortuna, patrimonio di miliardi di euro, che consente loro di comprare il silenzio, l’acquiescenza, la “tolleranza” di chi comanda, di chi deve vigilare. Ma non della società “responsabile”. Quella non è in vendita, spiega Ciotti. «Le persone hanno capito quanto è grave questo problema, hanno pagato in Italia e nel mondo, sulla propria pelle il prezzo della violenza mafiosa, dei traffici illeciti, dell’intimidazione continua. Così la lotta in Italia contro le mafie e quella in Messico e nel Sudamerica si saldano perché non potrebbe essere diversamente, per i numerosi collegamenti criminali che operano in questi paesi sospendendo la democrazia, per la storia di contrasto al crimine che fa emergere ogni giorno le potenzialità, la positività delle persone che vivono in questi Paesi». Così l’unica scelta possibile è lottare insieme, spiega Ciotti. 
Dalla Calabria a Ciudad Juárez, dalla Campania a Cancun. «Serve ricostruire insieme giustizia, dare libertà alle persone, affrontando il nodo delle politiche sociali, del lavoro, di una alternativa alle organizzazioni criminali. Perché più debole è la democrazia, più forti sono le mafie» 

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