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Corruzione e anticorruzione
Il Dna di Tangentopoli

Di Gian Carlo Caselli per "I Siciliani Giovani" il . L'analisi

C’è una forte tendenza a collocare la data di nascita della corruzione, in Italia, al 1992. Vent’anni fa, quando l’inchiesta di “Mani pulite” fece esplodere lo scandalo di una corruzione  così radicata nella politica, nell’amministrazione e nell’imprenditoria  da costringerci a coniare una nuova parola ( corruzione “sistemica”) per poterne delineare l’ampiezza e le implicazioni. Ma anche prima di Tangentopoli ci sono stati, in Italia, gravissimi scandali ricollegabili a fenomeni di corruzione diffusa: Italcasse, fondi neri IRI, Lockheed, babane e petroli, Teardo, Zampini, Longo e Nicolazzi. Dunque, la corruzione è una triste realtà del nostro Paese, si potrebbe dire da sempre. Ma ancor più triste è un’altra realtà: la costante assenza di robusti  e significativi interventi  di contrasto della corruzione dilagante – sia prima sia dopo Tangentopoli – sul piano legislativo come su quello dei controlli (amministrativi e sociali, cioè dell’informazione). E così, nel terzo millennio, nell’anno di grazia 2012, siamo ancora a discutere se dotarci o meno di una legge contro la corruzione.
Per superare  i ricatti e  i veti incrociati delle diverse componenti della “maggioranza”, il governo Monti è stato costretto a mettere la  fiducia al Senato  su di un progetto che ora andrà alla Camera per la seconda lettura. Intanto però risulta evidente che il testo votato al Senato per alcuni decisivi profili costituisce  – incredibile ma vero ! – un  sostanziale arretramento. Oggi esiste un solo reato di concussione. Nella nuova legge la conclusione si sdoppia, essendo previste la concussione per “costrizione” e quella per “induzione”. Per la prima le vecchie pene sono leggermente aumentate  e la prescrizione rimane di 15 anni. Per la seconda invece sono previste pene dai 3 agli 8 anni che comportano una prescrizione ridotta a 10 anni. Ora, statisticamente la concussione per “induzione” è di gran lunga la più frequente, per cui c’è il rischio – quasi la certezza – che in futuro si lavori a vuoto, mentre per il passato (essendo la nuova  norma retroattiva) potrebbero risultare di fatto cancellati moltissimi processi, fra cui alcuni “celebri”, come quello  Penati o quello Ruby-Berlusconi).
Tanto premesso, è evidente che la nuova norma  è incoerente: mentre si dice di voler combattere la corruzione, di fatto la si favorisce. Tanto più che mentre si abbassa la prescrizione, nella concussione per “induzione” è punita anche la “vittima”, che perciò sarà portata a starsene zitta per una inevitabile solidarietà con il concussore. E dire che l’Europa da sempre ci rimprovera duramente  per le troppe prescrizioni. Che almeno si abbia il pudore di non dire – in questo caso – che è l’Europa a chiedercelo. Cosi come avrebbe poco a che fare col pudore negare che si è persa una grande occasione per reintrodurre nel nostro sistema una norma di civiltà, quella che punisce il falso in bilancio: posto che esso serve a costituire quei fondi neri che sono appunto l’anticamera della corruzione.

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