“Ora parto, poi si vedrà”
“Sto chiudendo anche la seconda valigia, ma devo ancora raccogliere le ultime carte da portare con me, il computer e qualche ricordo personale. Ma sono in distacco, per la Magistratura Italiana, l’ufficio è ancora qui a Palermo, un saluto ai colleghi e poi già mi aspetta l’aereo”. Quindi dott. Ingroia, parte per il Guatemala sapendo di tornare? E’ la politica che l’attende qui in Italia? “Si sono dette e scritte molte cose inesatte. Di certo c’è che l’impegno in Guatemala mi interessa e mi appassiona. La politica in Italia? La seguo e la seguirò anche da lì, per ora non mi precludo alcuno sbocco futuro. Ora parto,poi si vedrà, mi lascio le porte aperte per il futuro. Quando sarà il momento deciderò cosa fare”.
Il procuratore Aggiunto di Palermo Antonio Ingroia ha appena depositato al Gip l’ultima memoria scritta che riassume l’atto d’accusa al processo sulla trattativa Stato-Mafia che torna dal giudice per le indagini Preliminari il prossimo 15 novembre. Poi, chiusa l’ultima borsa con il bagaglio a mano, all’alba l’aspettava l’aereo per il Guatemala dove dovrà guidare l’unità investigativa di una commissione Onu che si occupa di criminali del vecchio regime e di narcotrafficanti. Un compito delicato: ma non è meno delicata la situazione che si lascia alle spalle, anche se le indagini sulla “Trattativa” sono per il momento concluse. Lo seguono le richieste di entrare in politica che gli vengono rivolte da molte parti, non ultime le persone che vanno ai suoi incontri di presentazione del suo ultimo libro,”Palermo”, appena uscito nelle librerie.
“Possono anche farmi piacere le richieste di non partire e restare che mi sono venute da varie parti, di certo mi fa piacere che molte persone me lo chiedano e soprattutto a Palermo”, ci dice il dottor Ingroia, “segno che il lavoro fatto nel contrasto alla mafia è stato apprezzato e considerato importante dalla società civile. Ma per il momento vado in Guatemala per questo impegno. Parto, anche se non chiudo con il mio passato. Ci mancherebbe ! Resto in contatto con la nostra realtà italiana e non mi precludo niente per quando tornerò. Vedremo, non ci sono tabù…“
La memoria presentata al Gip sulla trattativa Stato-Mafia si chiude con una affermazione è qualcosa di più di un atto giudiziario. Il pool di magistrati coordinati da Antonio Ingroia (primo firmatario) afferma che ritiene doveroso riaffermare le accuse agli imputati, “nella ferma convinzione che l’unica vera Ragione di Stato è quella verità che questo Ufficio non ha mai smesso, e mai smetterà, di cercare”. E’ la rivendicazione di un lavoro svolto, al di là delle polemiche, con spirito di servizio; ma ha anche il sapore di un saluto finale…
“Non parlo di quel che c’è nella memoria che dovrà valutare il Gip: ma certamente il lavoro svolto in questi anni è sempre stato fatto con serietà, alla ricerca della verità, e nell’interesse della Legge, dello Stato, della Società nella quale viviamo. Questo vuol dire fare lotta alla mafia. Non ho mai cercato il consenso della gente attorno alle mie indagini, mi spiace che molti non l’abbiano capito. Poi, l’ho detto anche ieri, pubblicamente, ora, anche ora, ci vogliono segnali forti dalla politica nella lotta alla mafia, un segnale chiaro. Perché la mafia si nutre di un rapporto con la politica ed allora deve essere la politica a recidere ogni contatto con la mafia. Si potrebbe pensare ad un intervento legislativo per punire ogni patto elettorale tra mafia e politica“. E’ l’appello fatto durante la presentazione a Palermo del suo ultimo libro: una richiesta al ministro Severino di pensare ad una modifica in questo senso dell’articolo 416ter . Anche perché i segnali che arrivano da “cosa nostra” sono tutti da decifrare: alle elezioni regionali siciliane nelle carcere palermitane hanno votato una ventina di persone, segno che cosa nostra non si esprime ora, in attesa di orientarsi in futuro verso nuovi approdi politici. E’ alla ricerca di altri patti con qualche partito in particolare? “L’astensionismo della mafia potrebbe essere un avvertimento politico a nuovi possibili interlocutori. Storicamente la mafia è vissuta anche di periodi di attesa ed immersione, aspettando di stringere patti con il potere di turno. In questi casi ci vorrebbe una politica forte, intransigente,per colpire la mafia, una politica che non sia sulla linea della trattativa“. Il richiamo c’è, come sempre: il magistrato Ingroia che parte per il Guatemala non è un uomo che pensa a fare altro. Anche lì, forse soprattutto in quella esperienza di lotta ai narcotrafficanti, oltre a portare le sue conoscenze professionali, affinerà tecniche e approfondirà argomenti importanti per proseguire nell’attività di lotta alle mafie internazionali. Nei paesi centroamericani, i legami tra mafia e politica proteggono criminalità e poteri militari, le povertà ed ingiustizie sociali e le grandi ricchezze riciclate dalle criminalità.
Da noi le varie “trattative” che ora si vanno svelando, fanno capire perché per anni è esistita una sostanziale convivenza tra Stato ed anti-stato che ha impedito la sconfitta delle mafie e della corruzione. E’ lecito pensare che un magistrato possa fare il salto nella politica italiana per cercare di recidere alla radice ogni patto scellerato ed ogni tentativo di aprire nuovi accordi? E’ lecito, è possibile pensarlo. Il contratto di Antonio Ingroia con l’Onu è per un anno di lavoro; ma può anche essere concluso prima. Se, ad esempio, da quelle porte “italiane” aperte alle sue spalle si affaccerà una proposta seria, di ampio respiro politico e non “populista”. In tal caso pare di capire che il magistrato possa pensarci…. “Si vedrà” appunto.
Mai dire mai.
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