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Oltre 54 clan gestiscono usura in Italia

Di redazione il . Progetti e iniziative

L’ultimo dei clan scoperto a gestire un giro d’usura chiedeva tassi sino al 15%. Ad operare tre affiliati al clan dei Bifone, nel casertano. I boss, secondo gli inquirenti, avevano sotto scacco oltre 60 le vittime per un giro d’affari, fra beni mobili, immobili e conti correnti che si attesta su 2 milioni di euro.  “Questo, commenta oggi Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, durante la presentazione del rapporto “Usura il BOT delle mafie” è solo l’ultimo clan in ordine di tempo che gli investigatori hanno individuato nel business dell’usura. Ma il rapporto presentato oggi – continua Ciotti – parla di oltre 54 clan che negli ultimi due anni  coinvolti nella vasta rete usuraia che gestisce, sottotraccia, inquinandola ormai buona parte dell’economia legale e riduce sul lastrico, privandoli di libertà e delle proprie aziende, imprenditori e famiglie. Specie nelle zone che un tempo erano quelle con maggiore produttività, dal sud al nord”.
Il dossier, presentato oggi alla Federazione nazionale della stampa a Roma, è una fotografia degli ultimi due anni di indagini di magistratura e forze dell’ordine che in Italia hanno portato a segno numerose operazioni che vedono le mafie protagoniste dentro la gestione di un business criminale in origine in mano solo  agli usurai (ai cosiddetti “cravattai” ) e oggi sempre più strumento di penetrazione criminale del tessuto socioeconomico del nostro Paese. “Il dossier  – spiega Marcello Cozzi,  presidente della Fondazione Antiusura “Interesse Uomo” e vicepresidente di Libera, è solo l’inizio di una analisi che si rende necessaria per capire il fenomeno ma soprattutto per intervenire, con gli strumenti adeguati. Nel presentarlo abbiamo preso in prestito l’immagine usata dal pm, Vincenzo Luberto,  (BOT delle mafie)  per descrivere le dinamiche usuraie dell’operazione Star price 2 – nella quale, secondo l’accusa, diverse somme di denaro frutto dei proventi dell’usura sarebbero state utilizzate per finanziare alcune attivita’ commerciali. Il tutto per un giro d’affari vicino ai dieci milioni di euro, gestito da tre potenti gruppi mafiosi del cosentino”. Non è facile quantificare l’usura – continua Cozzi –  anzi per sua natura è un fenomeno sommerso quindi qualsiasi cifra esatta sarebbe approssimativa. Ma questa analisi  vuole provare a rompere muro del silenzio e aprire una riflessione sul fenomeno, sulla necessità di intervenire il prima possibile, facendo rete e con strumenti adeguati, fra istituzioni, cittadini e banche”. Insieme al dossier oggi Libera presenta, infatti, la nascita di una Fondazione nazionale antiusura promossa insieme all’Anci e a Banca Etica, che viene da una tradizione decennale locale, in Basilicata, e che porta il nome di “Interesse Uomo” (Clicca qui per saperne di più)
“Siamo di fronte ad una usura di stampo mafioso” – dichiara Luigi Ciotti – un fenomeno che sempre più è in mano alle mafie, perché è un settore a basso rischio, si fonda sul silenzio delle vittime che spesso non parlano per paura e per vergogna. Nel dossier presentato oggi – continua Ciotti – raccontiamo anche di vittime che a loro volta sono dovute diventare reclutatori di altre vittime. Parliamo di casi in cui le vittime di usura hanno perso la libertà di azione, e spesso con la complicità di professionisti, di quella “zona grigia” se vogliamo chiamarla così, che non fa il proprio dovere o che è contigua agli interessi criminali e da questi prestiti trae profitto”. L’usura è una forma di schiavitù, nelle parole di Ciotti, al pari di altre forme di sfruttamento e privazione dei diritti umani. Insidiosa, perché si basa sul silenzio delle vittime e questo rende difficile rintracciare il fenomeno che in un periodo di crisi economica, e di liquidità, diventa sempre più consistente. (Clicca qui per leggere le cifre e le storie del report curato da Libera).
Oltre 54 clan in 24 mesi, quelli monitorati dal dossier, in grado di  gestire prestiti a tassi usurai e nonostante gli allarmi lanciati da magistratura e società civile in pochi sono gli imprenditori che hanno denunciato. In questi anni, nonostante i numeri raccontino di un fenomeno aumento, non si è rimasti a guardare. In Basilicata, come racconta Piero Lacorazza, presidente della Provincia di Potenza, “abbiamo provato a mettere da anni insieme una rete di assistenza e tutela delle vittime di usura ma – continua Lacorazza – dobbiamo anche fare i conti con una politica che ci chiede di rispettare negli enti locali il “patto di stabilità” e questo non ci mette nelle condizioni di pagare le imprese che hanno lavorato per la realizzazione di opere pubbliche”. Il drammatico appello del presidente Lacozza è la fotografia attuale della situazione in cui versano enti locali e imprese in questa difficile congiuntura economica: da un lato – spiega il presidente – ci troviamo a non poter pagare le imprese, dall’altro all’interno del nostro impegno antiusura ci troviamo ad assistere gli stessi imprenditori che non avendo liquidità sono diventate vittime di usura”. Una realtà rappresentata anche dal sindaco della città lucana, Vito Santarsiero, che ogni giorno fa i conti con un tessuto sociale in cui è sempre più difficile far fronte all’avanzata delle mafie nell’economia e alla crisi economica. Spesso i due fenomeni sono direttamente collegati ed è la politica a  dover dare una risposta.  “Massimo impegno – annuncia la neonominata commissario antiracket e antiusura, Elisabetta Belgiorno, per intervenire con spirito di servizio in questo ambito delicato che riguarda da un lato il sostegno alle vittime, dall’altro la prevenzione. Sarà fondamentale operare in rete – ha sottolineato –  questa è unica risposta possibile all’avanzata di un fenomeno che si incrocia con la crisi economica e con l’aumento della povertà, che riguarda sempre più non solo le fasce deboli ma anche il cosiddetto ceto medio e che rischia di rompere il cosiddetto patto sociale” su cui si reggono le singole città. Un impegno condiviso anche da Banca Etica, rappresentata da Ugo Biggeri che ha sottolineato l’importanza della “trasparenza”all’interno del mondo finanziario e economico, e dal sottosegretario all’Interno, Carlo De Stefano, che ha ribadito l’importanza di un impegno coordinato fra forze dell’ordine, politica e terzo settore per affrontare questo fenomeno. Con quali cifre sarà possibile intervenire? Il sottosegretario ricorda che lo scorso anno il cosiddetto “fondo di solidarietà” si aggirava intorno ai 250 milioni di euro. E poco meno anche il corrispondente “Fondo prevenzione”.  
Fondazione Antiusura nazionale “Interesse uomo” – intervista al presidente, Marcello Cozzi 

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