Il “caso Bergamo” fa notizia
Ha fatto, tra l’altro, scalpore la vicenda di Rossano Breno, presidente dimissionario della Compagnia delle Opere di Bergamo, indagato per corruzione insieme al suo vice Luigi Brambilla. Si tratta della vicenda della discarica di Cappella Cantone (nel cremonese). Dagli atti dell’indagine risulta che Pierluca Locatelli, l’imprenditore interessato a quella cava nel Cremonese, ha ammesso di aver pagato l’anno scorso i vertici della Compagnia delle Opere bergamasca ora indagati. Si parla di un milione e duecento mila euro per la licenza. La parte maggiore di questi soldi sarebbero stati destinati alla ristrutturazione della scuola paritaria Imiberg (nei giorni scorsi la cooperitiva Imiberg, che gestisce la scuola, in un comunicato afferma che : “È scorretto associare il nome Imiberg alle inchieste in corso. La cooperativa, ente senza scopo di lucro composto da genitori e insegnanti, non è sottoposta ad alcuna indagine da parte della magistratura, non ha subito perquisizioni e nessun membro ha mai ricevuto alcuna comunicazione di natura giudiziaria”). La “Compagnia delle Opere”, CdO, è un raggruppamento di 35 mila aziende e professionisti (nel solo ambiente meneghino conta oltre 6 mila aziende) e fattura decine di miliardi di euro (si parla di una cifra attorno ai 70 miliardi). E’ il braccio economico del Movimento Comunione e Liberazione. Intanto le indagini proseguono al momento gli indagati sarebbero 10. Tra gli indagati figurano l’ex consigliere regionale Pdl Franco Nicoli Cristiani e l’ex assessore regionale all’ambiente Pdl Marcello Raimondi (considerato il terminale politico della CdO e di Locatelli in Regione Lombardia). Anche per la “cattolicissima” Bergamo, quindi, si pone la questione morale. Le indagini in corso stanno facendo emergere un sistema, una rete dove è stretta la rete di amicizia e protezioni. Altri episodi legati alla questione morale sono quelli dell’ex assessore comunale Pdl Marcello Moro e dell’agenzia turistica di proprietà della Cisl bergamasca (coinvolta nello scandalo delle “case vacanze” per bambini delle scuole milanesi). Oltre a questo, su un piano diverso, c’è la questione della pesante presenza mafiosa nel bergamasco sottovalutata da alcune istituzioni. Per fare un po’ di luce su questo “caso Bergamo” ne parliamo con Ivo Lizzola e Rocco Artifoni. Lizzola è Preside della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bergamo. Artifoni è portavoce del Coordinamento provinciale dell’Associazione Libera di don Luigi Ciotti.
Lizzola, come sta vivendo la città questo terremoto giudiziario?
La città è … tante diverse città. C’è una città disillusa e rassegnata, rinchiusa nella difesa di spazi privati o di piccole “solidarietà perimetrate” che reagisce pensandosi confermata nel suo allontanarsi ancor più dalla politica, dalle istituzioni, dalla speranza e dall’impegno di costruire spazi di vita comune. C’è una città che ha avvertito una scossa ai nervi sensibili della trasparenza, della dedizione seria, affidabile e disinteressata, del valore dell’onestà, della costruzione di progetti comuni con altri, del lavoro fatto bene. C’è, poi, una città dell’arricchimento, dell’ostentazione, del successo e della disinvoltura nei comportamenti pubblici e privati che ha pensato che sono i rischi che si corrono negli affari. C’è, infine, la città del reticolo ampio e diffuso dell’azione sociale, della mutualità, della vocazione educativa, dell’impresa sociale, della cura delle fragilità, dell’accoglienza, dell’impresa di punta che valorizza il lavoro che si sente tradita. E che, forse, si sente un poco colpevole di peccato di omissione: nella vigilanza, nella presenza nel dibattito pubblico e politico, nella interpretazione di desideri di futuro e di una visione della città (e della convivenza in una terra come quella lombarda). Convivenza che si sente impegnata a coniugare le eccellenze con le attenzioni, l’intelligenza e la ricerca con la cura delle persone, i legami con l’apertura, le responsabilità tra le generazioni con i diritti.
Le indagini stanno scoperchiando un sistema di relazioni di potere in cui è stretta la rete di amicizie e di protezioni. Quali sono gli elementi di questo sistema?
Sui problemi, sulle fragilità e le povertà ritorna il mantello dell’assistenzialismo, d’una carità che non si fa cultura e progetto di convivenza; e cala un giudizio di marginalità, incapacità, fallimento, residualità. Che fa sentire molti nella colpa o nella vergogna. La Bergamo del merito e dell’’eccellenza sa essere raffinatamente senza pietà, anche “facendo la carità”.
La comunità cattolica cosa sta facendo per arginare questi fenomeni?
Il mondo cattolico bergamasco nelle sue componenti più attive e consapevoli, nelle stesse prese di posizione della Diocesi e di molti pastori, ha reagito con grande attenzione e con forte preoccupazione. Sullo stesso quotidiano della Diocesi sta prendendo un certo spazio un dibattito sulla questione morale, la politica e la responsabilità dei cristiani. Non sono mancate espressioni forti di indignazione anche se va prevalendo una sorta di addolorata riflessività circa la necessità di assumersi finalmente e pienamente la responsabilità di una ripresa che ha più i tratti della rinascita. Sia intermini di capacità formative e di orientamento delle coscienze che in termini di apertura ed offerta di luoghi e scelte di operosa profezia nei luoghi dell’economia, della politica e della cultura. Diversa da quella profezia nella marginalità a volte fin troppo esemplare; ci sono profeti molto riconosciuti dal sistema di potere lombardo; portano loro per tutti, eroicamente, tutto il peso della sofferenza sociale! Certamente anche Bergamo viene da una stagione che ha registrato una indebolita capacità di presenza del laicato cattolico nel tenere attivi un dibattito ed una ricerca sui temi pastorali, sulle trasformazioni della città, sulla politica. Hanno prevalso deleghe e retoriche che hanno lasciato spazio ad una selezione del personale politico e a politiche inappropriate e di corto respiro lontane dal
le culture e dai valori della storia e delle presenze delle comunità cristiane. Come in Italia. Ma da qualche tempo pare di vivere un certo risveglio sia nelle presenze più tradizionali , ma soprattutto nelle parrocchie, negli oratori, nei luoghi di progetto dove si muovono tanti giovanissimi e giovanissime. Abbastanza … “di lato” rispetto alle iniziative della istituzione ecclesiale e dei suoi organismi. Esperienze vivaci, creative, ricche di nuovi linguaggi rispetto ai problemi della prossimità e del futuro; creativi nelle forme delle esperienze e della ricerca di un agire testimoniale nel locale e nel mondo. L’orientamento che è stato così forte nel recente passato verso la ricerca di assicurare la presenza delle “opere cattoliche”, o meglio delle “opere di cattolici” con uso piuttosto disinvolto della politica e dei legami con la finanza e con l’economia, pare declinato. Estraneo alle giovani generazioni visto con crescente preoccupazione dalle comunità dei cristiani che si vivono alle prese e nel confronto con la crisi della speranza, della fiducia in una Promessa buona, della capacità di affidarsi reciprocamente. Con le fatiche di tante donne e uomini, con la frattura tra le generazioni, con le grandi questioni del nascere, dell’amare, del morire.
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