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Reggio Calabria, chiuso il carcere di Laureana di Borrello

Di Anna Foti il . Calabria

Sovraffollamento, uno dei nodi critici dell’universo carcerario italiano. Interventi annunciati per la svolta con riferimento alla struttura di Arghillà nel reggino ma intanto la carenza di risorse di personale di Polizia Penitenziaria tiene altrettanto banco. L’Istituto trattamentale a custodia attenuata, unico in Italia, “Luigi Daga” di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, ha chiuso quasi dieci giorni fa. Nata nel 2004, ideata e fortemente voluta dal compianto provveditore regionale delle carceri calabresi, Paolo Quattrone, drammaticamente scomparso nel luglio 2010, ad oggi sostituito solo da un paio di mesi e dopo quasi due anni di vacatio da Salvatore Acerra in servizio di missione dalla Basilicata per qualche giorno alla settimana, la struttura è ritenuta il manifesto tutto calabrese dell’articolo 27 della nostra Costituzione.
Dopo la lettera scritta di pugno dall’arcivescovo di Cosenza -Bisignano, il reggino monsignor Salvatore Nunnari, al ministro di Giustizia Paola Severino affinché la decisione sia rivista, oggi si uniscono anche i vescovi nell’appello per la salvaguardia di strutture rieducative con il carcere “Daga”.  Esperienza virtuosa di rieducazione della pena, presa a modello da Angelino Alfano, allora ministri di Giustizia, da Leoluca Orlando, in qualità di presidente della commissione parlamentare di Inchiesta sugli Errori e i Disavanzi sanitari, sabato 29 settembre la struttura diretta da Angela Marcello fin dalla sua apertura, costretta a chiudere, pur se temporaneamente, per carenza di personale. Un provvedimento ritenuto contraddittorio e che si teme non sarà effettivamente temporaneo. Una battuta d’arresto di non poco rilievo, in una regione che non è esente dalla problematica del sovrannumero della popolazione detenuta e della carenza di personale. Per non parlare della perdita valoriale di questo intervento restrittivo, ad oggi annunciato come temporaneo, dal momento che, è opportuno ricordarlo, l’istituto ha ospitato fino a stamane 50 persone detenute con una capienza di 68. Detenuti che non hanno infatti più di 35 anni i protagonisti del progetto sperimentale rivolto alle persone al primo reato, che non sia associativo e di stampo mafioso, che attraverso la responsabilizzazione della persona detenuta e il cosiddetto patto trattamentale è riuscito ad abbassare, quasi abbattere, la percentuale di recidiva. Un modello rieducativo, dunque, comprovato.
Campo di calcio, serre, laboratori artigianali, palestre e teatro non solo sbarre dunque a Laureana di Borrello dove il volontariato ha rivestito il ruolo fondamentale di legame con la società civile. Una struttura, intitolata ad un altro esempio di impegno civile al servizio dello Stato, quale il magistrato Luigi Daga, ucciso nel novembre del 1993. Improvvisamente svuotato e le commesse a beneficio delle altre carceri della Calabria sospese. Lacrime sui visi di chi ha dovuto lasciarlo, interrompendo nuovi percorsi di vita e lasciando lavori di falegnameria, ceramica, giardinaggio incompiuti. Così ha raccontato chi c’era quella mattina del 29 settembre scorso in cui un provvedimento di chiusura temporanea ha colpito il carcere “Luigi Daga” di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria. 
Anche ex detenuti e cittadini stanno prendendo parte alla protesta contro la sua chiusura perché quella struttura penitenziaria, dopo alcune resistenze iniziali è stata adottata nel senso compiuto del termine, da quella cittadina pianigiana in cui i detenuti avrebbero potuto essere rieducati come intuito in tempi non sospetti, nel 2002 – 2003, dal compianto Paolo Quattrone, ex provveditore delle carceri calabresi. Sit in, mobilitazioni e raccolta firme con le forze politiche che compatte invocano una riapertura. Diverse interrogazioni parlamentari anche da schieramenti politici diversi e venerdì scorso un Consiglio Comunale aperto a Laureana di Borrello, guidato dal sindaco Paolo Alvaro, che all’unanimità dei presenti (9 consiglieri su 11) ha votato una mozione nella quale si impegna a chiedere che l’istituto “Daga” venga riaperto. Altro appuntamento è quello di domani con la seduta straordinaria del consiglio Provinciale con questo come unico punto all’ordine del giorno.
La protesta non si fermerà perché non convince la motivazione del provvedimento di chiusura temporanea circa la necessità di colmare, con i soli 20 agenti di Polizia Penitenziaria in servizio al ‘Daga’ poi destinati a Locri e Palmi, l’annosa carenza di personale che nelle ultime settimane ha particolarmente compromesso il già lento e farraginoso iter processuale, impedendo ai detenuti imputati di essere tradotti alle udienze pertanto rinviate. Un episodio che suscita perplessità anche perché trattasi di una struttura neppure sovraffollata, in un frangente non breve in cui il sovraffollamento delle carceri italiane costituisce imbarazzo al cospetto della comunità internazionale, emblema della forza e della lungimiranza del processo di umanizzazione della pena che il compianto Provveditore regionale delle carceri calabresi Paolo Quattrone, ad oggi non ancora pienamente sostituito.
La motivazione non convince neppure il comitato guidato dall’ex sindaco di Laureana Domenico Ceravolo, testimone diretto della capacità di trasformazione di un luogo abbandonato, quale quella struttura prima di diventare l’istituto sperimentale unico in Italia e capace di generare percentuali minime di recidiva, in un luogo in cui l’umanità anche se provata da una condanna e dalla privazione della libertà, non smetteva di essere umanità. “Nelle carceri entra l’uomo, con il carico consapevole od inconsapevole della vittima e della sua storia, ma il reato resta alla porta”, insegnava Paolo Quattrone, ‘a noi il compito di amministrare e non di giudicare’. La protesta non si fermerà per onorare la memoria dell’uomo e servitore dello Stato, quale è stato Paolo Quattrone, per non disperdere un’esperienza foriera di concreto reinserimento, in cui i detenuti lavoravano per riscattarsi, dando un contributo concreto alla collettività, come hanno raccontato anche due giovani ex detenuti Sergio Stillitano e Girolamo Parrello. Anche loro stanno protestando per il diritto di chi è dentro ad avere fuori una prospettiva. Una certezza di cui il “Daga” era, e dovrà continuare ad essere, un prezioso presidio in Calabria.
L’attenzione alla vicenda è massima ma adesso ci vogliono le risposte della politica.

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