Torino, prime condanne per il processo “Minotauro”
E alla fine sono arrivate le condanne, per la prima parte del processo Minotauro. Si chiude con 58 condanne, con pene fino a 13 anni e sei mesi in rito abbreviato; il procedimento, nato dalla maxi-inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta in Piemonte e sui suoi tentativi di condizionare la vita politica nel torinese, ha visto i primi esiti processuali, dunque. E’ questo il dispositivo della sentenza inflitta nel tardo pomeriggio di oggi a Torino, nell’aula bunker del carcere delle Vallette, dal gup Cristiano Trevisan, al cui vaglio c’era la posizione di 72 imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Le pene più alte per Bruno Iaria, ritenuto il capo della Locale di Cuorgnè, 13 anni e 6 mesi, per i fratelli Aldo e Adolfo Crea, a capo del ‘Crimine’ , rispettivamente a 12 anni e 2 mesi e 10 anni e 10 mesi di reclusione. Le sentenze si rispettano e sarebbe stupido entrare nel merito, non avendo gli elementi conoscitivi per farlo.
Certo, qualche nota a margine si può dire. Intanto che viene confermato l’impianto accusatorio della Procura di Torino, che anzi aveva chiesto, complessivamente, pene più alte. Teniamo conto, che con la scelta del rito abbreviato, le pene comminate sono state più leggere: a maggior ragione, questo risultato è pesante. In secondo luogo, che la partita non finisce certo qui, con il processo per altri 75 imputati, con rito ordinario, che si apre il 18 ottobre: e alla sbarra ci saranno anche Nevio Coral, ex sindaco di Leinì e Antonino Battaglia, ex segretario comunale di Rivarolo Canavese, entrambi comuni sciolti per mafia, nell’ultimo anno. Inoltre, che queste prime condanne siano l’occasione per riflettere, ancora una volta, sulla presenza pervasiva e capillare dell‘Ndrangheta, sul territorio piemontese, e sulle responsabilità di chi lo ha permesso (per calcolo, negligenza o disattenzione) e sulle necessarie contromisure, da mettere in campo. Detto per inciso, Rocco Varacalli, il pentito che ha permesso l’operazione Minotauro del giugno 2011, è attualmente ancora latitante e di lui si sono perse le tracce da settimane.
Infine, un auspicio forte, è che possa essere Minotauro il processo che tiene alta l’attenzione, sul fenomeno mafioso nella nostra regione: troppo spesso nella lotta alla mafia, la tentazione di cedere a perniciose illusioni di vittoria (per dirla con le parole di Paolo Borsellino), è stata tanto forte, quanto si è dimostrata ingenua e miope. Libera si costituirà parte civile, nel processo che comincia il 18 ottobre. La partita non è ancora finita, non basta uccidere il Minotauro, se poi non si esce dal labirinto.
Trackback dal tuo sito.