L’intifada dei Casalesi
Un presidio spontaneo di alcune centinaia di persone si è formato sin dal primo mattino, quando sono arrivati un centinaio di agenti in assetto antisommossa, a scortare ruspe e operai che dovevano procedere all’abbattimento della costruzione.
La folla dei manifestanti è andata crescendo di ora in ora. Davanti donne e giovani del quartiere. Gli agenti in assetto hanno cercato di contenere la protesta dei manifestanti che cercavano di abbattere un cancello in ferro posto all’inizio della strada e protetto da due blindati per ostruire il passaggio lungo via Borsellino. Una carica di alleggerimento delle forze dell’ordine ha respinto il foltissimo gruppo di cittadini, capeggiato da giovani e donne del quartiere, che ha cominciato a lanciare pietre addosso alle forze dell’ordine. Dopo alcuni minuti è ritornata la calma, ma le scaramucce sono continuate nel corso della giornata.
La protesta, però, non ha impedito che la disposizione della Procura Generale di Napoli facesse il suo corso. La demolizione è cominciata poco dopo le 16,00. Una ruspa ha abbattuto prima il tetto e poi le tramezzature, tra le lacrime dei familiari e quelle del proprietario. Col primo colpo di ruspa ci sono stati ulteriori momenti di tensione. “Vergogna, vergogna”, hanno gridato i manifestanti, limitandosi ad inveire solo con parole offensive verso gli agenti. Uno dei poliziotti in assetto antisommossa non è riuscito a trattenere le lacrime di fronte allo sfogo dei manifestanti, soprattutto quando, megafono in pugno, prima un signore anziano e poi una donna, hanno chiesto di ribellarsi agli ordini ingiusti e poi augurando anche alle loro famiglie ogni male possibile.
“Non é giusto che lo Stato abbatta un immobile di appena 80mq in cui risiede un operaio saltuario con moglie e figlia di due anni e una suocera gravemente malata – ha detto l’avvocato Francesco Martino del coordinamento per il riscatto, un comitato di associazioni di cittadini di Casale e dei comuni limitrofi – mentre ci sono centinaia e centinaia di ville costruite su suolo demaniale nelle nostre zone da importanti imprenditori per le quali sono già state emanate le sentenze esecutive di abbattimento. Tra Casal di Principe, Casapesenna, e San Cipriano d’Aversa – ha continuato l’avvocato Martino – sono censite almeno 3mila case abusive con oltre 1000 sentenze di abbattimento che già potrebbero essere eseguite. Lo Stato non può essere forte con i deboli”.
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