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Medi@ttivismo e volontariato a Borgo Sabotino

Di redazione il . Lazio

“Quest’ anno mi son detta: nelle mie vacanze voglio fare qualcosa di utile ed eccomi qui. Non solo ho fatto la scelta giusta ma anche quella che mi rimarrà dentro, concretamente”. Così, fra un piatto e l’ altro mentre pranziamo, Stefania 32 anni da Monza,  racconta la sua scelta di partecipare quest’ anno al campo di volontariato organizzato da Libera Borgo Sabotino, su un bene confiscato in provincia di Latina e oggi diventato il “Villaggio della legalita’ dedicato all’ avvocato Serafino Fama’, vittima della mafia”. Stefania ha grinta da vendere e una intelligenza acuta e qui al campo di medi@attivismo cerca quella spinta al cambiamento da porta poi nella quotidinita’, nel suo lavoro, nella sua città. Insieme a lei 33 ragazzi dai 17 ai 35 anni che in pochi giorni sono diventati un gruppo con due obiettivi precisi: restituire bellezza a questo bene confiscato e comunicare da oggi e in futuro che questo cambiamento e’ possibile. Come? La settimana di formazione sul mediattivismo qui a Borgo Sabotino   e’ stata l’ occasione per ragionare sulle tecniche della comunicazione che parte direttamente da ciascuno di noi. Alcuni dei ragazzi hanno raccontato attraverso social network, podcast audio e video il campo di lavoro. Altri hanno scritto pagine di dia@ri che verranno pubblicati in questi giorni sul portale di Libera e Libera Informazione. A seguire, il primo realizzato da Francoise, nella giornata in cui nel campo di Borgo Sabotino  sono state ricordate le vittime della strage di Via D’Amelio. 
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La strada che porta al villaggio della Legalità “Serafino Famà” è una linea bianca, sottile e tortuosa, tracciata con forza tra i campi battuti dal sole. Il sentiero un tempo conduceva ad un campeggio, squallido esempio di abusivismo edilizio, utilizzato anche d’inverno per feste paesane come anche per le campagne elettorali di vari esponenti politici di Borgo Sabotino, villaggio operaio nato negli anni ’30 per contribuire alla bonifica dell’Agro Pontino. Da quest’estate in poi, la località vedrà un confluire periodico di nuovi giovani “operai per scelta”, pronti stavolta a strappare alla palude dell’illegalità un bene pubblico, e desiderosi, con creatività e non pochi sforzi, di restituirlo, o meglio offrirlo alla collettività. Non più divise da lavoro ma magliette multicolori che hanno ciascuna voglia di dire qualcosa: “Facciamo un appello. Io? Presente”… “L’Amore vince su tutto”… “Nel mio Paese nessuno è straniero”… Troppi i 40 nomi da ricordare, tanti quanti siamo noi: sono le città di appartenenza – le più disparate – a segnare la conoscenza iniziale, sostituite poi nei giorni dal nome dei gruppi di lavoro cui si è stati assegnati, e infine dal nome di ciascuno, perché per Libera il primo diritto riconosciuto è quello di averlo un nome. La differenza di provenienza, età e vissuto dei partecipanti porta inevitabilmente a domandarsi se ce la faremo a coordinarci e, viste le condizioni del bene, a rendere questo posto più gradevole, in tempo per il raduno nazionale dei giovani di Libera tra 10 giorni. Eppure, eccoci al terzo giorno ma, a giudicare dagli sfottò amichevoli che si sprecano e la voglia di tirar tardi nonostante la stanchezza fatta di lavoro e formazione, sembra già passata una settimana. Il primo vero risultato di questo campo di antimafia culturale non è tanto il grigio dei muri che gradualmente lascia il posto ad un arancio convinto come la nostra presenza qui, né gli incredibili progetti dei murales concepiti e ora da realizzare, quanto il rispetto per le proposte che ciascuno avanza per il cambiamento. D’altronde c’è vento a Borgo Sabotino in questi giorni, e il vento c’è perché ci siamo noi.  

Françoise, 19 luglio 2012

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