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Villa Verde, il “Grande Hotel” della ‘ndrangheta

Di Gianluca Ursini il . Calabria

«Chi è contiguo alla ndrangheta è un mafioso e merita di restare in carcere»; il commento del procuratore antimafia di Catanzaro Enzo Lombardo è perentorio. Come quando il suo aggiunto Giuseppe Borrelli definisce la clinica Villa Verde di Dònnici nella valle del Savuto a sud di Cosenza, un ‘’grand hotel per ‘ndranghetisti’’ come nel film Goodfellas con De Niro e joe Pesci diretti da Martin Scorsese. Qui i boss e i loro congiunti si fingevano pazzi per evitare il regime carcerario duro del 41 bis; corrompevano i medici nominati dai Tribunali della libertà e trovavano la casa di cura, quasi sempre la struttura Villa Verde (i cui proprietari non sono imputati) dove trascorrere una degenza dorata con la compiacenza di direttore sanitario e psicologo di turno.

Così sono scattate le manette (come già nel febbraio 2012 nell’operazione ‘’Reale 4 – Ippocrate’’ della DDA di Reggio per psicologi compiacenti che avevano schiere di ‘’finti pazzi’’ tra i pazienti ‘ndranghetisti) per 6 persone: 4 medici e due mogli di boss.

L’operazione, eseguita la mattina del 17 luglio, è stata denominata Villa Verde, dal nome della struttura diretta da Luigi Arturo Ambrioso, 74 anni, l’unico a beneficiare dei domiciliari, direttore sanitario di questa clinica immersa nel verde con vista sui vigneti del Savuto Docg di Dònnici inferiore. Con lui finiscono in cella Franco Antonio Ruffolo di Rogliano, vicino Cosenza, psicologo, il medico legale di Catanzaro Massimiliano Cardamone, 37 anni e il neurologo massone Gabriele Quattrone di Reggio Calabria, primario in neurologia per il Policlinico (privato, ndr) ‘’Madonna della Consolazione’’ nella città dello Stretto. Con loro le mogli dei boss Pasquale e Antonio Forastefano, la temibile cosca della Sibaritide che voleva uccidere il pm antimafia di Catanzaro Luberto: Patrizia Sibarelli, 30 anni e Caterina Rizzo (43) di Cassano allo Jonio. Le ordinanze sono state eseguite dal comando dei Carabinieri e dal Raggruppamento operativo speciale dell’Arma di Cosenza.

Le accuse per gli arrestati sono a vario titolo di corruzione in atti giudiziari, falsa perizia, false attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, abuso d’ufficio, procurata inosservanza della pena e istigazione alla corruzione; il tutto, aggravato dalla finalità mafiosa. Nell’inchiesta figurano come indagati anche medici avvocati e boss delle ‘ndrine dello Jonio cosentino, oltre agli onnipresenti Arena di Isola Capo Rizzuto (Crotone), una cosca che estende i suoi tentacoli ai 4 angoli della regione e dell’Italia. I medici attestavano false patologie neuropsichiatriche incompatibili col regime di detenzione; in cambio, ottenevano regalie come casse di vino, set di vimini e corredi di lenzuola, ma anche compensi più importanti, come l’ottenimento per il figlio del medico Quattrone di una importante consulenza in Bruxelles presso una Direzione della Comunità Europea, ottenuta grazie alla mediazione dell’ex consigliere regionale Morelli, già arrestato nel dicembre scorso per le sue intermediazioni per i boss Lampada e Valle, reggini trapiantati a Milano.

Lo stesso Quattrone era già sotto indagine dal maggio del 2011, quando la Dda di Catanzaro dispose una serie di perquisizioni in studi e cliniche diverse; le intercettazioni e le dichiarazioni di diversi pentiti di ‘ndrangheta hanno fornito riscontri alla documentazione reperita nelle cliniche.

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