Salento, la Finanza sequestra beni per un valore di 1 milione e 300mila euro
Un milione e trecentomila euro. A tanto ammonta il valore del patrimonio sequestrato dagli uomini della Guardia di Finanza di Lecce. A firmare il decreto il Presidente della Prima Sezione Penale Gabriele Perna su richiesta del Procuratore aggiunto Antonio De Donno, che ha richiesto l’applicazione della misura patrimoniale prevista dal Codice Antimafia. Una villa, sette immobili, terreni, tre società, conti correnti e tre auto. Questi i beni intestati a Lucio Riotti o a persone a lui riconducibili. Un patrimonio ritenuto dagli inquirenti sproporzionato rispetto agli esigui redditi dichiarati dal Riotti, leccese di 46 anni, già condannato per associazione di tipo mafioso, reato per il quale, nel 2006, ha finito di scontare una pena definitiva di 5 anni e 4 mesi.
L’ inchiesta è stata denominata “Biga”, come il cocchio utilizzato dagli antichi romani. Questo perché in casa di Riotti è stata rinvenuta proprio una biga (comunque non rientrante tra i beni sequestrati), acquistata recentemente. Le indagini sono state condotte dai finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria. Il Presidente Perna, nel decreto di sequestro anticipato, sottolinea che, alla luce dei riscontri effettuati, “deve ritenersi Lucio Riotti appartenente ad associazione di tipo mafioso e persona dedita a traffici delittuosi, che vive abitualmente con i proventi dell’attività delittuosa svolta”. Lucio Riotti è stato anche il direttore sportivo del “Racale Calcio” e, anche la sua presenza, considerati i precedenti giudiziari, aveva indotto la Procura ad inserire la società nell’elenco delle squadre sotto osservazione per le presunte infiltrazioni mafiose all’interno del mondo del calcio.
Le indagini riguardanti questi possibili intrecci, se pur non hanno avuto esiti da un punto di vista penale, hanno permesso di appurare, come dice il Procuratore Motta, “l’interesse verso le squadre di calcio per riciclare il denaro sporco e per guadagnare consenso”. Il sequestro è stato il primo adottato sulla scorta del Codice Antimafia. A tal proposito Cataldo Motta afferma: “Il Codice Antimafia ha perfezionato gli strumenti a disposizione della magistratura per contrastare i patrimoni illeciti. Ha contribuito, inoltre, a migliorare alcuni aspetti, come l’abolizione dell’esigenza dell’attualità della pericolosità sociale per applicare la misura di prevenzione. Il Riotti – continua l’alto magistrato – non è riuscito a documentare la provenienza dei beni, anzi, per dimostrarne la provenienza ha fatto ricorso a carte false e ad atti materialmente fasulli”.
“Sottrarre risorse economiche e finanziarie alla criminalità è decisivo”, conclude Cataldo Motta. Molto incisive e interessanti anche le affermazioni del comandante provinciale della Guardia di Finanza di Lecce, il colonnello Vincenzo Di Rella, che sprona le persone oneste a collaborare: “La scelta di non denunciare, di non collaborare con le forze dell’ordine, nel breve periodo può sembrare la più redditizia, ma non è così. Alla lunga, non denunciare e non collaborare estrometterà l’economia sana, l’azienda pulita e sana”.
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