Salento, finisce la latitanza del boss emergente della Scu Pasquale Briganti
Finisce la latitanza di Pasquale Briganti, detto «Maurizio», leccese di 43 anni, boss di un clan emergente della Sacra Corona Unita dedito al traffico di droga, alle rapine e al gioco d’azzardo. Il Briganti era ormai l’unico latitante sfuggito all’arresto durante l’operazione «Cinemastore» dello scorso gennaio grazie alla quale la Direzione Distrettuale Antimafia e gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Lecce assestarono un duro colpo alla Sacra Corona Unita. Ben 49 ordinanze di custodia cautelare furono firmate, in quella occasione, dal giudice delle indagini preliminari Alcide Maritati, su richiesta del sostituto procuratore Guglielmo Cataldi. L’operazione prese il nome dalla videoteca del quartiere “Santa Rosa” fatta saltare in aria tre anni fa. Pasquale Briganti è stato arrestato in località Capilungo, una delle marine di Alliste, dove si trovava come un turista qualsiasi. Ma gli investigatori non avevano mai smesso di dargli la caccia dal 24 gennaio scorso, quando era riuscito a sfuggire al blitz, pedinando anche i suoi famigliari e le persone che avrebbero potuto relazionarsi con lui.
Gli agenti sono entrati in azione dopo essersi assicurati il completo controllo della zona. Il latitante, quando è stato bloccato, non ha opposto alcuna resistenza. La latitanza era stata facilitata da repentini cambi di domicilio e spostamenti in luoghi non sospetti. Pasquale Briganti avrebbe guidato il clan mafioso insieme ai fratelli Giuseppe e Roberto Nisi. Tutti e tre erano riusciti a sottrarsi all’arresto nel corso dell’operazione «Cinemastore», ma Giuseppe Nisi si era costituito nel giro di poche ore, mentre suo fratello Roberto fu arrestato il 14 maggio scorso nella stazione Termini di Roma. Le indagini hanno appurato il ruolo di primo piano ricoperto dal Briganti e dai fratelli Nisi nella Scu. La Squadra mobile di Lecce ritiene che l’organizzazione da loro capeggiata avrebbe controllato l’attività del gioco d’azzardo, tramite la gestione delle bische clandestine, la riscossione del cosiddetto “punto” (vale a dire la tangente imposta agli spacciatori di droga non inseriti nell’associazione criminale), il traffico e lo spaccio di stupefacenti e la gestione dei rituali delle nuove affiliazioni.
Briganti, su Lecce e dintorni, era diventato il garante delle regole all’interno del clan, l’uomo di peso al quale gli affiliati facevano riferimento per la risoluzione delle controversie interne. Inoltre, le conversazioni intercettate avrebbero dimostrato come l’organizzazione si facesse carico dell’assistenza economica dei detenuti e delle loro famiglie. Il Procuratore Capo Cataldo Motta, se pur soddisfatto per la completa riuscita dell’operazione, ha puntato il dito contro le probabili complicità che hanno favorito la latitanza del Briganti: «Il fatto che Briganti sia riuscito a spostarsi sul territorio così frequentemente e senza tante difficoltà vuol dire, in primo luogo, che disponeva di ingenti risorse finanziarie e che poteva evidentemente contare sull’appoggio di diverse persone. Con la cattura di Briganti abbiamo preso un’esponente di grosso spessore della gestione del traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni e bische clandestine. A questo punto – conclude Motta esprimendo anche grande stima e soddisfazione per il lavoro della polizia – posso dire che l’operazione “Cinemastore” è completata».
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