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“Mettiamoci in gioco”

Di Norma Ferrara il . Progetti e iniziative

E’ un fenomeno in costante aumento e troppo a lungo sottovalutato che arriva a produrre 80 miliardi di fatturato annuo. Si tratta del gioco d’azzardo, una sorta di industria che porta profitto ma anche un primato: l’Italia è infatti il primo paese nel mondo per la spesa pro – capite investita in questo settore. Lotterie, slot machine, poker, scommesse e giochi d’azzardo di varia natura hanno invaso il mercato con ritmi sempre più incalzanti. Il 2,2% di popolazione adulta nel nostro Paese risulta essere a rischio di gioco d’azzardo, molto spesso già “dipendenti”.Queste e altre denunce sono arrivate oggi nella conferenza stampa di lancio di “Mettiamoci in gioco” – La campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo promossa da Acli, Alea, Arci, Anci, Avviso Pubblico, Cgil, Cna, Conagga, Federconsumatori, Federserd, Fict, Fitel, Gruppo Abele, Intercear, Libera, Uisp. Circa 17 reti di associazioni, sindacati, istituzioni, organizzazioni di settore e di consumatori insieme per mettere in guardia dal rischio del gioco d’azzardo ma anche per avanzare cinque proposte che permettano di contrastare sotto il profilo sociale e sanitario le conseguenze di questa nuova “dipendenza”. Un giro vorticoso d’affari che crea molto spesso un danno sociale ma anche illegalità: ben 41 clan sono coinvolti nel business generato dai giochi d’azzardo come recentemente documentato nel dossier presentato da Libera e intitolato “Azzardopoli” curato dal giornalista Daniele Poto. 
«Circa 800 mila persone – dichiara Marica Guiducci dell’Auser  oggi durante la conferenza stampa alla Federazione nazionale della stampa – risultano secondo le stime ufficiali “dipendenti” dal fenomeno del gioco d’azzardo in Italia e circa 2 milioni sono i cittadini a rischio. Spesso sono giovani e pensionati. E dato ancora più allarmante il 70 percento dei giocatori “fissi” sono precari o con contratti a termine, hanno basso tasso di istruzione e reddito». Un fenomeno, quello descritto dai promotori della campagna “Mettiamoci in gioco” che interroga direttamente lo Stato e le responsabilità della gestione di questo settore. Dalle autorizzazioni alla promozione del “gioco” nei confronti dei cittadini lo Stato ha una grossa fetta di responsabilità, sottolinea Guiducci e noi «vorremmo poter aprire un tavolo di confronto su i danni arrecati alle stesse casse dello Stato, in termini di sofferenza sociale e economica che questa continua promozione del gioco “autorizzato” comporta». Da anni comunità di accoglienza che si occupano di sociale e di recupero da dipendenze di diversa natura, gioco d’azzardo compreso, come il Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo provano a mettere un freno a questo dilagare del fenomeno. Ma è una battaglia impari «perché – come ha sottolineato Matteo Iori del Conagga – nell’ultimo anno nonostante gli sforzi messi in campo si è registrato un aumento del 26% dei giocatori per un totale di ricavi in questo settore di 91 miliardi di euro». Mancano norme adeguate a riconoscere ufficialmente la dipendenza da questo fenomeno, mancano i fondi per poter intervenire e spesso terzo settore e enti locali sono incapaci di far fronte alle diverse esigenze dei cittadini “vittime” di questa patologia. Manca un intervento anche in termini di etica della comunicazione da parte dello Stato che promuovere il gioco attraverso pubblicità e spot televisivi, e poco mette in guardia rispetto alle conseguenze. «Questa non è una campagna proibizionista – afferma Iori – ma un momento fondamentale per riflettere e tutelare le fasce di cittadini colpite da questa dipendenza e che non hanno di fronte a tutta questa “promozione” del gioco alcuno strumento per difendersi». «Noi operiamo su 140 gruppi in 17 diverse località – racconta Paolo Meletti del Federazione italiana comunità terapeutiche – e abbiamo modo di monitorare da vicino il fenomeno, riuscire a mettere in atto programmi di recupero diventa sempre più complicato». «Spesso – aggiunge Umberto Paioletti, del Coordinamento Nazionale degli Enti Ausiliari, InterCear – i soggetti dipendenti da gioco d’azzardo sono già affetti da altre forme di dipendenza, bisognerebbe garantire loro certezza della cura ma anche intervenire sulla prevenzione del fenomeno». In sostanza dal settore impegnato sotto il profilo socio sanitario arrivano richieste precise e su tutti un invito a riflettere su questa patologia e anche di capire a che prezzo si sostiene il gioco d’azzardo, e quel fatturato da capogiro, che entra nelle casse dello Stato, se poi è sempre lo Stato a dover investire per interventi sociali in sostegno di cittadini diventati dipendenti dal gioco stesso.  
I danni sociali del gioco d’azzardo, però, non si fermano qui. L’aveva denunciato mesi fa attraverso una dossier curato con Libera e denominato “Azzardopoli” e lo conferma ancora oggi alla conferenza stampa “Mettiamoci in gioco”, il giornalista Daniele Poto: «Più di 41 clan delle mafie sono coinvolti in questo business che sta diventando per le organizzazioni criminali la nuova frontiera per fare cassa e aumentare profitti sulle spalle dei cittadini, della legalità e dello Stato». Inchieste giudiziarie, denunce che arrivano dai territori e le cifre che arrivano dalla nostra economia  – tutto secondo Poto racconta di questa escalation già messa in atto dalle mafie nella filiera del gioco d’azzardo (Clicca qui per scaricare il dossier “Azzardopoli” e leggere lo speciale sul portale di Libera Informazione). Non c’è solo la denuncia ma come da sempre Libera continua a ripetere, anche la proposta. La campagna “Mettiamoci in gioco” chiede in particolare:
1. Porre un freno, da parte dello Stato, al modello di “liberalizzazione controllata” del gioco d’azzardo in Italia, che si è progressivamente trasformato in insidiosa “deregulation”, come testimonia l’abnorme espansione delle proposte di giochi in ogni comune d’Italia. Nel frattempo si chiede una moratoria rispetto all’immissione di nuovi giochi, sia per quantità che per qualità, e la rinuncia ad ampliare ulteriormente la raccolta e i ricavi derivanti dall’azzardo, anche nel caso di nuove emergenze nazionali che richiedono l’immediato introito di risorse.  
2. Restituire un potere decisionale alle comunità locali, ora espropriate di ogni funzione di “governo” del fenomeno: i sindaci non possono intervenire sulle licenze, perché totalmente scavalcati dall’attuale legge dello Stato.
3. Impedire la pubblicità del gioco d’azzardo con appositi divieti, non diversamente da quanto avviene per il tabacco. Pur consapevoli della normativa europea in merito, i promotori ritengono che gli Stati nazionali debbano riaprire il confronto sull’intera questione all’interno della Commissione e nello stesso Parlamento di Strasburgo.
4. Inserire il gioco d’azzardo patologico all’interno dei Livelli Essenziali di Assistenza previsti per i servizi sanitari, con una normativa volta a equiparare il diritto alle cure e l’accesso gratuito e diretto ai servizi già garantiti nelle altre forme di dipendenza patologica. Al fine di rendere sostenibili i costi di tale equiparazione si propone di devolvere l’1% del fatturato complessivo sul gioco alla riparazione dei danni direttamente o indirettamente provocati dall’espansione del fenomeno. Le risorse da reperire potrebbero essere così ripartite: per un terzo dalla riduzione delle vincite, per un altro terzo dagli introiti fiscali dello Stato, per il rimanente terzo dai profitti dei concessionari e gestori. 
5. Costituire un tavol
o di confronto con le associazioni e i servizi impegnati nel settore, al fine di definire i criteri e le iniziative di una corretta ed efficace campagna di educazione al gioco e di prevenzione dei rischi indotti dal gioco d’azzardo. Nello stesso tempo, si chiede la chiusura definitiva della campagna “Giovani e Gioco” realizzata nelle scuole dai Monopoli di Stato, di cui è stata segnalata da più parti la discutibile impostazione.
A seguire l’intervento integrale del giornalista Daniele Poto durante la conferenza stampa di “Mettiamoci in gioco”

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