Sicilia, la Regione ricorderà Peppino Impastato con una “Casa memoria”
Trentaquattro anni fa l’assassinio mafioso di Peppino Impastato, barbaramente mascherato da suicidio, fu oscurato dall’immenso clamore suscitato dalla scoperta del cadavere di Aldo Moro, trucidato dalle Brigate Rosse. Trentaquattro anni dopo la figlia dello statista democristiano ricorda quella drammatica coincidenza con parole di grande rispetto umano per il militante di Democrazia Proletaria, candidato al consiglio Comunale di Cinisi, giornalista radiofonico autodidatta che dai microfoni dell’emittente privata Radio Aut sbeffeggiava il potentissimo e sanguinario capomafia Tano Badalamenti, che abitava a cento passi da casa sua. Oggi, quei cento passi che separano le due case sono stati percorsi simbolicamente in corteo da moltissimi sindaci che cingevano la fascia tricolore, mobilitati da Avviso Publico. Nel corteo c’erano anche alcune scolaresche e molti cittadini. E’ stato questo il modo scelto per ricordare pubblicamente la grande sfida all’omertà costata la vita a Peppino.
Oggi la casa di Badalamenti, confiscata, si chiama Casa 9 maggio, e la vecchia casa di famiglia di Peppino è un museo intitolato a lui e Felicia, vera madre coraggio che si è battuta fino alla morte per difendere la memoria del figlio e rivendicare giustizia. Anche il casolare presso la ferrovia in cui Peppino fu ucciso diventerà un museo. Lo ha annunciato proprio oggi a Cinisi l’assessore regionale all’economia, Gaetano Armao: la regione ha avviato le procedure per espropriare il casolare e il terreno circostante ed insediarvi un sito della memoria. “Vogliamo trasformare – ha detto Armao – questo luogo simbolico in una testimonianza della resistenza che ha fatto Impastato. Intendiamo così ricordarne e commemorarne l’impegno civile e giornalistico”.
Sono state tantissime, quest’anno, le iniziative organizzate a Cinisi per ricordare Peppino. Promosse dai suoi vecchi amici personali e politici e da nunerose associazioni, sono iniziate il 25 aprile e sono culminate dal 5 al 9 maggio nel Forum Sociale Antimafia. A Cinisi, finalmente il nome di Peppino si può dire, si può ricordare senza fare scappare la gente più timorosa. Nei suoi comizi e alla radio, Peppino si rivolgeva ostentatamente alle finestre chiuse, sapendo che dietro di esse si poteva ascoltare la sua voce, essere visti.
“Finalmente a Cinisi ci sono più finestre aperte. Finalmente si vede qualche spiraglio”, ha commentato con soddisfazione Giovanni Impastato, il fratello di Peppino, accogliendo le scolaresche, i sindaci e gli amministratori locali mobilitati da Avviso pubblico. “Peppino aveva le sue idee, ma era soprattutto un cittadino che denunciava la violenza della mafia. Perciò non si può imprigionare Peppino in una ideologia politica, e – ha detto il fratello Giovanni – quest’anno lo dimostra la presenza massiccia di studenti, di associazioni e di esponenti del mondo cattolico”.
La marcia dei 100 passi dei sindaci, in ricordo di Peppino Impastato, si è aperta a Cinisi con la lettura di un messaggio inviato a Giovanni Impastato da Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse nella stessa data in cui la Sicilia ricorda l’assassinio del militante di Cinisi.
“Mi piacerebbe tanto che un giorno potessimo ricordare i nostri cari non nel giorno della loro morte, ma – ha scritto Agnese Moro in una lettera indirizzata a Giovanni Impastato – nel giorno nel quale festeggiamo la nascita della nostra Repubblica, il 2 giugno. Allora avrebbero davvero il loro posto, che non è quello di vittime, ma quello di costruttori coraggiosi di un Paese in cui ci sia posto per tutti, con uguale dignità e rispetto. Tuo fratello e mio padre erano molto diversi. Ma qualcosa li unisce, qualcosa che viene prima e va al di là del fatto di essere stati uccisi, e per di più lo stesso giorno. Credo che entrambi amassero la giustizia e la liberazione, da ottenere con la mite e coraggiosa strada della democrazia, che é tale solo con l’assunzione di responsabilità da parte di ognuno. Come tanti, prima e dopo di loro, hanno pagato questi amori a caro prezzo. Sapevano che poteva succedere, ma non si sono fermati. Un po’ vorrei che l’avessero fatto e che non ci avessero lasciati soli. Ma era la loro strada. A noi è rimasto l’incarico gravoso di essere testimoni del loro impegno. Per fortuna oggi possiamo condividere questo onere con un numero sempre più ampio di persone, tra cui tanti giovani, che hanno trovato in Peppino e Aldo degli amici che possono accompagnarli e aiutarli a scegliere la strada giusta”.
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