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“Amore Non Ne Avremo”

Di Anna Foti il . Calabria, Sicilia

Peppino era un uomo semplice, un giovane sognatore che ha pagato con la sua vita gli ideali in cui ha strenuamente e coraggiosamente creduto. Ideali che la mafia non è riuscito a spezzare e che ancora oggi vivono. Così la voce di Peppino è divenuta quella della controinformazione degli anni Settanta in Sicilia, la voce di Radio Aut. Documenti audio originali, con passaggi della trasmissione radiofonica ‘Onda pazza’ e le testimonianze dei compagni di Peppino che di lui hanno conosciuto le umane contraddizioni: la gioia e l’entusiasmo, lo sconforto e la disperazione, la propositività e la spregiudicatezza, la crisi inevitabile di uno spirito rivoluzionario in un tempo ancora immaturo, la coerenza di un uomo che neppure la violenza e la morte hanno strappato al suo incontenibile desiderio di cambiamento e di libertà. Tutto questo nello spettacolo ‘Malacarne, Peppino Impastato Amore Non Ne Avremo’ andato in scena presso il centro sociale ‘Angelina Cartella’ di Gallico, Reggio Calabria, in occasione del trentaquattresimo anniversario di quella notte tra l’otto ed il nove maggio 1978, quando il corpo di Peppino, o ciò che ne restò dopo l’esplosione, venne ritrovato sui binari ferroviari della Palermo-Trapani. Aveva trent’anni.
 
Lo spettacolo vede protagonisti Peppino Impastato interpretato da Andrea Maurizi, e Laura, interpretata da Consuelo Cagnati, che fonda radio Aut con Peppino a Terrasini, a due chilometri di Cinisi. Da qui la radio comincia a trasmettere nel maggio del 1977 sulle frequenze canale 98.800 Mhz e lì sarebbe stata chiusa alcuni mesi dopo l’assassinio di Peppino.
In scena anche in occasione del trentatreesimo anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato, all’interno del 10° Forum Sociale Antimafia nella casa di Gaetano Badalamenti confiscata alla Mafia nel Maggio 2011, lo spettacolo, ispirato al volume di Giorgio Di Vita ‘Non con un lamento’ che racconta quello scorcio degli anni Settanta in un libro di memorie edito nel 2010 da Navarra Editore, continua a girare l’Italia. Un modo per contribuire alla lotta all’oblio, per mantenere viva la speranza di una libertà per quale Peppino è stato costretto a morire. Un modo per dire ancora oggi che la mafia in quegli anni non vinceva, ma solo grazie a cittadini come lui; ma la mafia già esisteva, divorava e, divorando, cresceva, prosperava mentre quei pochi che si indignavano, venivano ammazzati, mentre l’economia sana, il tessuto produttivo, sociale e culturale di un paese veniva irreparabilmente aggredito e compromesso. Ecco perché la storia di Peppino è ancora drammaticamente attuale, come quella domanda: ‘Come si fa ad attaccare la mafia?’ Oggi la mafia, anzì le mafie si attaccano di più rispetto ad allora perché si conoscono meglio; il punto è che non si sconfiggono. Forse se allora si fosse trovato il modo di attaccarle, si sarebbe anche riusciti a sconfiggerle.
Ecco perché radio Aut ha ancora molto da dire al punto da essere stata riaperta con la formula web.  Lo scorso 9 maggio sul sito www.associazioneradioaut.org edizione, in onda  uno speciale per ricordare attraverso la voce dei compagni di Peppino Impastato. Un progetto che è stato ripreso già nel 2010, quando nel giorno del sessantaduesimo compleanno di Peppino (5 gennaio 2010) sono iniziate le trasmissioni di Radio 100 Passi, una webradio direttamente dalla Casa memoria Felicia e Peppino Impastato a Cinisi, che raccoglie l’eredità di Radio Aut.
I documenti audio di radio Aut, le testimonianze i ricordi, hanno scandito lo spettacolo al centro Cartella mentre Laura (Consuelo Cagnati), emigrata al nord, torna dopo trent’anni in Sicilia a Cinisi per ricercare tracce di un passato doloroso ma da non dimenticare. Cinisi, un paese con dodici mila abitanti ai piedi di Piano Margi, che, stordito, assiste passivo al disfacimento delle coste circostanti in preda ad un forsennato abusivismo edilizio in mano alla mafia, che al seguito di Peppino (Andrea Maurizi) assiste alla protesta contro la costruzione dell’aeroporto di Punta Raisi di Palermo, all’ombra di Montagna Longa, con strade piene di curve inutili ma che non scontentano nessuno. In questo torpore irrompe la voce libera di Peppino che sfida la mafia dentro e fuori le mura domestiche, che mette in gioco gli affetti familiari per denunciare il dominio del malaffare, del sopruso, degli appalti truccati, del contrabbando a spese del bene comune, della libertà dell’uomo, di quella bellezza che si dovrebbe nuovamente imparare a riconoscere e a difendere.
Attraverso le passeggiate di Laura, i suoi tuffi nel passato, Consuelo Cagnati, in una serata di vento che suggestiona a commuove, riporta il pubblico a quegli anni di fermento, anni figli della rivoluzione culturale del ’68, gli anni delle lotte studentesche delle storie soffocate nel sangue di Francesco Lorusso, Georgiana Masi, Elena Pacinelli, Walter Rossi. Anni in cui il vento a Cinisi era rappresentato dalla voce di Peppino e dei suoi compagni. Riemerge in tutta la sua profondità il travaglio interiore di un giovane che ricerca il cambiamento. L’adesione a Lotta continua, la conoscenza del fondatore Mauro Rostagno, giornalista ucciso a nel trapanese nel 1988, la militanza politica, quindi fondatore di Radio Aut, radio libera e autofinanziata, attraverso la quale denunciava i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini.
Sono anche gli anni di Piombo, della strategia della tensione in cui le conflittualità sociali e le tensioni serpeggiano fino a sfociare nel sangue versato. Da qui la passione civile, l’urgenza, la necessità di una lotta alla mafia, vera e senza etichette e passerelle, condotta attraverso il teatro, la satira, la controinformazione di chi la mafia ce l’ha in famiglia e fuori, a soli 100 passi da casa. Peppino Impastato, figlio di Luigi Impastato, capo di un piccolo clan ma componente del clan più grande con a capo Gaetano Badalamenti, la cui casa, posta a cento passi dalla sua e sempre con le persiane abbassate. Questa casa è stata la chiave del film di Tullio Maria Giordana che nel 2000 raccontò la storia di Peppino, della mamma Felicia, del fratello Giovanni, del padre Luigi, vittima di un incidente mentre attraversava la strada qualche tempo prima di quel 9 maggio 1978. Raccontò anche dello zio di Peppino, Cesare Manzella, fatto saltare in aria quando lui aveva solo 15 anni con la prima autobomba della storia della mafia.
Candidato, nei giorni dell’esecuzione mafiosa, nella lista di Democrazia Proletaria in lizza per il Consiglio Comunale di Cinisi, Peppino fu assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio, proprio mentre era in svolgimento la campagna elettorale per la rielezione del consiglio comunale. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi si sarebbero recati alle urne e avrebbero votato ugualmente il suo nome, eleggendolo. Per troppi anni, sulla storia di Peppino, vi fu il vile tentativo di sminuire e di manipolare l’accaduto, di nascondere la verità  di un delitto mafioso. Come subito dopo l’omicidio, quando nessuno volle pubblicare il manifesto che i compagni avevano preparato per denunciare il depistaggio in atto ed il mandante mafioso.
La matrice mafiosa del delitto Impastato dovrà, infatti, aspettare 6 anni prima di essere ufficializzata in una sentenza firmata da Antonino Caponnetto nel 1984, sulla base delle indicazioni del consigliere istruttore del primo pool antimafia istituito presso il tribunale di Palermo, Rocco Chinnici, anche lui assassinato da Cosa Nostra nel 1983. Anni di depistaggi e ostruzionismo ma anche anni di grande impegno civile e tenacia per i familiari, per gli amici, per il centro di documentazione siciliano di Palermo nato nel 1977, intitolato a Peppino Impastato nel 1980, istituito su impulso di Umberto
Santino e Anna Puglisi. Sarà proprio l’indignazione del fratello Giovanni, della madre Felicia Bartolotta Impastato, a far riaprire il caso e, grazie anche ai compagni di militanza, a far sollevare la testa contro Cosa Nostra con la prima manifestazione antimafia promossa il 9 maggio 1979 cui parteciparono 2000 persone.
Bisognerà attendere 23 anni da quella notte, prima che Vito Palazzolo sia condannato a 30 anni di reclusione e 24 anni, prima che una condanna all’ergastolo, come mandante dell’omicidio, colpisca Gaetano Badalamenti nel 2002. La morte avrebbe colto il boss nell’aprile del 2004. Nel dicembre dello stesso anno sarebbe morta anche Felicia Bartolotta, sopravvissuta a quello che le lasciarono del figlio, che lei avrebbe difeso sempre, diceva. La storia di Peppino è la storia universale di chi si è ribellato ad un destino già scritto per vivere una vita secondo il proprio credo. Quando per farlo sfidi la mafia, la partita è impari ma, ugualmente, non puoi fare a meno di combatterla.
 Amore Non Ne Avremo* 
 
Nubi di fiato rappreso 
s’addensano sugli occhi 
in uno stanco scorrere 
di ombre e di ricordi: 
una festa, 
un frusciare di gonne, 
uno sguardo, 
due occhi di rugiada, 
un sorriso, 
un nome di donna: 
Amore 
Non  
Ne 
Avremo.
 
Peppino Impastato
 
*‘Amore Non Ne Avremo’, anche una raccolta di poesie e foto di Peppino Impastato, a cura dei compagni di Peppino (Ila Palma 1990)
La raccolta è stata pubblicata anche per i caratteri di Navarra nel 2007, con aggiornamento nel 2009, a cura di Salvo Vitale, in collaborazione con l’“Associazione Amici di Peppino Impastato”. La collana “Fiori di Campo”, coordinata da Guido Orlando, si apre con questo volume che custodisce le poesie salvate dalla perquisizione effettuata nella abitazione di Peppino, dopo il suo omicidio. 
 
 

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