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Generazione Zero Diritti

Di Rosita Rijtano il . Campania

Alessio Viscardi ha ventisette anni. In tasca un centodieci e lode in Scienze della comunicazione. E un sogno: il giornalismo. Nel suo dizionario Napoli è sinonimo di precarietà. Con la laurea credeva di aver chiuso il cancello della fanciullezza ed essere entrato in un giardino pieno d’opportunità pronte per essere colte. Si sbagliava. “È stata dura avere nel cuore tanta speranza e di fronte un deserto senza sbocchi. Per anni ho cercato un lavoro stabile. Invece ho dovuto saltare da un impiego all’altro, cercando di evitare le truffe. Volevano farmi scrivere senza pagare”. Poi l’idea: CittadiniGiornalisti.it, il portale d’informazione partecipativo che lancia interamente da solo. “L’ho realizzato imparando a programmare le pagine web”, spiega. Con Arianna Ciccone e Valigia Blu realizza il primo esperimento d’inchiesta finanziata in crowdfunding, sfruttando i soldi raccolti attraverso la rete. Nel 2011 è tra i finalisti al premio Eretici Digitali. Ma il progetto non decolla: “Non avevo nessuno alle spalle. Invece iniziative clone, come Timu, sono state abbondantemente finanziate”. 
Oggi si alza tutti i giorni alle sette, dorme poco, mangia quando capita. La giornata la trascorre davanti al pc a fare ricerche. O in giro per la città a caccia di notizie, aggiornando costantemente i suoi spostamenti su Facebook e Twitter. Essere connessi è un must. Sul dorso uno zaino da viaggio carico d’attrezzature e tanti cavi da fare invidia a un elettricista. Che cosa non può mancare nella sua borsa? Reflex, videocamera, microfoni, SD, batterie, block notes e portatile. Per scrivere, girare e montare video on the road in tempo reale. Senza l’aiuto di nessuno. Alessio, occhi trasparenti e spalle larghe, è uno dei volti made in Naples di un’età complessa. Ricca di passioni e contraddizioni. Sogni e disincanti. Se n’era accorto già Paul Nizan, quando in Aden Arabia esordiva fiducioso con “Avevo vent’anni”, per poi proseguire aspramente: “Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita. È dura imparare la propria parte nel mondo”. Soprattutto se a mancare sono gli spazi e per realizzarsi è necessario partire dal via. 
È la generazione zero. Zero prospettive. Zero diritti. Zero garanzie.
 Lasciata in mutande da genitori, che l’hanno poi frettolosamente liquidata con l’appellativo di “bamboccioni”, è cresciuta ai margini del sistema imprenditoriale e politico.  Sviluppando una crescente sfiducia nelle istituzioni e in se stessa. L’esercito degli scoraggiati, così lo definiscono le statistiche che nel territorio Campano dipingono uno scenario drammatico: 51,1 % è la cifra di giovani inoccupati tratteggiata dal Cgia di Mestre. Da qui la fuga nel mondo virtuale e dell’alcol o all’estero. Sono 719.580 le utenze Facebook in Campania, 10.056 è il numero degli studenti universitari che beve, 1.909 gli espatri. Sembrerebbe tutto perduto, se non fosse per lo scatto d’orgoglio finale: “Faccio da me”, o almeno ci provo. “Avere vent’anni a Napoli significa saper creare ciò che si vuole con le proprie mani”. Alessandro Arena, in arte Lele Blade, lo sa bene. È un ventiduenne dall’aria vissuta e sbarazzina, che dopo un diploma all’istituto alberghiero e un anno trascorso a cucinare nei ristoranti spagnoli, è tornato a Casoria. Nel cuore il rap e gli amici di sempre. “Volevamo suonare ma trovare un manager è impossibile. Abbiamo imparato a fare da soli”. Cazoria Movment, avanguardia culturale che riunisce fotografi, grafici e artisti locali, è nata prima. Poi è stato il momento del duo rap, Kimicon Twinz, con ‘Ogemell’ Domenico D’Anna. Nel corso di un intero anno e mezzo Alessandro, finito il lavoro di volantinaggio, ha guidato per un’ora. Destinazione: Avellino, dove un amico aveva messo a disposizione uno studio di registrazione. Si provava dalle otto di sera alle quattro del mattino. Niente distrazioni né lussi. Fino al disco ‘Hood love’, amore per il quartiere, che sarà presentato il 5 maggio al Delirious, nel cuore del centro storico partenopeo. 
È così che la generazione zero si organizza: connettendosi, creando sinergie, cercando altri sentieri. Quelli meno battuti, suggeriti da Robert Frost. Al secondo piano dell’ex piazza telematica, a Scampia, è già tutto pronto. Ci sono le sedie, le scrivanie, e persino una macchinetta del caffè. Si attende solo la connessione alla rete per far partire la sede italiana di Agoravox, sito di giornalismo partecipativo, trasferitosi da Parigi. Ma non ci sarà un poster della Torre Eiffel attaccato alle pareti, commenta scherzoso il caporedattore Francesco Raiola, originario di Torre del Greco. Era un giorno di primavera del 2008: lui e il direttore Francesco Piccinini, napoletano doc, si sono guardati negli occhi e han detto: è assurdo continuare a rimanere qui, torniamo in Italia.  “Volevamo tornare a casa e renderci utili. L’obiettivo è creare una rete sia virtuale che con scuole e associazioni, per dare il nostro piccolo contributo”. Il futuro? È nelle mani di ognuno di noi e cinguetta su Twitter. Passa parola.
 
* L’articolo è stato realizzato per  “Inchiostro” – Periodico dell’Università  Suor Orsola Benincasa
 

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