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A Palermo la “Giornata in memoria dei giornalisti uccisi da mafie e terrorismo”

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Il più giovane di loro si chiamava Cosimo Cristina, aveva 25 anni e viveva a Termini Imerese. Faceva il giornalista. La mafia lo uccise perché con il suo lavoro raccontava quello che accadeva in città. Un cronista scomodo, Cristina, fatto fuori inscenando un suicidio. La sua è una morte ancora senza verità né giustizia. Oggi 3 maggio si celebra a Palermo la “Giornata in memoria dei giornalisti uccisi da mafie e terrorismo”. Sono 37 dall’inizio dell’anno i cronisti uccisi nel mondo. In Italia dal 1960 al 1993 sono stati uccisi per mano delle mafie  11 i giornalisti (8 dei quali in Sicilia), altri sono morti all’estero impegnati nel racconto dei fatti che accadevano nei Paesi in cui si trovavano, spesso luoghi di conflitto.

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Un percorso, quello della Memoria, partito alcuni anni fa proprio da Palermo, su spinta dell’Unione cronisti siciliani e del neonato Osservatorio Ossigeno per  l’informazione, diretto da Aberto Spampinato.  « Bisogna lottare sempre per la liberta’ di stampa e vigilare affinche’ non vengano introdotte leggi bavaglio», ha detto Franca De Mauro, figlia maggiore di Mauro De Mauro, il cronista del quotidiano L’Ora ucciso dalla mafia con il metodo della lupara bianca. «Essere paladini della liberta’ di informazione comporta ancora oggi un grande rischio per la propria vita». «Dopo 30 anni siamo qui a ricordare con l’affetto e con la rabbia – ha detto Elena Fava, figlia del giornalista e scrittore catanese ucciso nel gennaio del 1984 – dobbiamo pretendere che la storia dei nostri familiari sia la storia di tutti». «La memoria di mio fratello e’ stata umiliata – ha detto Alberto Spampinato, fratello di Giovanni, un altro cronista ucciso – C’e’ un lavoro attivo nel cancellarla. Non e’ giusto lasciare a noi familiari delle vittime il compito di far conoscere le loro testimonianze, ma espone molto al rischio di agire per interessi privati e pesa la disattenzione e indifferenza. Spero che il nostro Paese faccia di piu’, specie la Sicilia». Spampinato ha poi sollecitato la realizzazione di ‘un centro di documentazione sui giornalisti uccisi e minacciati dove poter consultare documenti e inchieste. Tra le vittime dell’informazione ricordate Mario Francese, Mauro De Mauro, Carlo Casalegno, Giancarlo Siani, Giuseppe Impastato, Giuseppe Fava, Cosimo Cristina, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano, Walter Tobagi, Giovanni Spampinato. Ma anche giornalisti, foto-reporter e cameraman uccisi in azioni di guerra, o il tipografo del ‘Messaggero’ di Roma, Maurizio Di Leo, ucciso dai terroristi per errore.

«L’agguato ha un odore, e’ l’odore del sangue. Ma per me le vere vittime sono quelle che sparano, sono vittime della loro idiozia” con queste parole, Franco Piccinelli, giornalista Rai di Torino gravemente ferito il 24 aprile del 1979 con 6 colpi sparati dai terroristi delle Brigate Rosse». La giornata e’ iniziata con una visita al Giardino della Memoria di via Ciaculli, per ricordare le vittime di mafia e dove sorgera’ un museo dell’antimafia e della legalità. Dopo i saluti del presidente dell’Ars, Francesco Cascio, e’ stata la volta del presidente regionale dell’Unci, Leone Zingales: «La Sicilia con 8 cronisti uccisi ha pagato il tributo piu’ alto – ha detto – era doverosa questa manifestazione avviata su iniziativa del gruppo siciliano dell’Unci. Inoltre, il commissario straordinario del Comune di Palermo dedichera’ un piazzale alla liberta’ di informazione». Alla manifestazione sono intervenuti anche il presidente nazionale dell’Unci, Guido Columba, e il segretario nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Giancarlo Ghirra. 

Tanti i cronisti uccisi da mafie e terrorismo e molti altri quelli minacciati e intimiditi in questi anni. Molti di loro rischiano la pelle per pochi euro al pezzo. Un monito forte in questa direzione lo lancia proprio il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino che dice «Oggi tra le tante mafie, ce n’e’ un’altra che non raramente gode delle provvidenze dello Stato. E’ composta da quanti, senza fare ingenerosi mucchi, tra gli editori sfruttano decine di migliaia di giovani di ogni eta’, compensando il loro lavoro con spiccioli di euro, tenendoli in condizione di bisogno non molto diverse dalla schiavitu’, impedendo loro di fatto, con il ricatto del precariato permanente, di tutelare quel diritto alla verita’ che nostro tramite la Costituzione afferma appartenere ai cittadini. Sono, costoro, ladri di sogni. Non tolgono la vita, ma uccidono le speranze».
«Le vittime di questa ‘mafia’ non hanno mai neanche il conforto di un ricordo, se non nel cuore dei loro familiari e dei loro amici – continua Iacopino. Penso a Pier Paolo Faggiano, ‘suicidato‘ in Puglia il 21 giugno dello scorso anno perche’ privato del sogno di una vita normale, senza lussi, schiantato dalla voglia di servire la verita’ e i cittadini e dalla impossibilita’ di costruirsi una famiglia con le mancette dei compensi che percepiva per il suo lavoro». «In questa insopportabilmente lunga catena del dolore – conclude Iacopino – vanno ricordati anche loro: i testimoni anonimi di quanto questo nostro mestiere sia complesso e di quanto in questo nostro amato Paese sia difficile garantire ai cittadini il diritto alla verità».

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