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Accade a Palermo, 30 anni fa

Di Umberto Di Maggio il . Sicilia

Chissà come doveva essere Palermo 30 anni fa. Chissà che tempo faceva quella mattina del 30 aprile 1982. Chissà se era già caldo e chissà quanti ragazzi avevano marinato la scuola. E chissà se Pio insieme a Rosario, quella mattina, avevano già preso il caffè, l’ultimo prima di morire ammazzati da Cosa Nostra.  In questi anni ho spesso avuto tra le mani la fotografia che li ricorda sorridenti, amici e compagni di tante lotte per la democrazia e la pace.
  Il loro nome è echeggiato forte, in questi 30 anni, quando si è sottolineata l’importanza della confisca dei beni come strada maestra per il riscatto del Sud. Perchè sull’intuizione geniale della legge che porta il nome di La Torre si è giocata la vera partita di liberazione di quel Meridione ancora ancorato ad una vergogna e ad un’infamia difficile da cancellare.
 
Proprio sul solco di quella legge, infatti, le tante cooperative “su” Libera Terra ogni giorno provano, da Corleone a Belpasso, da Castelvetrano a Naro, attraverso la coltivazione di quella che era “terra dei boss”, a dare speranza attraverso il lavoro onesto e libero da ogni condizionamento mafioso. Quel sogno di una società più giusta perchè più equa forse, tra fatiche ed amnesie, si sta materializzando.
 
Oggi la nuova battaglia è contro la corruzione, per l’etica e la buona politica. La nuova sfida va nella direzione di una maggiore responsabiltà nella pubblica amministrazione. La nostra Isola lo sta capendo. All’alba di nuovi processi che vedono protagonisti in negativo alcuni dei più importanti dirigenti dei partiti che hanno governato il nostro territorio l’esempio morale di Pio e Rosario risuona da monito.
 
Stamattina, ho messo una cravatta rossa. L’ho scelta tra le poche che il mio guardaroba ha. Ed ho scelto il vestito migliore, quello del matrimonio. 
Su quella lapide in Via Li Muli ho incontrato Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Erano vivi, come è viva la dignità di due siciliani onesti che la mafia ha strappato alle proprie famiglie e a quella Sicilia che vuole ancora il cambiamento.

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