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L’ombra della mafia sul comune di Misilmeri

Di redazione il . Sicilia

Le mani della mafia sul Comune di Misilmeri. Questo uno degli aspetti più inquietanti emerso stamani nell’operazione “Sisma”. Cinque ordini di custodia cautelare in carcere sono stati emessi dal gip di Palermo nei confronti di presunti mafiosi accusati di associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni. L’inchiesta della procura palermitana riguarda anche il condizionamento della cosca nella vita politica del comune di Misilmeri alle porte di Palermo. Il gruppo criminale avrebbe condizionato gli assetti politici dell’amministrazione comunale per accaparrarsi appalti.  
 Gli indagati, cui i carabinieri stanno notificando gli ordini di custodia in carcere sono: Francesco Lo Gerfo, 51 anni, Mariano Falletta, 61 anni, Antonino Messicati Vitale, 40 anni, Stefano Polizzi, 57 anni, Vincenzo Ganci, 45 anni. Secondo le indagini, effettuate con intercettazioni video e audio e che si sono avvalse della collaborazione di pentiti, tra cui Stefano Lo Verso, Lo Gerfo avrebbe retto il mandamento mafioso di Misilmeri dopo l’arresto del boss Antonino Spera. Coinvolto anche un consigliere di circoscrizione del Pid, Vincenzo Ganci, sorpreso dalla telecamere degli investigatori a colloquio con il boss della zona, Lo Gerfo. L’accusa per il politico del Pid (sebbene i responsabili regionali abbiano diramato una nota nella quale dicono che non appartiene al loro partito) è di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, nel corso delle indagini, Ganci ha eseguito la mediazione tra il capo mandamento mafioso di Misilmeri e l’attuale Presidente del Consiglio comunale di Misilmeri, Giuseppe Cimo. Le telecamere lo hanno ripreso mentre si accorda con il capomafia locale, per pilotare la campagna elettorale e poi fare eleggere suo cugino Cimò, cui è stata inviata una informazione di garanzia, perché secondo l’ipotesi accusatoria avrebbe agevolato il clan mafioso nell’aggiudicazione di alcuni appalti. Presupposti, questi, che fa sapere la procura di Palermo “saranno comunicati agli organi competenti affinché si proceda a valutare degli organi elettivi dell’amministrazione comunale di Misilmeri”. 
Cosa nostra. L’indagine “Sisma” rivela anche alcuni movimenti della mafia siciliana al suo interno. Il piccolo paesino del palermitano, infatti,  sarebbe stato il luogo di “transito” della famiglia mafiosa di Villabate che dopo numerosi anni di permanenza all’interno del mandamento di Bagheria, avrebbe diretto i propri affari in quest’area. Questo, per chi indaga, ‘e’ di straordinario valore investigativo in quanto consente di registrare un profondo mutamento degli assetti territoriali mafiosi della parte orientale della provincia palermitana, sul modello “storicamente” tenuto da Cosa nostra. 

Gli affari e l’inchiesta. L’indagine e’ stata coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Ignazio De Francisci, e dai sostituti Lia Sava, Nino Di Matteo, Maria Sabella e Gery Ferrara. Tra le attività economiche che secondo i magistrati erano direttamente riconducibili al clan, anche quello della gestione del ciclo dei rifiuti, con una “massiccia penetrazione” all’interno del Coinres, il Consorzio che si occupa dela raccolta dei rifiuti in 22 comuni limitrofi a quello palermitano. Dal municipio i boss gestivano appalti, e guardavano già al piano regolatore. Oltre a controllare attivita’ criminali tipiche, come le estorsioni e i videogiochi installati nei locali pubblici, i boss avrebbero manovrato, dunque, anche soggetti vicini alla “cosa pubblica” per appalti, scambi di favori, e “spartizione” di posti di lavoro. 
Come è possibile vedere dalle immagini che seguono (Video Repubblica.it) il boss Lo Gerfo  e il politico Ganci parlano di elezioni amministrative e di reciproche “convenienze” . Ma  sanno di essere nel mirino degli investigatori o quantomeno temono che se scoperte queste alleanze, possa arrivare un “Commissario” e “sciogliere il comune”. Cosi il boss invita alla prudenza il politico. “Non sia mai commissariano il comune…. il danno è assai, capisci?”  – dice il boss in uno dei colloqui,  al politico che a Palermo, in questa campagna elettorale per il Comune (nata sotto una cattiva stella, fra divisioni e primarie difficili) sostiene  in queste settimane, con la lista “Amo Palermo”, la candidatura di Marianna Caronia.  L’aspirante sindaco di Palermo  ha ribadito che prima di accettare la sua richiesta di candidatura anche Ganci aveva presentato, come tutti gli altri, un’autocertificazione in cui sosteneva di non essere indagato”. Per la verità all’esponente del Pid era arrivata anche una e-mail anonima in cui si segnalava come Ganci fosse “vicino a mafiosi”. Proprio per questo la candidata aveva chiesto a tutti i suoi candidati di produrre  il certificato penale e un certificato di carichi pendenti. Certificato arrivato da parte di tutti, conferma la Caronia, compreso Ganci. 

(notizia in aggiornamento 11.30)

Il video degli incontri fra politici e boss (Video a cura di Repubblica.it)


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