Il Grande Imbianchino
della Lega
Pulizia fatta capo ha. Il Grande Imbianchino della Lega ha finito il suo lavoro. Ha risolto i problemi. Tutto finito. Colate di verde sullo scandalo, scope riposte in camerino, un paio di teste schizzate via, cori e inni, il nuovo gruppo dirigente, il nuovo congresso, il nuovo patto con le popolazioni del Nord, la Lega che è forte e vincerà. Il Grande Imbianchino della Lega è in prima fila che sorride beato. Il Grande Imbianchino fa l’occhiolino ai fotografi. Ha minacciato ultimatum, e di chiamarsi fuori, se non gli avessero dato il bastone del comando. Ora è appagato. Si tratta solo di coprire questi mesi sino alla fine di giugno, che lo porteranno a incoronazione certa.
Verrebbe quasi da dire “che schifo”, di fronte a questa ennesima pagina di politica italiana, o di politica padana; non fa differenza. Nessuno sapeva dei loschi maneggi del “tesoriere”. Anzi : il “tesoriere”, che come tutti i “tesorieri” sono messi lì per questo, godeva di libertà illimitata e all’insaputa di tutti. Nessuno sapeva quali fossero le mansioni che il partito aveva affidato alla “badante”. Nessuno sapeva cosa combinava il “capo”, cosa combinava la moglie del “capo”, cosa combinava il figlio del “capo”. Nessuno sapeva che si erano messi in casa la n’drangheta. Nessuno trovava vergognoso investire in Tanzania i soldi del finanziamento pubblico ai partiti, fin quando il troppo rumore aveva fatto esplodere lo scandalo. Questa storia, nel suo insieme, è andata avanti per due decenni. Nessuno vigilava, nessuno si indignava. Nessuno ha mai avuto nulla da eccepire di fronte all’ acqua sacra del Po. Di fronte ai fazzoletti verdi. Al tricolore calpestato. Al Parlamento padano. Ai ministeri padani. A Roma ladrona. Di fronte alla minaccia di prendere a cannonate le imbarcazioni cariche di immigrati. O a quella di portare al guinzaglio i maiali nelle zone di eventuale culto islamico.
Gli opinionisti illustri ridevano, come si conviene di fronte a rodomontate di irresistibile comicità. I furbacchioni del “cerchio magico”, intanto, contavano le banconote del finanziamento pubblico. E contavano anche le altre, che alle prime andavano mescolandosi. E le contavano nel retrobottega del locale, con la porta chiusa a chiave. Poi, udite le prime sirene, il “tesoriere” e la “badante” non hanno fatto in tempo a scappar via. Tutti gli altri, invece, se l’erano già svignata dai vicoli laterali. Ora il Grande Imbianchino può dedicarsi serenamente al futuro dell’ azienda. Che fosse all’altezza del compito, si era visto meno di un anno fa. Quando aveva strillato e scalciato perché Fazio e Saviano si erano permessi di dire che le mafie erano da tempo sbarcate al Nord, pretendendo poi, per lesa maestà, di autoinvitarsi in una trasmissione in cui nessuno aveva mai pensato di invitarlo.
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