Foggia, le mani dei clan sulla città
Con l’inchiesta «Piazza Pulita» Squadra Mobile, DDA e Procura Dauna hanno portato alla luce le infiltrazioni della mafia nell’azienda pubblica “Amica” di Foggia che si occupa della raccolta dei rifiuti. Malavitosi e figli di boss venivano pagati malgrado fossero assenteisti, perché nessuno aveva il coraggio di denunciarli e, se, come successo in un caso, qualcuno osava aprire bocca, arrivavano puntuali le intimidazioni. Il blitz ha portato all’arresto di nove persone: il Gip di Bari Giovanni Anglana ne ha mandate 5 in carcere, 2 ai domiciliari, mentre altre 2 sono piantonate in ospedale.
Nei tre filoni dell’inchiesta gravano nei loro confronti, a vario titolo, le accuse di corruzione e estorsione ai danni di “Amica”, del Comune e di una cooperativa sociale, con l’aggravante dei metodi mafiosi. L’ ex presidente Elio Aimola, alla guida dell’ “Amica” dal giugno 2007 al febbraio 2010, è agli arresti domiciliari perché accusato di corruzione. Avrebbe favorito la coop “Fiore”, gestita dai fratelli Gaetano e Giacomo Iammarino, affidandole dal maggio 2009 al marzo 2010 il servizio di raccolta a mano dei rifiuti per un importo di 690mila euro. Come contropartita gli sarebbero stati pagati i funerali del padre e la riparazione di un paio d’auto anche se l’indagato respinge le accuse.
Un’intimidazione mafiosa e una forza criminale emersa soprattutto nell’aprile 2010 quando Comune e “Amica” non prorogarono il servizio. Le proteste della coop “Fiore” sfociarono in blocchi davanti all’ “Amica” e nel furto delle chiavi dei mezzi di raccolta dei rifiuti che per 36 ore impedirono la raccolta dell’immondizia. Nell’inchiesta «Piazza Pulita» sono coinvolti esponenti dei tre più potenti clan della “Società” che è la mafia foggiana. Federico Trisciuoglio è accusato di estorsione (sconta ai domiciliari 13 anni per droga ed estorsione); minacciò un dipendente dell’ “Amica” che si era permesso di fare una contestazione disciplinare al figlio Giuseppe (anche lui arrestato durante il blitz), assunto ma mai presente al lavoro secondo l’accusa.
Sono finiti in carcere anche i fratelli Mario e Alessandro Lanza, vicini al clan Sinesi/Francavilla, con l’accusa di estorsione. Sarebbero stati pagati dall’ “Amica” senza lavorare. Avrebbero usato, inoltre, i mezzi dell’azienda e alcuni colleghi come autisti per spostarsi in città. Il terzo filone dell’inchiesta colpisce il clan Moretti-Pellegrino. Due presunti membri del gruppo, Ciro Imperio e l’amico Ernesto Gatta, avrebbero intimato al presidente della “Centesimus Annus”, coop sociale che si occupava di manutenzione del verde pubblico e gestione di parcheggi, di versare loro quanto incassato dai posteggi.
L’ ombra di mani oscure sembra materializzarsi sulla città di Foggia tanto che il Procuratore Capo di Bari, Antonio Laudati, nella conferenza stampa tenuta nel Tribunale Di Foggia lancia il suo grido d’allarme usando parole pesantissime a commento di quella che già è stata ribattezzata come un’operazione da bombola di ossigeno. «Dal punto di visto giuridico un grande risultato – ha affermato Laudati – ma non so se si può dire lo stesso dal punto di vista sociale, perché è chiaro che questa comunità ha pagato un prezzo altissimo». Ed ancora l’alto magistrato mette una pietra tombale su ogni residuo dubbio. «Infiltrazioni mafiose così profonde e radicate si erano registrate solo a Napoli e Caserta, ora a Foggia».
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