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Corruzione, il rapporto di Transparency sull’Italia

Di Gaetano Liardo il . L'analisi

Sono passati vent’anni da quando l’arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, dava inizio a Tangentopoli. Dal 1992 molte cose sono cambiate in Italia, ma la corruzione, nelle sue varie forme, continua ad essere un problema. Un grande buco nero che brucia, secondo la Corte dei Conti, 60 miliardi di euro ogni anno. Un malcostume, che investe svariati settori pubblici e privati, e che ancora oggi non è adeguatamente affrontato. Basti pensare alle due recenti inchieste che vedono per protagonisti i tesorieri della Margherita, partito confluito nel Pd nel 2008 ma che continua a ricevere rimborsi elettorali, e della Lega Nord. Proprio in questi giorni la sezione italiana dell’ong Transparency International ha pubblicato un rapporto che valuta il sistema di integrità nazionale del nostro Paese. Il risultato, neanche a dirlo, è insufficiente. Su una scala di valutazione da 0 a 100 l’Italia si classifica con un mediocre 55,04.
 
Il sistema di integrità nazionale – Transparency International ha monitorato, per tutto il 2011, 13 pilastri del sistema-Italia: istituzioni, settore pubblico, settore privato, società civile valutando l’impatto nel contrastare la corruzione sia dal punto di vista formale – leggi e regolamenti che ne indirizzano l’operato – che nella pratica – quanto l’azione è effettivamente efficace nel contrastare comportamenti corruttivi, e nel perseguirli. Non tutti i settori sono valutati negativamente, tuttavia le ripercussione negative di un solo settore incidono sull’intero sistema di integrità nazionale.
 
I tredici pilastri – I settori studiati per valutare l’integrità italiana sono: il Parlamento, l’esecutivo, il sistema giudiziario, il settore pubblico, le forze dell’ordine, la direzione centrale dei servizi elettorali, il difensore civico, la Corte dei Conti, l’autorità anticorruzione, i partiti, i media, la società civile e il settore privato. Di tutti i settori è stato valutato il grado di indipendenza, l’accesso alle risorse per un normale funzionamento, il grado di integrità dei propri componenti, il grado di trasparenza e la facilità, o meno, di reperire informazioni. Nella “classifica” risultante il quadro non è dei migliori.
 
La maglia nera – I partiti politici sono la maglia nera del sistema di integrità nazionale. Godono di grande indipendenza, di numerose risorse economiche, per lo più contributi statali, ma non danno garanzie di trasparenza. Nonostante un referendum che, all’indomani di Tangentopoli, decretò la fine del finanziamento pubblico ai partiti, questi continuano a ricevere denaro pubblico sotto forma di contributi elettorali. Il controllo dei rendiconti di spesa presentati dai partiti spesso è puramente formale, come è emerso dalle accuse rivolte all’ex tesoriere della Margherita Lusi, o all’ex tesoriere della Lega Belsito. I partiti o singoli politici, inoltre, spesso costituiscono delle fondazioni, centri studi, think-tank, utilizzati come strumento per veicolare finanziamenti, pubblici o di privati, che sfuggono al controllo della magistratura contabile. Inoltre l’impegno dei partiti nel contrastare la corruzione è stato valutato nullo, zero su una scala da 0 a 100.
 
Pubblica inefficienza – Anche la pubblica amministrazione ottiene dei risultati scarsi, del tutto insufficienti. Le risorse, anche a causa dei tagli degli ultimi anni, sono inferiori al necessario e sono numerosi i casi di sperpero di denaro pubblico. Il SAeT, il settore che si occupa di monitorare la corruzione nella pubblica amministrazione, nell’ultimo rapporto prima di essere soppresso, ha calcolato che negli ultimi 7 anni (fino al 2011) sono stati commessi 3.000 reati contro la pubblica amministrazione. Di questi solo 300 sono connessi alla corruzione, un reato ogni 12.000 dipendenti. Dati che non coincidono con la percezione dei cittadini italiani che considerano il settore pubblico il più esposto alla corruzione. Si legge nel rapporto che: «Basandosi su indagini e casi giudiziari recenti, il SP appare maggiormente esposto a casi di corruzione ad alto livello (grand corruption) – per “grand corruption” si intende la collusione tra imprese private, dirigenti del SP e politici a livello nazionale, specialmente nel settore edilizio (edifici pubblici, infrastrutture e grandi opere) – e in misura minore a casi di corruzione “minore” che coinvolgono i dipendenti pubblici».
 
Media – Una pessima “performance” è quella del mondo dell’informazione. I media ottengono nel totale 38 punti su 100, un gradino in più rispetto al settore pubblico (33,33), e ben al di sotto del risultato dei partiti (45,83). A differenza di questi ultimi i media, in generale, non hanno risorse sufficienti, e per lo più dipendono dal finanziamento pubblico. L’indipendenza stessa dell’informazione è messa in discussione sia dal conflitto di interessi di Berlusconi, che dai numerosi conflitti di interesse a livello locale. Il sistema televisivo, in modo particolare, è nelle mani di due maggiori player: la Rai – servizio pubblico controllato dai partiti, e Mediaset – azienda privata di Berlusconi. Maggiore pluralismo è presente nella carta stampata, anche se sono numerosi i giornali organi ufficiali di partiti politici, o che sposano determinate linee politiche. Un discorso diverso, maggiore pluralismo e libertà, si ha invece per le radio e per il web. In questo ultimo caso si paga tuttavia il digital divide tra l’Italia e il resto dei paesi europei. Nonostante questi problemi i media hanno rappresentato, e rappresentano, uno strumento importante per informare l’opinione pubblica sui grandi scandali legati alla corruzione.
 
Punti di forza – In cima alla classifica dell’integrità nazionale si posiziona la magistratura contabile. La Corte dei Conti, sia formalmente che praticamente, è uno strumento importante di controllo, vigilanza e sanzione nei confronti della pubblica amministrazione e delle istituzioni. La Corte ha il potere di richiedere qualsiasi tipo di documentazione concernente impegni di spesa. Gode di una notevole indipendenza, di un elevato grado di integrità interna e di trasparenza. Subito sotto si posiziona la Direzione centrale dei servizi elettorali, istituita presso il ministero degli Interni con il compito di supervisionare il corretto svolgimento delle elezioni. Infine il terzo podio è affidato al sistema giudiziario. Indipendente, formalmente e nella pratica, capace di istruire numerosi procedimenti contro corruzione, concussione e reati similari, ha tuttavia delle lacune che possono indebolirlo. La mancanza di risorse economiche e la riduzione del numero di magistrati, principalmente nelle procure a “rischio”. Lo scontro degli ultimi anni con l’esecutivo, che ha ripetutamente accusato la magistratura di essere politicizzata, di agire per screditare il governo, di avere scopi persecutori, ha, inoltre, preparato il terreno per l’adozione di norme che ne limitano l’azione e l’indipendenza.
 
Raccomandazioni – Transparency, come tutti gli organismi nazionali e internazionali, raccomandano all’Italia delle azioni che possano rafforzare il contrasto alla corruzione. Primo fra tutti, la ratifica del trattato di Strasburgo, firmato nel 1999. Lo scorso febbraio Libera e Avviso Pubblico hanno consegnato più di un milione di firme al Presidente della Repubblica, raccolte nel corso della campagna “Corrotti”, per chiedere un intervento per far ratificare il trattato. Altra raccomandazione, l’istituzione di un’autorità indipendente contro la corruzione. Un organismo introdotto nel 2003 con l’Alto commissario contro la corruzione, poi sostituito nel 2008 dal SAeT, Servizio anticorruzione e trasparenza, di fatto abolito nel 2011. Attualmente l
e attività del SAeT sono svolte dal Dipartimento Pubblica Amministrazione presso l’omonimo ministero. Raccomandazioni importanti per evitare che a vent’anni da Tangentopoli la storia ripeta lo stesso scenario.

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