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Vittime di mafia: una normativa da ripensare?

Di Flavia Famà il . Liguria

Sono oltre 500 i familiari di vittime delle mafie presenti a Genova alla XVII Giornata della Memoria e dell’impegno e insieme a loro, dopo la marcia che ha attraversato la città, nel pomeriggio è parlato di legislazione e tutele delle vittime delle mafie, del terrorismo e del dovere.  Una sala piena di giovani che hanno mostrato un vivo interesse ai temi trattati e che sono accorsi da tante regioni d’Italia, dalla Valle d’Aosta alla Calabria, passando per il Trentino, hanno ascoltato con attenzione le riflessioni dei relatori: Enza Rando, responsabile dell’ufficio legale di Libera, Stefania Grasso e Giacomo Lamberti, entrambi familiari di vittime della mafia.
La sessione di lavoro si è aperta con un ricordo sentito e toccante di Ninetta Burgio, una madre coraggio che per  tanti anni ha camminato con Libera chiedendo verità  e giustizia per suo figlio Pierantonio Sandri, ucciso a Niscemi 14 anni fa.
Un momento di memoria che ha ripercorso le vicende processuali, da poco conclusesi con una sentenza che ha visto condannare il collaboratore di giustizia che ha contribuito a ritrovare il corpo di Pierantonio, ma assolvere l’altro imputato, anch’egli minorenne all’epoca dei fatti.
Dopo questo intenso ricordo di Ninetta, si è entrati nel dettaglio della normativa prevista a tutela delle vittime toccando alcuni punti fondamentali. Uno di questi è lo sbarramento al 1961 secondo il quale gli omicidi precedenti a tale data non possono essere riconosciuti come reati di stampo mafioso e pertanto le vittime e/o i  superstiti non possono rientrare nelle previsioni sancite dalla legge 302/90, legge sul riconoscimento dello status di vittima della criminalità organizzata.
Attraverso questo esame sono inoltre emerse delle sostanziali differenze tra le previsioni in favore delle vittime del terrorismo, quelle della criminalità organizzata e le vittime del dovere sia per quanto riguarda l’assistenza psicologica, che per la possibilità di accedere al gratuito patrocinio da parte dello Stato, che per il riconoscimento dei 10 anni di contributi figurativi, tutte previste solo per le vittime del terrorismo.
L’attuale normativa parla di “benefici”, termine che mal si concilia con i sentimenti, la rabbia e le sofferenze provate dai familiari delle vittime, che vorrebbero che venissero invece definiti con il termine diritti.
Con lo Stato, nel rispetto delle leggi vigenti, ma con la sensibilità e con lo spirito critico che li spinge a studiare la normativa, valutarne le criticità e contribuire attivamente a migliorare le previsioni normative attraverso proposte puntuali.
Un concreto esempio di come si possa trasformare il dolore in impegno.

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