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Reggio Calabria, agenzia per i beni confiscati da potenziare

Di Anna Foti il . Calabria

Personale insufficiente e senza incentivo alcuno all’ingresso in Agenzia, un regolamento licenziato con decreto del Presidente della Repubblica solo pochi mesi fa che determina significativi limiti al reclutamento e risorse difficilmente reperibili con il farraginoso meccanismo dell’autofinanziamento che, esattamente come il riutilizzo sociale, incontra criticità notevoli. La relazione evidenzia inoltre che la stessa carenza di risorse non consente la gestione di contratti di locazione dei beni immobili ammessi alla procedura di autofinanziamento.
 
Accanto a queste principali e articolate problematiche sollevate nella relazione sull’attività nel 2011 dell’Agenzia Beni Confiscati e Sequestrati alla Criminalità Organizzata (ANBSC), anche il paragrafo relativo all’articolazione territoriale laddove si propone il trasferimento della sede principale, inaugurata esattamente due anni fa nel 2010 a Reggio Calabria, a Roma ma non per le vitali ragioni legate ai fattori elencati in premessa ma, in via principale, si legge nella relazione, ‘per la vicinanza alle altre Istituzioni dello Stato e perché a Roma hanno sede tutti i membri del Consiglio Direttivo’. In subordine si sarebbe disposti a viaggiare per Palermo (comune con il maggior numero di beni confiscati insistenti sul territorio in tutta Italia – 1910 unità), ma non per Reggio Calabria, comune secondo a Palermo nella medesima classifica (238 unità) ma inadeguatamente servita dai collegamenti ferroviari ed aerei.
 
Tralasciando le motivazioni fortemente simboliche e non per questo poco importanti, che spinsero la collocazione della sede principale a Reggio Calabria, scenario delle più importanti operazioni antimafia degli ultimi anni, considerato altresì che già di fatto lo stesso Consiglio direttivo dell’Agenzia si è più volte riunito nelle sedi distaccate di Roma e Palermo, cui si è aggiunta Milano e presto si aggiungerà Napoli, e che queste ultime, come sancito nel suddetto regolamento, hanno le medesime funzioni di quella principale e possono arrivare fino a sei, appare di ordine secondario occuparsi di trasferire una sede quando i problemi principali di organico e risorse, che di fatto appesantiscono l’attività dell’organismo, in assenza delle modifiche suddette resterebbero invariati.
 
Ed allora si risponda alle proposte di modifiche normative contenute nella relazione, cioè quella di assegnare 100 unità di personale all’Agenzia, o quanto meno di non vincolare i settanta contratti ad integrazione delle trenta unità previste nel regolamento del dicembre scorso alla scadenza del 31 dicembre 2012, e poi ancora la proposta di trasformare l’organismo in un Ente Pubblico Economico con propria autonomia contabile e graduato ad agire anche con strumenti privatistici. Sul fronte del reclutamento, ma esistono anche difficoltà su quello del mantenimento di unità di personale, ciò infatti consentirebbe di potersi svincolare dalla procedura concorsuale che porta via molto tempo, si legge nella relazione, e di reclutare personale con le competenze richieste con modalità più snelle. Il fattore tempo è infatti incisivo sull’attività dell’Agenzia, chiamata ad operare con una mole tale di beni da non potersi permettere di investirlo nell’attesa che procedure pubblicistiche vengano espletate o formando personale che poi tra ormai dieci mesi sarebbe in scadenza di contratto.
 
La stessa Corte dei Conti ha avuto modo di osservare l’esiguità di risorse umane rispetto al potere espansivo della criminalità organizzata.  Se ci si vuole occupare, dunque, di far funzionare questo presidio di legalità e restituzione del maltolto alla comunità, di queste questioni concrete bisogna parlare. In presenza di queste modifiche, e certamente con una Calabria meno isolata ma questa è tutta un’altra storia, lungi da facili ed inutili campanilismi, non ci sarebbe motivo di non ritenere che l’Agenzia sarebbe in grado di funzionare al meglio anche con la sede principale a Reggio Calabria.

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