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Quarant’anni di ‘ndrangheta in una inchiesta

Di Gianluca Ursini il . Calabria

Il cerchio su Micu U pacciu, cugino e reggente in nome di Pasquale ‘u Supremu’, fondatore del cartello dei Condelliani, si sta stringendo. Il magistrato sulle sue tracce,è lo stesso che il 18 febbraio 2008 arrivò sulle piste di Pasquale, killer destefaniano tra i più spietati e poi federato con Nino Imerti ‘Nano feroce’ da Fiumara di Muro (il paese di Mino Reitano, cantore della calabresità) nella guerra di Mafia che fece saltare gli equilibri del capoluogo reggino tra il 1985 e il 1991, con oltre 800 morti.  Si tratta di Giuseppe Lombardo, che con l’ordinanza ‘Lancio’ del 13 marzo 2012 ha creato il vuoto attorno a Domenico il pazzo, così come con l’operazione Vertice, si era chiuso il cerchio allora attorno a Pasquale il supremo; oggi come allora, braccio operativo dell’accerchiamento sono i Ros, o meglio la sezione Anticrimine di Reggio, una delle 5 più importanti sul territorio nazionale. Allora la guidava il colonnello Valerio Giardina, oggi il colonnello Stefano Russo, che viene da 5 anni proficui di lotta a Cosa Nostra a Palermo.  Mico Condello, suo cugino Pasquale e Nino Imerti Nano Feroce; attenti a quei tre.

Sono uomini di mafia, di Valintizza, (di coraggio, nella mitologia mafiosa), legati tra di loro da storie di agguati, di killeraggio, e dagli omicidi più o meno clamorosi e illustri che hanno compiuto, l’uno in nome dell’altro, o l’uno in soccorso dell’altro.  Le loro storie si incrociano e dettano la storia del bracci o armato delle ‘ndrine di Archi e area dello Stretto, i più feroci, quelli incontrollabili, che non hanno cercato accordi con i politici e che meno dei Tegano Libri e De Stefano hanno provato a infiltrare il mondo della ‘Reggio bene’ dei colletti bianchi. Il loro omologo sul versante avversario, del cartello Destefaniano, è Gino Molinetti, detto ‘La belva’. Al secolo mite panificatore anche di discreto successo economico, ha finito di scontare diverse pene per porto di armi da fuoco ed è da un anno anche lui in libertà. Sempre in quel quartiere, Archi di Reggio, che è la Scampia della ndrangheta, ma dove, quasi a presentare al tornasole la differenza tra mafia camorra e ‘ndrine, ai mafiusazzi si mescolano i colletti bianchi e le ville del potere economico. Mai sarebbe immaginabile allo Zen di Palermo, al Librino di Catania o a Secondigliano, vedere anche le ville dei più ricchi notabili e i circoli esclusivi della buona borghesia.

Ad Archi di Reggio invece, è così: come a voler testimoniare che i ricchi e la società ‘bene’ vivono al calduccio, sotto l’ala protettiva delle lupare dei boss. Schimizzi, Tegano, De Stefano, Condello in via Mercatello, ad Archi hanno costruito il romanzo Criminale delle ‘ndrine di Reggio, mentre i professionisti che dagli anni ’80 in poi avrebbero preso i mafiosi come soci delle loro srl, qui edificavano e mettevano sede alle esclusive ‘club house’ dei circoli dove vengono prese le decisioni importanti: il Nautico reggino ( e in una rimessa attigua i boss Logiudice misero il loro sodale Nino Spanò, perché pensasse al rimessaggio di barche di magistrati, alti funzionari di pubblica sicurezza e imprenditori), il ‘Circolo di Società’ di nobiltà e alta imprenditoria e il ‘Circolo del Tennis’. Oltre al resort marino – disco – lido, di maggiore fama della cittadina dello Stretto, che da una delle famiglie più abbienti, è finita dagli anni ’90 in mano ai sodali Scaramozzino, prestanome dei clan più potenti. 

L’operazione Lancio che ha stretto il cappio attorno a 18 fiancheggiatori di Micu u Pacciu Condello, mette insieme nella lista di coloro che organizzavano la rete di protezione attorno al boss, Nino Imerti, tutti i cugini Condello e le loro donne; che tra matrimoni e fidanzamenti, costituiscono il collante dei patti di mafia, delle alleanze, e depositarie della trasmissione dei valori mafiosi all’interno del sodalizio. Nino Imerti è sposato a una delle due sorelle di Micu u pacciu arrestate ieri, Giuseppina. L’altra è Margherita Condello. Margherita Tegano era invece la donna di Domenico il Pazzo, colei che verosimilmente portava al boss le vettovaglie nel nascondiglio della provinciale Bolano – Villa, località Spontone, a mezza via tra Catona e il porto dello Stretto, scoperto dai Ros di Stefano Russo nel gennaio 2011, dove sono state trovate le missive che hanno incastrato altri elementi del clan, imparentati con politici famosi. Di fronte al covo del Pazzo, usato presumibilmente per diversi mesi, non a caso la bella società reggina legata al potere politico – imprenditoriale di questo decennio, celebrava da anni il rito del ‘sushi bar’ del giovedì sera, in un locale di proprietà di imprenditori molto vicini all’establishment politico della città dello Stretto.  Nino Imerti, dunque, continuava a dare direttive, nonostante dal 23 marzo 1993 fosse stato arrestato, insieme con un fratello di Domenico Condello, Pasquale, cugino e omonimo (classe ’63) de U Supremu. Era Imerti a gestire come sede logistica per smistare le direttive mafiose, l’attività delle donne di famiglia ‘Pane pizza e fantasia’ in Archi; era lui in un colloquio intercettato, a dare le direttive ai loro prestanomi Giuseppe e maddalena Martino, su come regolarsi nei rapporti col commercialista di fiducia Bruno Infuso: “Mi raccomando con i conti, perché siete voi responsabili,,,inquadrate tutto, qualsiasi cosa, mi raccomando, perché la responsabilità è vostra..” Fu proprio il tentato omicidio di Nino Nano feroce, a scatenare la guerra per il capoluogo. Negli anni ’70 il potere dei De Stefano si consolida dichiarando guerra ai mammasantissima d’allora: Don ‘Ntoni Macrì a Siderno e sulla Jonica e Don Mico tripodo a Reggio; ad assistere, senza partecipare, i Nirta di San Luca e gli eterni Piromalli a Gioja tauro, così come gli Alvaro di Seminara (oggi a Roma, vedi Cafè De Paris).

I De Stefano e Tegano uccidono don Macrì e fanno scappare i Tripodo da Reggio; don Mico verrà ucciso da emissari della Nuova Camorra organizzata nel carcere di Poggioreale nel 1975. I suoi figli andranno al confino a Fondi, Latina, e da lì ancora oggi estendono i loro tentacoli sull’Ortofrutticolo più grande d’Italia. Nel 1975 Pasquale Condello aveva appena 25 anni e una testa di capelli ricci; fu lui a rubare in centro a Reggio una Alfa romeo, guidare fino a Siderno, e stendere sotto una grandinata di pallettoni don ‘Ntoni Macrì, guadagnandosi così i gradi di killer preferito da Paolino e Giorgio De Stefano.  Ma U Supremu, e il suo sodale Nino feroce, sono bestie incontrollabili; non gradiscono gli accordi coi politici che vanno intessendo i De Stefano. Così decidono di mettersi in proprio, tirando dentro il loro cartello iboss ‘di montagna’ Rosmini e Serraino, che sul versante jonico della città, all’altro capo, si guardano in cagnesco con i grandi alleati destefaniani sulle colline pre-aspromontane, i Libri di Cannavò.  E i De Stefano pensano di farla pagare al Nano; nell’ottobre 1985 un commando destefaniano seppellisce di raffiche l’auto blindata del killer di Fiumara, nel tragitto sulla provinciale che porta a Villa San Giovanni dai monti aspromontani. La Lancia era appena scampata a una bomba piazzata sul suo tracciato. Miracolosamente, Nino Imerti, sopravvive. E’ l’inizio della guerra: i cugini Condello si attivano subito. Entrano in azione Micu U pacciu e U Supremu: dentro la tana del lupo, il quartiere Archi dove Paolo De Stefano si sente così sicuro, da girare senza casco su di una motocross guidata dal fido chauffeur Antonino Pellicanò; il 13 ottobre ’85 un fucile a precisione retto da Micu e imbracciato da Pasquale U Supremu, spara alla testa di ‘Don Paolinu’, proprio dal balcone di Casa Condello, in via Mercatello ad Archi. U Supremu sarà po
i mandante del delitto politico per eccellenza della’ndrangheta reggina: l’uccisione dell’ex presidente Ferrovie statali Ludovico Ligato, Dc, rientrato in città dopo l’incarico alla grande holding statale. Una presenza ingombrante, che sparigliava i giochi; Condello, con Paolo Serraino, il ‘boss della montagna, con Diego Rosmini e Santo Araniti decide per l’omicidio, che sarà portato a termine una mattina dell’agosto 1989 sul portone della villa a mare in località Bocale, costa jonica, da Natale Rosmini e Giuseppe Lombardo ‘cavallino’. Condello e gli esecutori materiali verranno poi condannati all’ergastolo per questo omicidio. 

Micu U pacciu, invece, già nel 1985 viene arrestato per duplice omicidio; nel 1990, in novembre, in attesa del processo, viene scarcerato per decorrenza termini di custodia cautelare. Dal 1993 è uccel di bosco, ed ora è nella lista dei 10 latitanti più pericolosi, del Mnistero Interni, ma come dimostrato dalle indagini del ros di ieri, è sempre rimasto nella zona di influenza della sua famiglia e del cartello Condelliano: Campo calabro, Villa S Giovanni, Catona, Gallico, Archi; una manciata di paesini inglobati nella Grande reggio, distanti manciate di centinaia di metri lungo lo Stretto l’uno dall’altro. La sua latitanza dura da più tempo rispetto a quella del ricercato numero Uno d’Italia, Matteo Messina Denaro. Ma come pure succede da mesi, per il boss trapanese a capo della Cupola di Cosa Nostra, sembra che tutti i suoi fiancheggiatori siano in ceppi, e che anche ‘Il Pazzo’ abbia i mesi contati, prima di essere chiamato a rispondere delle sue diverse condanne. La sua storia, quella del cugino Pasquale u Supremu, quella del parente acquisito NinO Imerti ‘Nano Feroce’, è la storia complessiva del ‘Romanzo Criminale’ scritto dalle ‘ndrine degli arcoti in riva allo Stretto dal 1975 in poi.

 La storia degli ultimi 40 anni in Calabria

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